Quanto vi ho amato, nonni mei!

nonni_1.jpgOggi, non so perché, ripensavo ai miei nonni.

Ne ho conosciuti tre, così diversi l’uno dall’altro. Le due nonne poi! Una (materna) dolce nonnina, di quelle che sembrano uscite dalla fiabe, e una forte, vigorosa, saggia, luce delle nostre vite.

E il nonno, giocherellone, simpatico fanfarone, e così tenero con noi. Non mi ha mai chiamato per nome: mi chiamava “angelo mio”, e quando, all’estero dove mi trovavo per studiare e mi struggevo di nostalgia, leggevo quelle parole nelle sue lettere, la nostalgia si moltiplicava per cento. Ce le ho ancora le sue lettere: ma non ce la faccio a leggerle.

La nonna dolciotta, sua moglie, che io definivo “nonna pittaletta tutta bianca pulita e netta”, aveva un’idea “tradizionale” della donna, e mentre provvedeva al mio corredo, mi chiedeva sempre “Tesoro di nonna, ma perché studi tanto? Butta ‘sti libri, e trovati un bravo giovanotto lavoratore!”. E l’altra, la vigorosa “Dovete studiare, non dovete essere soggette a nessuno!”.

Nonna “vigorosa” è vissuta con noi per tanto tempo, e ci raccontava tante storie. La sera, tutte nel suo lettone, ascoltavamo estasiate le sue mille storie: qualcuna era paurosa, e allora ci stringevamo forte a quella nonnona grande e buona.

Nella sua camera, sul comò, la foto di suo marito morto in guerra. Ci ha insegnato ad amare anche lui, l’ha fatto sempre essere presente nella nostra casa: quel marito buono, padre affettuoso dei suoi figli, che la vita le aveva portato via troppo presto, ma a cui non aveva mai smesso di tributare la sua deferenza. “Mi manca la cosa più importante” era solita dire. Non solo a te, nonna.

E’ morta la nonna paterna, circondata dall’affetto dei suoi familiari.

Poi è morta la nonna materna, assistita da un affettuoso marito.

E poi è morto il nonno: solo.

Non volevo lasciarti solo nonno, ma un brutto problema mi ha messo a terra per più di tre anni. Proprio quando più avevi bisogno di me. Io che stavo male da una parte, e tu che stavi solo dall’altra. Io che soffrivo perché tu stavi solo, e tu che soffrivi perché io stavo male.

Poi una notte ti ho visto sorridente passare nella mia stanza, tenuto per il braccio da un angelo meraviglioso.

Ho aspettato che si facesse giorno, e immediatamente ho telefonato per sapere di te. Naturalmente non c’eri più.

Non vado mai al cimitero, nonni miei, non ce l’ho il culto dei morti.

Ho avuto il culto di voi quando eravate vivi e, oggi, cerco di non rimandare mai nulla, e mi impegno a non lasciar mai solo nessuno.

Come dice Pascarella nella sua “La scoperta de l’America”: “Ma quanno è vivo nu’ lo fate piagne, E nun je fate inacidije er core, E lassate li sassi a le montagne”

Io cerco di aiutare tutto il mondo: perché vi ho amato tanto, nonni miei.

10 thoughts on “Quanto vi ho amato, nonni mei!

  1. leggendo questo bellissimo post mi sono venuti in mente i miei nonni…il mio nonno Pietro, un grand’uomo, che a 18anni prese la sua valigietta e se ne andò come immigrato in India, a lavorare per una compagnia inglese. E ci restò 35anni….Le sue esperienze, i suoi racconti erano la cosa più bella da ascoltare la domenica pomeriggio….E poi c’è il nonno bresciano, contadino della bassa, che in guerra lo mandarono in sicilia e li si innamorò della bella sicula….mia nonna. La nonnina Rusidda che ancora ho la fortuna di avere….la splendida nonna che tanto ha sofferto nella sua vita, ma che quella sofferenza è riuscita a tramutarla in amore….in amore per i figli, per i nipoti…ed io che non riesco mai ad andare a trovarla…..però lo sai nonna, quanto di voglio bene…te l’ho detto anche ieri al telefono…
    Della carogna nonna paterna è meglio che non parli….mi si inacidisce il sangue….

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  2. I nonni, che bell’invenzione!
    Ho vissuto molto, quand’ero piccolo con i miei nonni materni che, ovviamente mi coccolavano un sacco.
    La mia nonnina, era una donna minuta, sempre sofferente, ma con un carattere energico ed autoritario. I suoi pranzi erano uno spettacolo e, tutti i suoi segreti culinari, li custodisco gelosamente (vedi braciolette di pesce spada…).
    Penso fosse lei “l’uomo” di casa, in nome di quel matriarcato spesso non riconosciuto, perlomeno ufficialmente.
    Essendo il coccolino di casa, l’accompagnavo spesso in campagna e, vederla trattare con i contadini, era tutto un programma.
    Mio nonno invece, gran bell’uomo (tutto suo nipote…), aveva passato una gioventù molto avventurosa. Aveva avuto, prima di sposarsi tante donne (e forse anche dopo…Ops!!!) e infatti, alla vista di una bella signora, era di una galanteria sconvolgente. (…)
    Lo ricordo come un distinto signore siciliano, che girava per casa già fin dal mattino, con la sua giacca da camera, il suo inseparabile papillon, una sigaretta Edelvais tra le labbra e, un sorriso dolcissimo.
    Che bella invenzione i nonni!!!

