Amico/a e dipendente

capo e dipendente

Tra le cose che capitano nella vita c’è il fare amicizia, un’amicizia vera, sincera, con il proprio capo. Ne ho viste un po’ di queste storie e, devo dire che, quando l’amicizia è sincera, funzionano alla grande.

Purtroppo non si può dire lo stesso quando succede l’inverso, quando si è prima amici E POI, per i casi della vita, uno diventa datore di lavoro dell’altro, o comunque suo superiore.

Inutile che ci giriamo intorno, qualunque sia il carattere e il modo di porsi delle due persone, il rapporto cambia, c’è una sorta di disagio, d’imbarazzo, che alla fine avvelena il rapporto.

Insomma, se un’amica mi viene a dare una mano a casa (ce n’era una che amava tanto quelle che lei chiamava “sessioni di butto“, in cui passava in rassegna tutta casa mia e induceva una me riluttante a liberarsi del ciarpame), è un rapporto alla pari, anzi, l’amica ti sta facendo un favore, e quasi quasi sei tu in posizione subordinata, che le devi essere grata e sei moralmente in obbligo.

Diverso è se vieni assunta come domestica, fosse pure il tuo lavoro di sempre: cioè, io per guadagnarmi da vivere svolgo un’attività, la mia amica ne fa un’altra. Che faccia il magistrato o la badante, l’avvocato o la domestica, a me non importa un fico secco. Se poi però quella che fa la domestica, con la quale comunque avevamo un rapporto alla pari, si rideva e si scherzava, si andava a mangiare la pizza e si pagava alla romana, diventa *la mia* domestica, se le devo impartire disposizioni, ordinare di fare questo e quello, rimproverarla perché non l’ha fatto bene, il discorso può diventare imbarazzante e il rapporto d’amicizia, quello fuori dalle ore di lavoro, potrebbe risultarne compromesso.

E’ per questo che molti amici preferiscono non farsi pagare, una volta serve un favore a me, una volta serve a te, e se pure ti faccio un regalo commisurato al tuo lavoro, si tratta pur sempre di un’elargizione liberale da una parte e dall’altra. Ma se l’amico o l’amica di lavorare (nel senso di guadagnare) hanno bisogno? Se l’aiuto non è occasionale ma stabile?

Ripeto, per quanto riguarda la mia esperienza personale, diretta e indiretta, nessun problema se PRIMA c’è il rapporto di lavoro e DOPO subentra l’amicizia, ma il contrario? Anche perché, se c’è prima il rapporto di lavoro, non solo l’amicizia subentra piano piano, ma subentra a rapporto di lavoro già stabilizzato, mentre se si è prima amici, il passaggio a dipendente è immediato, si crea da un giorno all’altro, non è che prima uno lavora cinque minuti, poi dieci, poi mezz’ora e si ha tempo di misurarsi!

A voi è capitato? Che ne pensate?

28 thoughts on “Amico/a e dipendente

  1. A me non è mai capitato, nel senso che se qualcuno ha avuto bisogno di una mano, o di un aiuto economico, l’ho fatto a fondo perduto, come dicevi tu, oggi capita a te domani può capitare a me….per il resto, per come sono io, non farei mai fare un qualche servizio a un’amica….preferisco farlo fare ad una estranea, perchè altrimenti mi sentirei parecchio in imbarazzo.
    Credo che il datore di lavoro difficilmente possa essere un amico nel vero senso della parola, infatti cerco sempre di mantenere i rapporti ben precisi, non do mai del tu ad un dirigente nel lavoro perchè ritengo sia meglio così.
    Buon pomeriggio 🙂

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    • Silvia, tu non puoi dare a una persona tutti i mesi uno stipendio a fondo perduto, mentre tu rimani nella necessità di avere qualcuno che ti aiuti! Se le esigenze di due persone si incontrano (l’una di avere aiuto, l’altra di avere un guadagno) perché non conciliarle?

      Per quanto riguarda i rapporti sul lavoro coi propri superiori, io ho un’esperienza diversa: non solo ci ho fatto amicizia, ma spesso sono stati, e talora anche rimasti, grandissimi amici (come pure è accaduto con gli insegnanti di scuola). L’importante è che l’affetto sia sincero, e che il rispetto non venga mai a mancare: si dice “troppa confidenza toglie la riverenza”, ma io credo che questo accada solo tra i poveri di spirito. Nel mondo delle persone perbene, ci si rispetta perché sì, si rispetta l’altro perché è rispettabile, non perché si fa rispettare.

      Hai presente quel verso del 5 maggio di Manzoni “scevro di servo encomio e di codardo oltraggio”? Ecco, la gente, la massa intendo, generalmente è così, lusinga i potenti e disprezza i deboli o comunque gli ex potenti caduti in disgrazia, ma tra gli uomini dabbene il rispetto reale prescinde dal rispetto formale, il dare del lei, il mantenere le distanze… mantenere le distanze poi, che brutto concetto!

