Credevo fosse amore #2

Leslie Morgan Steiner - sulla violenza

Riprendo l’articolo sull’argomento per dar seguito a un commento di Uomo & Padre.

Leggete tutto l’articolo e poi torniamo qua a parlarne, così vediamo insieme dove inizia il consenso della vittima.

Letto? Bene. Esaminiamo questa parte (vi dico quello che ha colpito me):

Non sapevo neanche che il secondo passaggio consiste nell’isolare la vittima. Ora, non è che Conor un giorno è arrivato a casa e mi ha detto, “Senti, tutta questa roba di Romeo e Giulietta è stata bella, ma devo passare alla fase successiva dove ti isolo e abuso di te” — (Risate) — “Quindi devo portarti via da questo appartamento dove i vicini possono sentirti urlare e fuori da questa città dove hai amici, famiglia e colleghi che possono vedere i lividi.” Invece, Conor è venuto a casa un venerdì sera e mi ha detto che aveva lasciato il suo lavoro, il lavoro dei suoi sogni, e ha detto che lo aveva fatto per me, perché lo avevo fatto sentire così sicuro ed amato che non aveva più bisogno di dimostrare niente a se stesso a Wall Street e voleva solo andarsene dalla città, lontano dalla sua famiglia disfunzionale e abusiva, e trasferirsi in una piccola città del New England dove poteva ricominciare una vita con me al suo fianco. Ora, l’ultima cosa che volevo fare era lasciare New York, e il lavoro dei miei sogni […]

Già qui si vede la prepotenza, chiara. Lui decide, di cose importantissime, per entrambi. Lui non solo, a fronte di una vita da costruire in due, lascia il lavoro senza neanche consultarsi con lei – non dico chiederle il permesso, me neanche accennargliene! -, ma decide anche per lei: lei, per amor suo, è tenuta a lasciare una città che non vuole lasciare, e con essa il lavoro dei suoi sogni.

Secondo me, si sarebbe dovuta fermare in quel momento. Ricordo una grande risposta su Cosmopolitan di Lidia Ravera (giornalista, coautrice di Porci con le ali e blablablà) a una tizia che era indecisa se seguire o no all’estero l’uomo di cui era innamorata. Lei le rispose più o meno: “Vai se TU vuoi andare all’estero, se A TE interessa quell’esperienza: ricorda che gli amori vanno e vengono, ma è con te stessa che devi vivere fino alla fossa!” (So che andrebbero virgolettate solo le parole testuali, ma quelle non me le ricordo e il discorso indiretto ha meno forza, quindi mi appello alla vostra indulgenza 😉 ).

Quando permettete a un uomo di sradicarvi, praticamente senza il vostro consenso, di distruggere tutto quanto avete costruito in una vita perché lo ha deciso lui, beh, perdonatemi, già gli avete permesso di farvi una violenza infinita, e non sarà una sorpresa quella che verrà dopo!

Ancora:

Conor prima mi ha aggredita fisicamente cinque giorni prima del nostro matrimonio. Erano le sette. Avevo ancora la camicia da notte indosso. Stavo lavorando al computer cercando di finire un lavoro freelance, e mi sono infastidita, e Conor usò la mia rabbia come scusa per mettermi le mani al collo e premere così tanto da non farmi respirare o urlare. Usò questa presa per sbattere ripetutamente la mia testa contro il muro. Cinque giorni dopo, i dieci lividi sul collo erano sbiaditi, ho indossato l’abito da sposa di mia madre, e l’ho sposato.

Fermatemi, vi prego! La prima violenza poteva essere ben nascosta (lasci tutto quello che hai costruito perché mi ami tanto!), la seconda solo “suggerita” (tre pistole cariche sempre a tiro), ma questa? E tu, un uomo che ti ha fatto questo, te lo vai a sposare? CINQUE GIORNI DOPO?????

