Archivio | 18 giugno 2013

L’amore mio maturanda

Foto dalla rete

Foto dalla rete

Sono qui, che aspetto che ti svegli. Oggi, e tutti i giorni dei tuoi esami, li ho presi di ferie.

Per fare che poi? Tu di là che dormi, visto che riesci a studiare solo di notte, e io qua che aspetto di sentire i tuoi passi.

I tuoi passi. La cosa più bella che la vita m’abbia portato.

Domani la prima prova, e tutti ti dicono “Ma che ti stai a preoccupare, tu sei brava!”. Tu sei brava, ma sono proprio quelli bravi a sapere quant’è infinito tutto quello che non sanno, a sentirsi minuscoli di fronte a una conoscenza che, secondo loro, gli esaminatori pretenderanno che abbiano, e che invece non hanno.

Non so che darei perché questa settimana fosse già passata.

Ricordo i miei di esami. Anzi no, non voglio ricordarli. L’incubo della vita coi miei, il decidere di dare l’esame di stato con un anno d’anticipo, frequentando il quarto anno la mattina, lavorando il pomeriggio, studiando la notte…

Quest’anno è stato per te un anno difficile, iniziato con una defezione del tuo gruppo, col quale fin dal primo anno andavi d’amore e d’accordo. Motivo? Ignoto. E’ sempre ignoto il motivo per cui le amicizie finiscono e tanto più doloroso quanto più immotivato, e quanto più è immotivato tanto più non ci si riesce a farsene una ragione.

Ma tu, con la tua immutabile dignità, sei andata avanti, da sola. Duemila progetti di volontariato, dal Banco Alimentare alla vendita di arance per l’Airc, alla donazione del sangue fino alla scelta vegetariana, perché la tua posizione nei confronti del mondo è sempre stata d’amore, di grande amore, per tutto e per tutti. Anche per loro, quelle oche giulive che t’hanno voltato le spalle e che hai continuato ad aiutare, fino al’ultimo giorno, fino all’ultima interrogazione.

In questo sei diversa da tua madre, io da quel dì che le avrei lasciate affogare. Vendicarmi no, non sono una che torcerebbe mai un capello per rivalsa o che, ma nel loro brodo ce le avrei lasciate cuocere. Devo vivermi la mia vita lontana da voi? Ebbene, me la vivo, dov’è il problema?

Tu invece no. Tu hai l’incredibile capacità di dimenticare ogni torto, anche se fino alla fine ti hanno ripagata  con un’ulteriore dose di pesci in faccia. Ma sono cose che capitano ai migliori sai? Conosci almeno un paio di mie amiche, donne assolutamente straordinarie, che ti testimoniano esattamente la stessa esperienza.

Meno male che poi, nella vita, c’è una selezione naturale, e alla fine si incontrano le anime gemelle – e non intendo sentimentalmente – con cui si riesce a vivere una vita più simile a noi, generalmente più elevata, meno massificata e meno schiava della società, delle circostanze, degli altri.

Ma torniamo a noi, torniamo al tuo esame. Io credo che gli esaminatori dovrebbero valutare voi ragazzi non tanto in base alle nozioni trattenute, ma vedere gli uomini e le donne che siete diventati in questi anni. Come scrivete, come vi presentate, come vi esprimete, sono queste le cose che dovrebbero valutare e forse è così. Mi auguro sia così.

Domani andrai.

Io non potrò far altro che aspettare.

Dopodomani andrai.

E io non potrò far altro che aspettare, nessuno può vivere la tua vita al posto tuo, né sarebbe giusto lo facesse.

Lunedì, la famigerata terza prova.

E io non potrò fare altro che aspettare.

E non vorrai festeggiare, perché ci saranno ancora gli orali.

E poi, agli orali, andrai, e io non potrò far altro che aspettare. Non ci sarò all’uscita, sono momenti che uno condivide coi compagni, non con la mamma, ma te l’ho già detto, sarò a disposizione, se hai bisogno, se vuoi, tu fammi uno squillo, e in cinque minuti arrivo, festeggiamo, scappiamo, tutto quello che vuoi.

Per ora sto qua, e aspetto i tuoi passi, quando ti affaccerai alla mia porta assonata, stropicciandoti gli occhi.

Ti amo immensamente, sconfinatamente, vergognosamente.

(Patrizia Vivanti, 18/06/2013)