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Dove sono i nostri figli? La strage di Crotone

Di fronte alla strage di Crotone non ho parole. La questione migranti è un problema enorme, e a parte le semplicistiche – e spesso disumane – argomentazioni delle tifoserie, credo nessuno abbia una soluzione su come uscirne.

Io non credo assolutamente che queste persone che fuggono sappiano a cosa vanno incontro imbarcandosi, anche se entrare in 200 in un’imbarcazione malridotta di 20 metri avrebbe dovuto metterli in allarme, persino non conoscendo le previsioni meteo che erano avverse. Il fatto è che quando uno si affida a qualcuno e paga pure una barca di soldi, tende a pensare che questo qualcuno sappia il fatto suo, e magari ne riceve pure rassicurazioni.

Mi ricordo quando, in una casa famiglia, mi occupavo di ragazze tolte dalla strada e mi chiedevo se, alla partenza, sapessero ciò cui andavano incontro e no, spesso e volentieri non lo sapevano.

Qualcuno dice che l’unico modo per evitare queste stragi sarebbe non partire, ma come evitare che partano? Altri dicono che preferiscono affrontare questo rischio piuttosto che rimanere in Paese dove sono privati delle più elementari libertà personale e dove sono calpestati diritti basilari e dignità della persona ma io mi chiedo, di fronte alle immagini del disastro, se è veramente questa la scelta che fanno.

I soccorritori hanno la voce rotta dalle lacrime quando ricordano lo spettacolo che si sono trovati davanti, piccoli corpi inerti prontamente coperti da enormi lenzuoli e genitori disperati che continuano a chiedere dove siano i loro figli.

Ovviamente l’Italia non può ospitare tutta l’Africa (e l’Asia), forse neanche tutta l’Europa potrebbe, aiutarli a casa loro che significa? Questo può andare bene per chi fugge dalla povertà, forse persino dalla carestia, ma certo non per chi fugge da guerre e dittature, che cosa potrebbe fare mai il mondo per eliminare le une e le altre, ammesso che ce ne sia la volontà?

Rimango senza risposte, solo con tanto dolore e un’insostenibile sensazione di impotenza.

Io e gli accoglionisti

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Un deficiente l’altro giorno su fb risponde a un mio intervento dandomi della razzista, che è la cosa più lontana dal mio essere, e per questo uno tra gli insulti – assolutamente calunnioso – che più mi manda in bestia.

E’ la solita solfa degli acritici, di quelli che usano i vocaboli fuori posto giusto perché vanno di moda, senza neanche conoscerne appieno il significato.

Credere che tra gli esseri umani ci sia una differenza comportamentale, culturale e di indole su base etnica è di per sé idiota, addirittura pensare che ci sai una “razza” superiore a un’altra è una follia da cui tutti abbiamo sperato che l’umanità si fosse riscattata, anche se purtroppo vediamo che non è così, ma quelli del “siamo tutti uguali” nel senso di “siamo tutti grigi cloni massificati” non è che siano da meno.

Mai capito come si faccia a pensare che una certa categoria – magari composta da milioni e forse pure miliardi di individui – sia fatta con lo stampino per questione di nascita, visto che, come si suol dire “la madre che li fa li fa di tutti i tipi,” per indicare le differenze enormi che a volte si trovano pure tra fratelli, stessa razza, stesso sangue, stesso ambiente, stessa educazione, eppure… differenze abissali.

Ora, considerare le persone persone e valutarle per quello che sono a livello personale, ragionare in termini di essere umano è un conto, essere accoglionisti è tutta un’altra cosa.

Io i buonisti non li reggo, ma non li reggo a livello viscerale, sono allergica alla stupidità in tutte le sue manifestazioni.

Il pensare che voler regolamentare l’immigrazione sia una questione di discriminazione e non di sicurezza, l’accettare qualsiasi violazione della legge o aberrazione culturale perché altrimenti si grida al razzismo, è un comportamento che mi scatena eritemi di vario genere.

Io vorrei dire a questa gente: ma voi ce l’avete a casa vostra la porta per entrare e uscire? La lasciate aperta? Oppure quando bussano chiedete chi è e a seconda di chi sia decidete se aprire o non aprire e, nel caso apriate, decidete se far entrare o no e, nel caso facciate entrare, offrire un caffè o ospitalità?

A proposito, ho visto recentemente una commediola francese su youtube, ve la consiglio, davvero emblematica relativamente all’ipocrisia di certa sinistra radical chic e degli accoglionisti in genere, ve lo linko volentieri e ve ne consiglio la visione, film a tratti esilarante ma profondo nello stesso tempo.

La Diemme paradossale e la palese inutilità del politically correct

Ieri stavo in sala d’attesa del medico e, complice la poca pratica del sostituto, la fila si allungava sempre più.