    ***Che bel post!***

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  3. (tutto suo nipote….)!

    Prima lo sfrugugliamento sulla residenza, poi sull’età, ora sull’avvenenza…

    *** sorry, niente acquolina in bocca… ***

    venusto, vetusto…
    purché non angusto:
    sarà di mio gusto?
    Lui tace, ed è giusto,
    gli devo rispetto
    è un ospite augusto
    e sempre corretto.
    Lui solido arbusto,
    di certo un bel fusto
    il detto e non detto
    son gioco perfetto.

    Lui è sempre presente,
    sornione e ridente,
    ogni tanto sparisce
    e su altre infierisce.

    poi torna tra amici
    e noi siamo felici.

    Ormai questo blog
    senza il siculo Artù
    sarebbe un indiano
    senza il suo Manitù.

    Però tutto questo
    che c’entra con gli avi?
    No, niente, del testo
    noi mica siam schiavi!

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  4. E vabbè, scherzavo…
    I terroni (non i siciliani…perchè la Sicilia è un’isola, non è la terronia…) dicono: si non mi vantu ieu!
    (x Very: se non mi vanto io…)
    Che bella poesia! Dimmi chi è il poeta che vado subito a comprare tutta l’opera. E poi, quel siculo Artù, sembra un uomo d’altri tempi, un principe o grande condottiero…mi ricorda qualcuno…

    ***…e la chiamarono: TREMENDISIA…***

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  5. La poetessa è una tale Tremendisia, che avrebbe potuto fare di meglio se non avesse scritto nei soliti tre minuti con due cellulari che squillavano e una figlia che le sventolava davanti i compiti da verificare. Eh, l’arte, tra quante difficoltà si deve muovere!
    L’opera omnia di Tremendisia è andata persa giusto un paio di giorni fa in seguito alla rottura dell’hard disk (e voi potete dire “io c’ero!”). Peccato, c’erano robette carine! Tendenzialmente un po’ più serie, ma non sempre.

    *** baci a tutta la tavola rotonda… a partire dal re ***

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  6. E se non avessi avuto tutte quelle difficoltà, cosa avresti scritto, la “Divina Tremendisia” opera in tre atti, con prologo di Giorgio Albertazzi?

    *** Il Re, sentitamente ringrazia e ricambia ***

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  7. @
    ………………… (Mille anni fa)……….
    Una di quelli notti brevi ma profondi d’estate. Lui mi faceva sempre stendere insieme e guardare il cielo………….

    – Ma nonno, perché ci sono cosi tante stelle?
    Esso mi guardo con il sorriso sotto il baffo.
    – Sono le nostre anime, ogni persona di questo mondo
    ha la sua stella. Quando moriamo cade la nostra stella.
    – E quando siamo felici e contenti?
    – Allora essa brilla…… forte.
    Guardavo il cielo. Coricato sul erba fresca in quella notte di estate. La testa appoggiata sul braccio potente del nonno. Il suo braccio potente e amorevole.
    – Nonno, qual’è la mia stella?
    – Non lo so, scegli tu una.
    – Ma ci sono cosi tante.
    – Quanti gli uomini….
    – E la tua, qual’è?
    – La mia?…. sta tramontando…. forse quella che sembra quasi spenta.
    – Perché nonno, non voglio.
    – Eh eh eh, nemmeno io…. ma è cosi che nostro Dio ha deciso. E non si può andare contro Dio.
    Restavamo zitti per minuti interi guardando il cielo stellato.
    – Nonno….
    – Mh
    – Promettimi una cosa…
    – Va bene…. cosa?
    Promettimi che tu non morirai mai.
    – Eh eh eh, te lo prometto nipote caro, te lo prometto.
    – Ne tu, e ne la nonna.
    – Va bene, caro, come vuoi tu, e cosi sarà.

    P.S. Avevo 4 anni. Dopo altri 3 erano
    andati entrambi. Una dopo l’altro, a distanza di un anno. Volete forse sapere dove sono ora? Ma è ovvio…………. dove vanno le stelle cadenti, no?

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    • Caro Valentino,
      che cosa carina andare a rileggere i miei vecchi post! E così l’ho riletto anch’io, commenti compresi, e ho realizzato di essere un’indiana senza Manitù…

      Ma passiamo oltre (che strano però, che sia andato a capitare proprio su questo!!!).

      Da quando ho scritto questo post, un’altra persona ha perso il suo adorato nonno, e questa persona è stata mia figlia. Un nonno che l’adorava, e che aveva giocato tanto con lei: lei come al solito faceva l’elefantina sul nonno, che si faceva martoriare, poi ogni tanto le diceva “Me devo sgrulla’?”, laddove per sgrullare intendeva liberarsi con un solo colpo.

      Ora mia figlia vive nel terrore di perdere l’altra nonna, mia madre (per la Lobot non sembra preoccuparsi troppo).

      “Mi prometti che non morirai?”: tutti facciamo questa domanda ai nostri cari, quando siamo piccoli, tutti vorremmo farla quando siamo grandi. Poi, la traduciamo in un più realistico (cioè, in un meno impossibile) “Mi prometti che non mi lascerai mai?”

      Non per mia scelta: ma polvere siamo, e polvere ritorneremo (memento, homo!)

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