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Golda Meir e lo stupro: responsabilità e prevenzione

Non solo lo stupro di Rimini e la questione dei due carabinieri e le due ragazze sballate, ma oramai quotidianamente i notiziari ci riportano episodi di stupri, che sono sempre esistiti, ma in questo periodo sembrano essere un’ondata che non riesce ad arrestarsi e non, come prima, episodi terribili ma isolati.

Ma che cosa si fa per arrestare quest’ondata?

Bisognerebbe arrestare i colpevoli, ma non si fa, o meglio, non sempre si riesce a fare e anche quelli catturati tornano in libertà sempre troppo presto.

Bisognerebbe arrestare il diffondersi dell’egoismo e della prepotenza, per cui quando si vuole una cosa basta allungare una mano e prendersela, ma non si fa, pare che né nella scuola né in famiglia venga diffusa una cultura del rispetto.

Bisognerebbe arrestare in molti casi anche i pregiudizi di chi è chiamato a giudicare, e sembra di non rendersi conto della portata di uno stupro sulla vita di una donna, che spesso corrisponde a una morte psicologica, un trauma irreversibile che la segnerà tutta la sua vita futura, ma anche questo troppo spesso non si fa, anche se da qualche parte una qualche denuncia, una qualche pressione cominciano ad arrivare.

Bisognerebbe arrestare la debolezza delle donne, la loro incapacità di difendersi, e da un po’ si stanno diffondendo tanti corsi di difesa personale, primo di tutti forse il Krav Maga, e su questo qualcosa si sta facendo.

Bisognerebbe però pure arrestare la spavalderia di tante donne che, convinte che le loro teorie di un mondo ideale valgano più dei dati di fatto, si espongono a rischi che si potrebbero evitare (e rifiutano pure i corsi di autodifesa, al grido di “Non sono io che mi devo difendere, sono loro che non debbono aggredirmi!”, e con questo principio in banca non ci dovrebbero neanche essere le cassaforti, mica sono loro che dovrebbero nascondere il denaro che detengono lecitamente, sono i ladri che non devono rubare!).

Ammetto di essere, in molti casi, una di quelle che dice “se l’è andata cercando”, e chiarisco che non significa in nessun modo “Le ci sta bene” o “Lui era autorizzato a farlo perché lei ha provocato”, ci mancherebbe, ma significa che, siccome non viviamo in un mondo perfetto, chi ha più prudenza la usi ed è bene non dare occasioni alla vita di farci male: insomma, se attraverso le strada lo faccio sulle strisce pedonali e, ciononostante, guardo bene prima di attraversare. Se vengo investita, è chiaro che la colpa è del guidatore del mezzo che mi ha investito, ma la vittima sono io, e l’avere ragione non mi ridarà la vita o l’integrità fisica.

Se fossi al governo, certo che ragionerei come Golda Meir, aumenterei i controlli e non imporrei limitazioni alle donne, ma insomma, voi lascereste vostra figlia adolescente girare il mondo in autostop o lo riterreste altamente pericoloso? Sarebbe bellissimo poter girare il mondo in autostop, sarebbe un arricchimento per chi viaggia e per chi dà passaggi ma ripeto, non viviamo in un mondo perfetto e che una mia conoscente, da adolescente, sia stata stuprata da un camionista che le aveva offerto un passaggio, purtroppo non mi stupisce: colpevole di stupro è chiaramente il camionista, che è stato condannato alla galera che meritava, ma colpevole di essersi cacciata in un guaio per un’ingenuità pericolosa è certamente lei.

Dovremmo poter andare in giro di notte sicure, certo, sarebbe nostro diritto andare dove ci pare all’ora che ci pare e vestite come ci pare, certo che sì, non è di questo che si sta discutendo, non stiamo dicendo che una donna che accetta un passaggio o che va in giro di notte in minigonna da sola e per una strada buia e solitaria non avrebbe il diritto di farlo: qui si parla di opportunità, non di diritto.

Avrei anche diritto di lasciare le porte aperte senza che nessuno entri senza permesso, avrei diritto a lasciare le mie cose incustodite senza che nessuno se ne appropri, certo, ma non lo faccio, perché so che la delinquenza esiste, i delinquenti esistono, e uno cerca di difendersene come può.

Tante cose che per legge non si possono fare la gente le fa e basta (per esempio, diffondere foto e conversazioni private sul web), e troppi si sentono al sicuro trincerandosi dietro un arrogante “non può farlo”: lo fanno e basta.

Un’azione proibita espone l’autore a una sanzione, ma non gli impedisce materialmente di farla, ricordiamocelo tutti bene.

Hotel Rigopiano

soccorsi-a-rigopiano

La realtà è che finora non ce l’ho fatta a scrivere una sola riga, sono completamente sotto choc.

Il modo in cui è successo è incredibile, un palazzo praticamente spostato e sepolto, la mancanza di prevenzione, la cronaca di una morte annunciata, le richieste di soccorso ignorate, gli elicotteri che non si alzano in volo, le turbine inesistenti, o ferme, o distratte altrove, i vigili del fuoco che lavorano incessantemente senza indumenti temici e senza guanti…

Ormai dalle macerie dell’albergo si estraggono solo corpi senza vita, ne mancano ancora mi pare 17, ma più che alla loro morte io continuo a pensare al modo assurdo in cui sono morte.

Mia nonna, ogni volta che si trovava chiusa da qualche parte, per esempio in macchina, si agitava gridando “me fate fa’ ‘a morte der sorcio!”: esattamente quello che è successo a quella povera gente.

Seguo i soccorsi, li ho seguiti dal primo istante, ma non posso fare a meno di sentirmi là sotto con loro, in una prigione senza uscita, e continuo a sentirmi male, a provare un’angoscia tanto impotente quanto incessante.

Edoardo continua a chiedere dei suoi genitori, morti entrambi, e noi qui ancora tutti a sperare che ci venga restituita qualche altra vita, per qualche miracolo che riesca compiersi anche – e soprattutto – nell’inferno.