Ho ritrovato tra la posta una secondo me bellissima e-mail di Arthur, molto gradita allora, e piacevole da ritrovare oggi considerandola, a distanza di anni, pertinente.
Questo è l’antefatto: dopo parecchi anni di solitudine, chiusa in me stessa come un riccio per paura di soffrire ancora, allontanando tutti a livello sentimentale, mi capita di distrarmi un attimo e di abbassare la guardia ritrovandomi, senza volerlo e senza poter far nulla per impedirlo, innamorata di una persona conosciuta in rete per tutt’altri motivi, probabilmente anche poco adatta a me (“Per questo”, sostiene la mia amica Lucia, “hai abbassato le difese, non pensavi di rischiare!”), a causa di una notevole distanza sia anagrafica e culturale, sia chilometrica. Decidiamo di incontrarci, giusto il tempo per un pranzo e un giro di palazzo, ma ognuno ha le proprie remore, rimandiamo, la prima volta io per sopraggiunti impedimenti logistici, le volte successive lui perché, proprio perché coinvolto a sua volta, vive con ansia il confronto con la realtà e non ce la fa ad affrontarlo. All’ennesimo rinvio io mi arrabbio, lo mando al diavolo, volano parole pesanti ma, per me, si tratta di una lite che non coinvolge i sentimenti. Lui invece prende la palla al balzo per fuggire, la sera va a una festa, incontra una ragazzetta madre senza arte né parte, passa una notte di fuoco e poi il giorno dopo mi scrive e lì finisce, senza esserci incontrati mai. Io vengo travolta da un’ondata di dolore feroce che impiegherò mesi ad elaborare.
Queste le parole di Arthur:
Ci sei proprio cascata ma, non mi meraviglio.
La rete, il rapporto virtuale, il mistero della “non conoscenza”, come mi piace chiamarla, alle volte amplifica in maniera esponenziale, le sensazioni, le emozioni e, nel momento più propizio, può scavare delle voragini, ancor più che nei rapporti reali.
In effetti, diventa il bisogno di confrontarsi con l’ignoto, di rifugiarsi in un’aureola fatta solo di parole, tante, create senza nessun artificio, è vero, ma con l’effetto di un’emozione che compensa ciò che al momento non esiste.
Nei rapporti reali, oltre alle parole, ci sono gli sguardi, le sensazioni di uno sfioramento, l’odore che ci appartiene, tutta la nostra fisicità, insomma.
Nel rapporto virtuale, tutto ciò è rimandato, alle volte appositamente accantonato e, quando arriva il momento, la paura del confronto può essere enorme. Subentra anche la paura del non essere all’altezza con le parole dette o magari, la paura di non riuscire più a dirle. L’aver messo fine con “un tappabuchi”, è stato probabilmente per lui la soluzione più idonea, per non affrontare anche queste incognite.
Ripeto a te, ciò che ho scritto a Veronica: cerca di volerti bene, esci da questo meccanismo perverso, non buttarti via così, non ne vale proprio la pena. Leggo di tanta gente che s’incontra nel web, che poi si frequenta e, magari si sposa, possibile ma, ho dei grossi dubbi. Credo nei rapporti tra un uomo e una donna e, l’ho sempre faticosamente ricercato; niente frasi ad effetto, niente sogni sospirati.
Quando ti ho parlato di feeling, ho inteso la voglia di comunicare senza pretese, mettendosi però prima da parte, per ascoltare. E’ una condizione indispensabile, dove non vedo le tue reazioni alle mie parole, ma le avverto e le percepisco, dopo, con le tue. Nient’altro! Non può esserci nient’altro.
Un rapporto è tutt’altra cosa e, penso tu lo sappia, perchè l’hai vissuto. Era così anche con lui, torna in te, meriti di più. Adesso che hai scardinato le tue difese, riservale per qualcosa di più importante.
Il tuo non può essere amore: ti sei innamorata solo delle sue parole che alla fine, sono anche risultate vaghe.
Ciao.
Arthur
Il neretto è mio, rileggendolo mi ha colpito perché è il punto su cui più insiste la mia amica quando mi fa il predicozzo, quando m’invita ad abbassare le difese e a tornare ad avere fiducia nel prossimo.
L’e-mail è del 2007, e ancora non ho seguito il consiglio…