Due donne, direi a spanne tra i 70 e gli 80 anni, si lamentano del medico titolare, che invece fa visite velocissime e, soprattutto, non va mai a casa dei pazienti, e per urgenze consiglia il pronto soccorso.

Faccio presente che ogni medico di pazienti ne segue tanti, e oramai le visite a domicilio sono regolamentate e devono esserci dei presupposti. I medici hanno un numero di pazienti il cui massimale è oggi fissato se non erro a 1500 individui, ma alcuni ancora ne hanno anche di più, e se dovessero correre nelle case di ognuno per un mal di testa o un’unghia incarnita non ne uscirebbero vivi.

Tra le altre cose – continuo ad argomentare – i medici sono pochi rispetto alla domanda, e in risposta a questo i nostri governi hanno avuto la geniale idea di introdurre il numero chiuso e non solo, una volta che uno si è laureato non è detto che riesca a entrare nella specializzazione, e la specializzazione ormai è necessaria pure per fare il medico di base: non stanziano fondi e così il problema va sempre più aggravandosi.

“E poi fanno entrare i neri” bofonchia disgustata una delle due donne.

Sento un pugno allo stomaco e salto sulla sedia: “Come ha detto?”. La signora accanto le fa cenno di stare zitta (mi piacciono questi segni d’intesa come se l’interlocutore fosse cieco) e io incalzo “E inutile che le tira il calcetto per farla tacere, ormai l’ha detto quello che pensa, ed è una cosa grave”.

Tacciono entrambe.

“E comunque, se proprio lo vuole sapere, i nostri studenti di medicina studiano praticamente solo teoria e hanno la pratica prossima allo zero, mentre in Africa, in America, ha presente che pratica fanno sul campo? Ha presente quello che si vede negli ospedali africani? E in America, dove ogni due per tre c’è una guerra e sfornano centinaia d’invalidi, vuole mettere la loro di esperienza in protesi e riabilitazione e quella di altre nazioni che, grazie al cielo, questo problema non ce l’hanno?”.

Continuano a tacere.

Però non hanno detto “negri”, hanno detto “neri”, quindi con questa misura restrittiva secondo i nostri paladini del politically correct il problema è risolto: bisogna cambiare la testa della gente, non il dizionario!!! Bisogna diffondere la cultura del rispetto, della conoscenza dell’altro, del riconoscimento del suo valore e dei suoi diritti, altro che girarci intorno edulcorando i termini, stiamo vivendo, stiamo interagendo, non facendo esercizi di stile!

Chiamateli negri e rispettateli, chiamateli handicappati e abbattete le barriere architettoniche, chiamateli ciechi e producete più materiale audiovisivo, chiamateli come caspita vi pare e mettete al primo posto il riconoscimento della loro dignità umana, del loro valore e dei diritti che ne scaturiscono!

Va beh, a parte questa mia ultima sparata contro gli ipocriti del linguaggio, raccontavo l’episodio a mia figlia che mi dice “Mamma, sei stata meravigliosa, ma sei paradossale, tu fai queste cose e poi sostieni Salvini, ti rendi conto?”.

“Sostieni” è una parola grossa, ma se c’è un motivo per cui rispetto più Salvini di altri è che, per esperienza diretta e indiretta, ritengo tutti gli altri schieramenti politici più razzisti di lui. In secondo luogo il razzismo è un fenomeno trasversale e non salva nessun partito e nessuna classe sociale.

Le accuse di razzismo a Salvini poi sono quelle generiche che fa un certo schieramento quando vuol far passare come accanimento discriminatorio e razzista qualsiasi condanna a un delinquente, vogliono credere e far credere che se un nero stupra una ragazza ce la riprendiamo con lui perché è nero, non perché ha stuprato, come se facessimo sconti ai bianchi, come se non si chiedesse a gran voce la castrazione chimica (perché quella fisica pare brutto) per tutti, senza farne questione di colore, e vogliono far passare che ce l’abbiamo con quei rom che vivono di furti ed altri espedienti perché sono rom e non perché sono ladri e truffatori. Un tizio oggi su fb ha pubblicato un video con interviste a persone di origini rom perfettamente integrate nella società, e ce l’ha sbattuto in faccia come avesse fatto la scoperta dell’America che ci avrebbe dovuto disorientare e lasciare di stucco: io personalmente non me lo pongo per niente il problema dell’origine etnica di chi si alza la mattina per andare a lavorare, di chi rispetta gli altri, paga le tasse e non fa del male a nessuno. Anzi, a dirla tutta, il problema dell’origine etnica non me lo pongo neanche per i delinquenti, devono andare in galera e basta, bianchi, neri, rossi o gialli che siano.

