Fare il primo passo.
Lei ti piace. O lui ti piace, non c’è differenza.
Ma che dico, sì che c’è differenza! La nostra tradizione culturale ha imposto a lungo all’uomo il ruolo del “primo passo” e, se alle donne faceva certo piacere sentirsi ambite e corteggiate, forse non si sono mai chieste quanto costasse a “lui” esporsi, col rischio di beccarsi un due di picche.
Poi, ci sono quelle che il due di picche lo danno con grazia e rispetto, e altre che lo fanno cadere dall’alto in maniera umiliante, quasi come prova di potere: questo non può non intimidire un uomo.
Ora i ruoli sono cambiati (un po’… ), ma probabilmente un retaggio culturale in qualche piega nascosta del DNA è rimasta. Comunque diciamo che oggi, che non ci sono più ruoli definiti, molto è affidato al carattere.
E se i due sono timidi? Se nessuno dei due ha la forza di fare il primo passo?
Certo, tra due persone esiste un gioco che è quello del “saggiarsi”, il mandarsi messaggi non subito espliciti (per salvare eventualmente la faccia… ), e via via sempre meno subliminali.
Facciamo conto che a un certo punto ci sia la ragionevole certezza di piacere all’altro. Se si è giovani, non ci sono grandi problemi, ma se non lo si è, se si ha un passato, e per di più doloroso… superata la paura di essere rifiutati subentra un altro tipo di panico: i fantasmi di questo passato che proiettano la loro ombra sinistra sul futuro, paralizzandolo.
“Non mi voglio impegnare“: la vecchia storia è stata un cappio al collo, e ora che ho ritrovato la mia libertà, pagandola pure un prezzo esoso, non voglio gettarla via.
“Ho paura di soffrire“: non ce la faccio a sopportare un altro abbandono, non ce la faccio. L’ultima volta credevo di morire, non posso permettermi di riespormi allo stesso rischio, non voglio piangere più.
“Ho paura di farla/farlo soffrire“: ho troncato una storia che non andava, ma lui/lei mi adorava. Mi sono sentito un verme, l’ultimo della terra, ho dei sensi di colpa al solo pensiero della sua sofferenza che non posso pensare di provocarla ancora a qualcuno.
“E’ una situazione troppo difficile: non me la sento/ho paura di non farcela“: lui/lei hanno figli da una precedente unione, situazioni familiari/economiche/di salute pesanti, non ce la faccio.
Qual è la soluzione? Rischiare e forse perdere, o perdere per non rischiare?
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L’uscita di questo post in concomitanza con uno di uguale titolo e uguale foto sul blog di Stella è concordata.