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    • ma infatti non parlavo di un aiuto tutti i mesi…..ma una tantum, un rapporto di lavoro quando c’è amicizia viene viziato, perché il dipendente pensa di dover avere dei privilegi perchè c’è amicizia, e il datore di lavoro non è libero di dire quello che vorrebbe per non sembrare stronzo come amico, purtroppo la realtà è questa.
      Nel mondo del lavoro dipende poi dall’ambiente….nel mio i dirigenti non lavorano più degli altri….ma dirigono e basta, e quelli che familiarizzano per sembrare amici (solo per interesse) sono poi quelli che dietro ne dicono peste e corna.

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    • Silvia, non è sempre così, dipende dalle persone. Io sul lavoro cerco sempre di dare il massimo, ma se vado a lavorare con un amico ci metto del valore aggiunto, perché ci aggiungo l’amore per quello che faccio, una cura che va al di là di quella che uno metterebbe in un rapporto mercenario. Come capo, invece, mi comporterei esattamente come con tutti gli altri anche se, magari, conoscere i suoi problemi mi farebbe sempre considerare anche le sue esigenze, cosa che non sarebbe giusto nei confronti degli altri, che pure di problemi loro magari ne hanno.

      Il capo invece viscido, che ti fa una faccia davanti e tutt’altra dietro, è una tipologia che uno dovrebbe riconoscere a pelle, e non avere nessuno voglia di socializzarci!

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  2. In gergo quello che tu chiami “una mano lava l’altra” si definisce “obbligazione naturale” perchè è caratterizzata dalla spontaneità dell’azione e dalla mancanza, per il fatto di avere una rilevanza prevalentemente morale, di alcuna tutela giuridica… Cioè l’amica ti fa pulizie, tu non sei obbligata a pagarle il conto…
    Ecco. Ti conviene questa strada. Che se la pulizia non è venuta proprio in maniera eccellente, beh, non la critichi in faccia ma la prossima volta ne fai a meno!

    P.S. Se l’amica si trovasse in difficoltà economiche tali da indurti a elargirle qualche cosa, mantieniti sempre nel campo delle obbligazioni naturali e, a tua volta, indagando da amica, regalale ciò che le serve maggiormente.
    Dalle mie parti, ad esempio, si usa molto regalare roba da mangiare.

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    • Aida se una persona ti fa un piacere e tu sai che ha bisogno, puoi pure ricambiare con qualcosa che le sia utile, senza passare per il prezzolamento, ma se il rapporto è continuativo, non puoi riempire l’amico/a di caciotte, e comunque con le caciotte non ci paga le bollette!

      Secondo me, continuo a battere sul tasto del rispetto, il rapporto amicizia/lavoro è possibile, ma va maneggiato con cura. Diversamente, io credo che entrambe le parti potrebbero trovarsi in imbarazzo, io per dare ordini a un’amica, lei per riceverli e dover sottostare. Il realtà bisogna essere realisti e scindere le due cose: l’amiciza è l’amicizia, il rapporto di lavoro è il rapporto di lavoro. Se una persona ti paga per fare un lavoro, ti indica quello che va fatto e come va fatto, ti paga per il lavoro svolto, poi si cambia il cappellino (nel senso che si cambia ruolo) e amici/amiche come prima!

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  3. Mi sta accadendo proprio in questo periodo. Una amica mi ha assunta. Lei si sente libera di chiedere sempre di più, io non mi sento più libera di dire no. Rapporto evidentemente incrinato. La prossima volta si lavora con sconosciuti

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    • Se vuoi un consiglio, come ho già risposto ad Aida, bisogna distinguere i ruoli, quello dell’amicizia e quello del rapporto dipendente. Sul lavoro, a parte il rapporto di fiducia, nessuna delle due parti deve abusare dell’altra, e ci si deve comportare come ci si comporterebbe tra sconosciuti: è lavoro, punto. Secondo poi, qualsiasi malinteso, quando siete nelle vesti di amiche, chiarite, chiarisci con lei il tuo disagio: le persone sbagliano, e parlando si chiarisce, ogni rapporto comporta una crescita, e si cresce insieme, anche e soprattutto confrontandosi e aggiustando il tiro.

      Terzo, il datore di lavoro compra il tuo lavoro, non la tua persona: fuori dall’orario siete due pari grado, punto. Se ho una domestica, che chiaramente mi rigoverna la cucina perché questo rientra tra le sue mansioni, il momento in cui è da me in veste di amica si siede in salotto ed è ospite, il caffè lo preparo io, glielo servo, e chiaramente le tazzine le rilavo io. Spero di essere riuscita a esprimere il mio concetto.