Tutto il resto posso capirlo. Quando ci sei dentro ci sei dentro, alla soggezione psicologica, il disorientamento, si aggiunge lo sfinimento fisico e mentale, la paura, la vergogna. E’ vero, come dice la protagonista della storia, che il violento non ti fa andare via gratis, che molte sono le donne uccise proprio perché avevano tentato di lasciare l’uomo violento, ma alla fine, qual è stata la soluzione?

La denuncia, comunque, ovunque, a chiunque, scritta, verbale, sussurrata, urlata, alle forze dell’ordine, ai familiari, ai conoscenti, ai vicini.

Quando smettiamo di coprirlo, il violento è nudo davanti al mondo.

5 thoughts on “Credevo fosse amore #2

  1. Credevi fosse amore … e non lo era ?!?
    Mentre il tuo cuòr palpitava d’ emozione ….
    “quell’ amòr” si scioglieva come cera,
    rivelandosi solo un carrozzone ?!? 😯

    O povera @Diemme ….. o amica mia,
    ch’ appari un falco e sei una tortorella,
    Tu non l’ abbandonàr, quale che sia,
    la tua radiosa e bella antica stella !

    Te lo ricordi ? Io te l’ auspicai
    fin dall’ inizio nel tuo giano Blog,
    l’ Amòr senz’ aggettivi … troverai
    in questa landa ferita dallo smog !

    C’ è per ognuno … una certezza cara,
    scritta lassù in un punto in mezzo al cielo :
    là, dove i sogni solo il cuòr l’ impara,
    l’ Amore c’ è … qual splendido asfodelo ! 😀
    @Cavaliereerrante …. ‘ludovicheggiante’

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  2. Io invece sottolineerei questi passaggi:

    “Una delle cose più intelligenti che Conor ha fatto, fin dall’inizio, è stata creare l’illusione che ero io la parte dominante nel rapporto. Lo ha fatto soprattutto all’inizio, idolatrandomi.”

    “Non sapevo neanche che il secondo passaggio consiste nell’isolare la vittima.”

    Sbagli prospettiva, Diemme. Leslie è stata ingannata. All’inizio è stata trattata benissimo. Non poteva sapere cosa sarebbe successo dopo. Ha dato il suo consenso iniziale perché si fidava della persona che aveva davanti. Pensava di giocare alla pari. Pensava di ricevere in cambio del suo assenso, affetto e considerazione. Ti pare poco?

    Quando poi ha visto che non era così, era troppo tardi:

    “L’altra domanda che tutti fanno è, perché non se n’è andata? Perché non me ne sono andata? Avrei potuto farlo in mille occasioni. Per me, questa è la domanda più triste e dolorosa che la gente mi fa, perché noi vittime sappiamo qualcosa che voi di solito non sapete: è pericoloso lasciare un violento. Perché l’ultima fase nello schema di violenza domestica è ucciderla.”

    Ma, questo il suo grande coraggio, è riuscita ad uscirne. Non è affatto facile, però.

    Lidia Ravera, molto probabilmente, stava parlando ad una coppia affiatata e che giocava alla pari. Andare all’estero “per lui” non significa annullarsi, se avrà qualcosa in cambio. E anche senza che “lei” vada all’estero “per lui”, potranno benissimo stare insieme. Conosco coppie che si vedono solo il fine settimana o anche meno e ti assicuro che non sono meno “coppie” di altre, perché giocano alla pari. Conosco anche coppie in cui lei segue il marito ovunque all’estero. La fiducia, in queste coppie, è reciproca e ricambiata. Leslie non ha avuto questa fortuna, nel suo primo matrimonio.

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    • Lo su Ueppì, lo so. Anch’io entrai in un meccanismo del genere sebbene la violenza fosse solo psicologica, prima l’adorazione, poi qualcosa che si rompe sembra per colpa tua, e tu passi la vita a cercare di ripristinare quello stato paradisiaco, ma lui, salvo brevi parentesi, peggiora la dose.