Non è che non veda gli spigoli di Salvini, e non so neanche se in fondo al cuore abbia davvero delle riserve, so solo che non ho visto in nessuno dei suoi comportamenti recenti, in nessuna delle sue campagne elettorali e dei suoi comizi, alcun incitamento all’odio razziale, e quindi non ritengo affatto paradossale che io, che vado in prima linea e a petto scoperto a difendere i diritti di tutte le minoranze, possa sostenere un politico che finora, a mio avviso, si è decisamente dimostrato più giusto, più coerente e meno contro il popolo di tutti quelli che l’hanno preceduto o affiancato.

A me Salvini sembra l’unico che sappia riconoscere il diritto della vittima rispetto a quello del carnefice, quello che riconosce al cittadino il diritto di difendersi in casa propria, che riconosce alle forze dell’ordine il diritto di difendersi da malviventi e aggressori, e il dovere degli immigrati di venire in Italia – laddove possibile – , con le carte in regola, di essere identificati e di rendere conto – come noi tutti schedatissimi italiani – del loro comportamento.

Rimpatrio immediato per chi viene qui a delinquere, e per voi questo sarebbe questo il razzismo? Non cito neanche Toni Chike Iwobi, primo senatore nero eletto nelle fila della Lega, che tanto direbbero che è solo propaganda, una pura e semplice mossa politica, Non cito neanche quella donna nera che, in occasione di non so quale manifestazione, gli è andata incontro felice ad abbracciarlo: perché poi i diretti interessati, in fondo al cuore, probabilmente lo sanno che le accuse sono solo questioni di lana caprina.

L’insopportabile buonismo

Francamente mi spiace parlare per slogan e frasi fatte, ma devo riconoscere che le cosiddette “anime belle”, o “buonisti” che dir si voglia, non si possono definire in altro modo.

Potete ben immaginare come le discussioni sui migranti sui social si sprechino, in un incalzare di botta e risposta che, purtroppo, porta alla luce sia la belva umana sia la sua immensa stupidità.

Per carità, i razzisti esistono, hai voglia, anzi, credo sia veramente tanta la gente che ragiona per categoria, che ha bisogno di un capro espiatorio, di un agnello sacrificale che tolga i peccati dal mondo. Il razzismo è figlio della stupidità e la madre dei cretini è sempre incinta, la gente difficilmente è capace di ragionare in termini di “persone” e “responsabilità personale” per carità, non ho nessuna intenzione di negare questo, però…

Però, i due estremi si toccano, come gli estremi opposti di un ferro di cavallo, e all’altra estremità rispetto ai razzisti ci sono i “buonisti”, altrettanto fuori dal mondo e privi di qualsiasi senso della realtà.

Se discuti con loro, è un continuo (e inutile) rettificare “ho detto questo e NON QUEST’ALTRO”, perché se parli di quegli extracomunitari che delinquono loro ti risponderanno a dir poco due cose, una più scontata dell’altra:

1) che ci sono tanti italiani delinquenti (ma va?)

2) che ci sono tanti extracomunitari brava gente (ma va?)

Adesso, mi dite che ci azzecca, ai fini della gestione dei flussi migratori, sapere, sottolineare, ricordare, comunicare, che Andrea Ghira, Angelo Izzo e un terzo che non ricordo hanno massacrato due ragazze al Circeo e che Mohammed Nonsocosa si è buttato in acqua senza pensarci due volte per salvare la vita a un bambino? Che cosa dimostrerebbe questo? Che contributo darebbe alla gestione dell’ingestito e forse ingestibile problema migratorio? Che ci azzecca che pure noi siamo stati emigranti? Tra l’altro, comunico a lorsignori che lo siamo ancora, visto che i nostri giovani sono quasi tutti rassegnati ad emigrare per costruirsi un futuro.

Leggo una frase, peraltro scritta da una persona che reputo molto intelligente e di grande buon senso, ma ahimé, anche lei galoppante il buonismo con tutto il pacchetto di processo alle intenzioni, che suona più o meno così; “quando non sarà rimasto neanche un extracomunitario né uno zingaro e continueremo a stare nella melma, allora mi voglio fare quattro risate”: ma qualcuno pensa davvero che noi diversamente buonisti riteniamo extracomunitari e zingari il male del mondo e che una volta “estirpato” questo male la terra diventerà il paradiso dell’Eden?

Davvero questa gente pensa di stupirti tirando fuori dal cappello il rom con due lauree che insegna filosofia o l’extracomunitario onesto fino al midollo che ha trovato un portafogli pieno di denaro e l’ha restituito al proprietario? A me, francamente, non aggiungono nulla di nuovo.

