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Il primo passo

Addio del passato by flordelys

Addio del passato by Flordelys

Fare il primo passo.

Lei ti piace. O lui ti piace, non c’è differenza.

Ma che dico, sì che c’è differenza! La nostra tradizione culturale ha imposto a lungo all’uomo il ruolo del “primo passo” e, se alle donne faceva certo piacere sentirsi ambite e corteggiate, forse non si sono mai chieste quanto costasse a “lui” esporsi, col rischio di beccarsi un due di picche.

Poi, ci sono quelle che il due di picche lo danno con grazia e rispetto, e altre che lo fanno cadere dall’alto in maniera umiliante, quasi come prova di potere: questo non può non intimidire un uomo.

Ora i ruoli sono cambiati (un po’… ), ma probabilmente un retaggio culturale in qualche piega nascosta del DNA è rimasta. Comunque diciamo che oggi, che non ci sono più ruoli definiti, molto è affidato al carattere.

E se i due sono timidi? Se nessuno dei due ha la forza di fare il primo passo?

Certo, tra due persone esiste un gioco che è quello del “saggiarsi”, il mandarsi messaggi non subito espliciti (per salvare eventualmente la faccia… ), e via via sempre meno subliminali.

Facciamo conto che a un certo punto ci sia la ragionevole certezza di piacere all’altro. Se si è giovani, non ci sono grandi problemi, ma se non lo si è, se si ha un passato, e per di più doloroso…  superata la paura di essere rifiutati subentra un altro tipo di panico: i fantasmi di questo passato che proiettano la loro ombra sinistra sul futuro, paralizzandolo.

Non mi voglio impegnare“: la vecchia storia è stata un cappio al collo, e ora che ho ritrovato la mia libertà, pagandola pure un prezzo esoso, non voglio gettarla via.

Ho paura di soffrire“: non ce la faccio a sopportare un altro abbandono, non ce la faccio. L’ultima volta credevo di morire, non posso permettermi di riespormi allo stesso rischio, non voglio piangere più.

Ho paura di farla/farlo soffrire“: ho troncato una storia che non andava, ma lui/lei mi adorava. Mi sono sentito un verme, l’ultimo della terra, ho dei sensi di colpa al solo pensiero della sua sofferenza che non posso pensare di provocarla ancora a qualcuno.

E’ una situazione troppo difficile: non me la sento/ho paura di non farcela“: lui/lei hanno figli da una precedente unione, situazioni familiari/economiche/di salute pesanti, non ce la faccio.

Qual è la soluzione? Rischiare e forse perdere, o perdere per non rischiare?

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L’uscita di questo post in concomitanza con uno di uguale titolo e uguale foto sul blog di Stella è concordata.

Corna effetto “retard”

cornutaBeh, oramai l’ho sentita più di una volta questa storia: lui tradisce, lei lo scopre (o le viene confessato, per l’argomento del post il fatto è irrilevante), perdona o fa finta di perdonare, poi a un certo punto la coppia scoppia.

Dopo due, tre, quattro anni, lei comincia a rinfacciare il tradimento, si arriva persino alla separazione, spesso giudiziale, perché è  colpa sua, sua di lui, turpe autore dell’insanabile torto.

La domanda che si pone l’uomo è sempre la stessa: “Ma scusa, adesso te ne ricordi?

Avrò sbagliato, ho sbagliato, ma pensavo che l’avessimo superata. Avrei capito che tu mi avessi buttato fuori all’epoca, che mi avessi crocifisso, ma adesso, che senso ha ritirare fuori questa storia?”.

Ho posto questa domanda a vari amici (amici e amiche intendo). La posizione degli uomini è pressoché unanime: la cosa non ha senso, la reazione deve essere a caldo, o si perdona o non si perdona, o si lascia o si resta.

Il sondaggio tra le amiche ha dato invece risultati diversi. C’è pure chi, sulla falsariga delle controparte maschile, sostiene che o perdoni o non perdoni, però contestualmente; resta il fatto però che la stragrande maggioranza delle donne capisce e addirittura ritiene inevitabile l’effetto “retard”.

Io, vi confesso, appartengo alla seconda categoria (e qui mi farò molti nemici… ).

Ha ragione un mio collega quando dice che certi errori non si devono fare e basta, e che quando si fanno sono pressoché imperdonabili, ma un’altra sostiene che un tradimento è una rottura di cui bisogna prendere atto, e allora o si fa punto a capo, e si mette da parte ogni rancore, o si tronca, SUBITO.

Vi dico perché non sono d’accordo: il ragionamento di cui sopra, da un punto di vista formale, non fa una grinza ma… qui stiamo parlando di sentimenti, che non sono così facilmente gestibili, esaminabili, prevedibili, controllabili.

Se l’uomo che io amo, compagno o marito che sia, ha un’avventura, mi mette davanti a un fatto compiuto: o sfascio un’unione (spesso addirittura un matrimonio), o mi tengo le corna. Francamente, non è un’alternativa che mi attiri. Poi, tra i due mali, una sceglie il minore (per lei), magari è follemente innamorata e quando scopre il tradimento sente di avere ancora più bisogno di lui e di non farcela a perderlo, poi però il tarlo s’insinua… lavora…

Il rapporto di coppia richiede impegno e sacrificio, e una può incominciare a pensare “E perché dovrei fare questo sacrificio per uno che mi ha tradito?” (il che vale a dire “per uno che non lo merita”), e il tarlo inizia a lavorare, e comincia a corrodere le zampe su cui poggia il “tavolino”.

Logora, logora, logora… ogni tanto si vede per terra una quantità infinitesimale di segatura, ma che vuoi che sia.

Poi il tavolo, all’improvviso, crolla. Dopo quanto tempo? Probabilmente tanto, tutto il tempo che è occorso al tarlo per disintegrarne i pilastri.

Sic. Et simpliciter.

Il marito distratto

Caro, fa’ qualcosa di selvaggio!

Io tutto il giorno aspetto mio marito
per ore di passione e di abbandono,
ma quando torna dice che è esaurito,
due ore in fila per chiedere un condono.

La tavola è ben ben apparecchiata,
di cibi afrodisiaci e invitanti,
si siede ma gli dà solo un’occhiata,
poi aggiunge: “Pagherò tutto in contanti!”.

“Amore mio, abbandona i tuoi pensieri,
lasciati andare a tutti i desideri”;
così dicendo mi tolgo il negligé,
e credo d’essere veramente osé.

“Perché non ho un bravo commercialista?”
mugugna senza avermi neanche vista.
Ma io, sedendo sulle sue ginocchia,
sciogliendo sensualmente la mia crocchia,

lo bacio dolcemente sulla nuca,
sperando che sul letto mi conduca.
“Madonna, quanto pesi, sei ingrassata?”
e allora resto lì mortificata.

Vorrei piangere, però poi ci ripenso,
c’è il mio geometra con quello sguardo intenso,
che tante volte a uscire mi ha invitato,
(e ora mi pento che non ho mai accettato).

Domani, mentre lui sarà al catasto,
a presentar la documentazione,
io do l’addio al mio viver troppo casto,
e mi concedo a un macho più d’azione!

(Diemme, 23/05/2009)
Si ricorda che questa poesia, come tutti gli altri post, è coperta da  licenza Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.