      Una volta, ero in ospedale ad assisterlo (avevo 25 anni, e la mia vita era lavoro-ospedale e ospedale-lavoro, e neanche gli bastava!), scoppiò il putiferio. All’epoca la situazione era che, pur avendo io una casa in affitto, stavo praticamente quasi sempre da lui, e lui mi chiedeva di trasferirmici definitivamente per iniziare una vita insieme, avere dei figli e sposarci non appena io avessi avuto il divorzio dal precedente matrimonio.

      A un certo punto, all’interno dell’ospedale, di punto in bianco, mi fece una scenata terribile, invitandomi a prendere le mie cose da casa mia e sparire dalla circolazione. Io ero sofferente, esterrefatta, ma quella scena fu quella che mi fece decidere a NON ANDARE MAI A VIVERE CON LUI: e che ero matta a lasciare casa mia per uno che da un momento all’altro, senza motivo, mi avrebbe buttato in mezzo alla strada così? Continuammo a stare insieme, per anni ed anni, ma non andai mai a vivere con lui.

      Col tempo se ne uscì che, secondo lui, quel giorno in ospedale avevo iniziato un gioco di ammiccamenti e provocazioni con un tizio che era venuto a trovare un familiare là accanto (mi pare il padre). Io avevo già conosciuto la madre di quest’uomo, che mi aveva parlato di questo figlio come di un debosciato. Quando, quel giorno, me lo presentò, pensai che veramente aveva l’aspetto del debosciato, oltre oltre ad essere nell’insieme ributtante. Dopodiché, mi ero completamente dimenticata della sua presenza.

      A parte questo, io non “faccio la scema” neanche da libera, nei confronti dell’uomo – libero – che magari mi piace. Non sono il tipo di donna femmina felina, intrigante, provocante e ammiccante. Sono una tranquilla bambaciona, e nulla poteva essere più infondato della sua accusa.

      Insomma, io capisco tutto, capisco l’inganno, capisco l’illusione, ma di campanelli d’allarme ne erano suonati una miriade, e Leslie proprio non li aveva voluti sentire! L’errore non è stato nell’esserci cascata, questo è più che comprensibile: l’errore è stato, a comportamento palesato, continuare a stringere i rapporti e di fatto a negare un dato di fatto. Leslie ha sposato, DI SUA VOLONTA’, un uomo del quale SAPEVA che era violento.

      Per quanto riguarda la tua ultima affermazione, preciso che ci sono coppie che si vedono solo per il fine settimana e quello è l’unico motivo per cui resistono alla prova del tempo. Io ho vissuto una storia bellissima finché viaggiavo per lavoro e ci vedevamo solo nel fine settimana, ed andò avanti per anni, ma quando fui fissa qui, non reggemmo la prova della convivenza. Una mia amica mi racconta la stessa identica storia, che con suo marito andò bene finché lei era in trasferta e si vedevano solo durante il we, ma quando si ritrovarono quotidianamente sotto lo stesso tetto, la coppia scoppiò in quattro e quattr’otto.

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    • @diemme
      Sapere non è condizione sufficiente per evitare guai. Quanta gente fuma pur sapendo che fa male? La nostra (=esseri umani) mente non è fatta per valutare correttamente pericoli quotidiani. Chi ci riesce è un’eccezione, lo fa dopo molto tempo e molte sofferenze. Altri non ci riescono per tutta la vita.
      (Riferimento: Bruce Schneier, ma andrei decisamente troppo lontano.)

      Tutto questo per dire che le vittime non sono affatto da biasimare e purtroppo, spesso, i carnefici sono stati a loro volta vittime. L’unica cosa da fare, se ci si riesce, è far uscire le persone (vittime) da questo giro, isolando i violenti. I giudizi morali, che pure abbiamo in cuor nostro, sono di scarso aiuto.

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