Mi dà fastidio di questa gente il fatto che dia per scontato che si ragioni per categorie, ciecamente, senza capacità di vedere il bene dove ritengono che noi vediamo solo male e il male dove loro ritengono che vediamo solo bene. Le accuse che fanno sono loro proiezioni (almeno nella maggior parte dei casi, nel mio sicuro), e semplicemente perché tu non vuoi che si lasci un fenomeno incontrollato e che si mantengano isole di illegalità decidono che odi l’uomo nero (a meno che non ti capiti un negrone superdotato o una stupenda etiope dalla vulva color ebano perché, sempre a loro insindacabile giudizio, sei pure ipocrita). Sono accuse di cecità, di limitatezza mentale, spesso anche di malafede, che troncano ogni possibilità di discussione e che io, personalmente, respingo al mittente.

Ora, io ho delle idee anche impopolari, e di quelle mi prendo la responsabilità, ma di quelle, non di altre. Se io dico bianco e tu non sei d’accordo col bianco, possiamo discutere, ma se tu sostieni che io abbia detto rosso, giallo o verde, questo mi manda fuori di testa.

Per dirla tutta, non si limitano ad attribuirti parole, loro vanno oltre, ti attribuiscono pensieri e intenzioni, senza possibilità di replica (in teoria a volte la possibilità di replica te la danno pure, ma sono parole al vento, per quanto tu ti possa spiegare questo non sposta di un centimetro le loro proiezioni e attribuzioni).

Ecco, non li sopporto proprio più, ma proprio proprio più. Non è che io non sopporti le loro idee, che pure non condivido, non sopporto che loro me ne attribuiscano di totalmente fuori dal mio essere, dal mio spirito, dal mio animo e dalla mia realtà. Non ne sopporto l’ovvietà, la banalità, e anche la superficialità, perché poi il loro intervento si riduce al non intervento, al lassismo, al pietismo lontano: vivono nel loro regno incantato, totalmente avulso da qualsiasi oggettiva realtà.

Insomma, se tu dici che un cieco non può guidare (a parte che con la tecnologia prima o poi si potrà arrivare anche a questo), ti accusano di essere una persona disumana, che butterebbe i disabili dalla rupe Tarpea, e che se avessi un figlio disabile e blablabla, e che tal musicista era sordo, e che tal scienziato ero para o tetraplegico, e che tal poeta era deforme, e inutile spiegare che tu non ritieni certo un non vedente una persona di serie B, ma semplicemente una persona che, oggettivamente, non vede. Sembra facile il concetto? Vi assicuro, coi buonisti non lo è.

L’Aquarius e lo scarico di responsabilità

http://www.tgcom24.mediaset.it/2018/video/-non-sbarcare-a-valletta-una-decisione-del-capitano-avevamo-dato-disponibilita-l-ambasciatrice-maltese-a-tgcom24_3071783.shtml

Per ora volevo raccontare solo questo episodio, per cui prendete questo post come “in fieri” perché probabilmente tornerò a completare l’articolo e ad aggiornarlo.

Della mia posizione sui fatti che stanno accadendo tornerò a parlare, ma mi venuto in mente questo episodio di quando mia figlia era piccola e aveva appena imparato ad usare il vasetto. I rapporti con il padre erano estremamente conflittuali, anche perché lui imponeva la sua presenza a tutte le ore del giorno e della notte e nessun ricorso a carabinieri, tribunale dei minori, assistenti sociali è mai servito a risolvere la questione.

Dunque una sera io ero andata a dormire, distrutta per la stanchezza e dopo avere svolto ampiamente il mio dovere di madre. Alle due di notte circa lui mi sveglia perché la bambina aveva fatto la cacca e mi chiamava (lui) per pulirle il sederino. Io comincio a urlare che l’avrebbe dovuto fare lui, lui era sveglio, io a dormire, la bambina in quel momento era affidata a lui, era crudeltà mentale buttarmi giù dal letto in piena notte per quel motivo, l’avrebbe dovuto fare lui e basta, mica era storpio, aveva due mani esattamente come me. Lui non lo vuole fare, gli fa schifo, cominciano a volare improperi e rinfacci, io ero fuori della grazia di Dio.

“E intanto” commenta tristemente una mia amica alla quale raccontavo l’episodio “la ragazzina era là col sedere sporco, ad aspettare che qualcuno la pulisse”.

Ecco, credo che non ci sia bisogno di spiegare l’associazione di idee.

Potrei azzardarmi a dire che io ero l’Italia, Attila l’Europa, e mia figlia l’Aquarius…

Linko anche un altro articolo sull’argomento, che però non ho ancora finito di leggere.

https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/03/22/proactiva-open-arms-sequestro-diritto-internazionale