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  4. A me, come “capo”… cos’ è che mi capitato ?!?
    Quando lo divenni, per la struttura tecnica della più importante ( e “storica” ) banca italiana, intanto imposi ai miei collaboratori di abolire la parola ( per me … spregevole ) di “capo”, lasciando ad essi due possibilità : 1) o di chiamarmi “capo servizio” … 2) oppure Bruno !
    Poi, applicai ( e continuo ad applicare …. appassionatamente ) la regola di San Francesco, e cioè essere INFLESSIBILE con me stesso, e invece DISPONIBILE, o anche BONARIO con gli altri, specie con i più umili .
    Ed anche nell’ Insegnamento applico la stessa regola, aborrendo io visceralmente l’ insegnamento “ex cathedra” ( e l’ orrida, per me, parola PROF ) …. poichè amo la crescita, simultaneamente, del docente insieme al discente, essendo tutti e tutte impegnati, non nel prevalere l’ uno sull’ altro in virtù di una maggiore scienza, bensì nell’ aprirci tutti insieme a quel ‘mare magnum’ che è la vera conoscenza, in cui quel che abbiamo già acquisito è ben miserevole cosa rispetto a quello che ancora dovremmo acquisire !

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    • Quindi sei d’accordo con me? Inoltre mi hai suggerito un altro aspetto che avevo trascurato: ovviamente dipende salle situazioni, ma quando si è chiamati insiema a fare un lavoro, il capo dà l’esempio e lotta in prima fila e più strenuamente degli altri! 🙂

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  5. Certo che sì … e, quando si fosse chiamati insieme, il capo servizio responsabile ed i suoi collaboratori diretti e/o indiretti, ove il lavoro svolto ‘in pool’ portasse a risultati lusinghieri per l’ azienda ( a me ed ai miei collaboratori …. capitò spessissimo, e così tanto che i nostri risultati divennero un vero e proprio mito ) e l’ azienda stessa intendesse premiare o con soldi o con promozioni, ebbene quel ‘premium’ dovrebbe, tassativamente, esser ripartito in parti uguali fra il responsabile ed i suoi collaboratori … ed anzi con parte maggiore, verso quelli che si siano impegnati, o abbiano inventato qualcosa di risolutivo, anche più del capo servizio !
    Tu sai, amica mia, quanto significato reale abbia la parola “errante” del mio nick-name, eppure NON ho mai avuto dubbi su queste procedure e finalizzazioni …. e dico veramente MAI, tanto che le stesse fanno ormai parte dei miei principi più inalienabili ! 🙂

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    • Quando ero capo io, a mia volta mi comportavo così… ma ora i tempi sono cambiati, e… e ho fatto una scelta, quella di non parlare mai di lavoro sul blog, quindi mi astengo dal continuare la frase 😉

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  6. Quello che dici è vero, condivido. Spesso cambia la posizione dell’uno o dell’altro.
    Personalmente ero amica dei miei principali e tale siamo rimasti. Una bella esperienza di lavoro.

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  7. Mi trovo ora in una situazione così. ho un buon rapporto con il nuovo capo. Ma sono così scottata da amicizie varie e capi precedenti che ora la combinazione delle due cose mi spaventa un sacco e sono guardinga come nn mai

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  8. C’è un’amica di mia madre che pulisce casa di un’altra sua amica…e si fanno delle gran risate, perché se l’amicizia è vera l’imbarazzo non c’è proprio anzi…. a volte sembra più che altro che passino il tempo. Ma per farti un’esempio più calzante mio padre è amico del suo datore da trent’anni perché prima lavorava con il padre. Così non solo andiamo ciascuno alle feste dell’altro, ma quando i due bisticciano fanno ridere alquanto perché sembrano Stalio ed Olio. Quando mio papà ha avuto un incidente il suo amico passava all’ospedale di continuo con gli occhi lucidi, te lo ritrovavi seduto ai piedi del letto a tutte le ore.

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    • L’amicizia, ancora più dell’amore, non dovrebbe conoscere ostacoli: se poi l’ostacolo è il lavoro, decisamente c’è qualcosa da rivedere, sia a livello personale che di rapporto!

      Dico più dell’amore perché l’amore a un certo punto può avere bisogno di presenza, di fisicità, di un’esclusiva che non sempre è possibile donare, invece l’amicizia no, ha molto meno vincoli, e per questo dovrebbe – e potrebbe – essere un dono per sempre.

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    • Concordo! Ogni tanto li prendiamo bonariamente in giro: chissà che cosa faranno quando si ” lasceranno ” lavorativamente parlando; perché l’amicizia quella vera non si lascia mai. Come disse qualcuno ” gli amici sono la famiglia che si sceglie “.

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