Non era mia madre…

hesperia.jpg Ci sono i legami di sangue. E ci sono legami che la vita decide in qualche altro modo.

Una volta lessi sulla bachechina di una giostra un annuncio, e siccome avevo una vicina disperata che stava cercando un qualsiasi tipo di lavoro, andai a parlare con la proprietaria e mi appuntai il recapito telefonico.

Qualche giorno dopo (a quanto mi risultava la vicina aveva preso servizio), essendo bloccata in casa con mia figlia di quattro/cinque anni con la febbre a quaranta e con il frigo vuoto, e non sapendo a che santo votarmi, chiamo quel numero sperando di rintracciare la vicina.

Non c’è, ma la proprietaria capisce che ho bisogno di qualcosa, mi costringe a sputare il rospo e in men che non si dica è a casa mia con tutto l’occorrente, dalla tachipirina alle cibarie, e non vuole in quel momento neanche i soldi, perché “non devi rimanere a casa con una creatura senza soldi, quando starai bene me li porterai”. Capite!?!?! Un’estranea! Una perfetta estranea…

Devo dire che non è la primissima volta che mi capita una cosa del genere: in vita mia sono sempre stata aiutata moltissimo e, se oggi lo faccio a mia volta, è anche perché so cosa significa e perché mi è stato dato il buon esempio.

Ma quello che faccio io è niente rispetto a quello che faceva lei. Fiutava chi aveva bisogno, e se ne metteva a totale disposizione: sembrava la dea Kalì per le cose che riusciva a fare, sempre pronta a prendere il bisogno degli altri sulle proprie spalle.

Mi ricordo che una volta fu derubata da tre ragazzetti: la mamma e il fratello di uno dei tre vennero a cercarlo, fu loro raccontato ciò che era successo, e in capo a un’ora il ragazzo era di nuovo lì, tirato per le orecchie dai suoi familiari, a restituire il maltolto. Fu obbligato dal fratello a chiedere scusa e, dopo che l’ebbe chiesto, lei l’abbracciò con grande trasporto d’affetto e poi gli disse, quasi supplicandolo “Figlio mio, non fare questo: sei un bambino, hai una famiglia… non rovinarti la vita”.

Peccato che questo le lasciò la paura di rimanere sola. Io andavo a trovarla più spesso che potevo, portavo il pranzo, mangiavamo insieme e poi chiacchieravamo, chiacchieravamo… e a mano a mano che chiacchieravamo la sua difficile vita prendeva forma ai miei occhi e nel mio cuore.

Un giorno mi chiese se potevo accompagnarla dal medico, mi confidò di essere in soggezione davanti a quel luminare che in qualche modo la mortificava. Io l’accompagnai, tenni testa al luminare, e lei non finiva più di ringraziarmi: era così contenta di essersi sentita sostenuta…

Un’altra volta, una badante le chiese la cortesia di “dare un’occhiata” alla sua assistita paraplegica: poi se ne andò, e si ripresentò dopo un’ora. La signora disabile, non vedendo più la persona che l’assisteva, diede in escandescenze, e lei là, senza perdersi d’animo, con tutta la dolcezza e la pazienza del mondo a cercare di rassicurarla e calmarla.

Ovunque ci fosse qualcuno da aiutare, lei c’era. Chi ci conosceva era convinto che fossimo realmente, e non solo affettivamente, madre e figlia, tale appariva forte il vincolo dal quale eravamo legate. Ma quello che più mi legava a lei era il sapere che era sempre dalla mia parte e che, di qualunque cosa avessi bisogno, lei c’era.

E adesso non c’è più.

5 thoughts on “Non era mia madre…

  1. …NON ERA MIA MADRE…
    NEANCHE TU SEI MIA MADRE, E NON TE L’HO MAI DETTO, MA HAI FATTO TANTO PER ME. GRAZIE. UN GIORNO, QUANDO NON MI SI FORMERA’ UN BLOCCO IN GOLA E NON MI SI RIEMPIRANNO GLI OCCHI DI LACRIME, FORSE TI PARLERO’ DI ME E DI QUELLO CHE HO RICEVUTO DA TE.
    INTANTO GRAZIE.

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  2. Aiuto! Questi sono colpi a tradimento!!! Io ho fatto per te??? Giuro, non me ne sono accorta! Anche Lucy mi ha detto la stessa cosa: mi ha detto “tu ci sei: non c’è una sola volta che io telefono e tu non ti fermi ad ascoltare, per quanto tu possa essere impelagata, non c’è pila sul fuoco che tenga. Magari io sono sparita per mesi, e ti telefono perché ho bisogno: e tu lì, ti siedi, ascolti, e riesci sempre a metterti nei miei panni, a essere dalla mia parte, a suggerirmi un’altra prospettiva da cui guardare il mio problema. Che tutt’a un tratto diventa meno problema.”. E’ veramente questo quello che faccio? E quello che fate voi per me, dove lo mettete? Una volta avevo litigato con Tu Sai Chi, avevo sbattuto la portiera della macchina ed ero rimasta in mezzo alla strada: ero veramente scossa, e non avevo voglia di salire sui mezzi pubblici. Mi sono ricordata che lei percorreva quella strada per tornare a casa, e ci ho provato: la chiamo al cellulare ma, ahime, lei è già a casa, è distrutta, una di quelle sere in cui ti sembra che non riesci mai a rientrare e non vedi l’ora di toglierti le scarpe e metterti sotto la doccia… e in più aveva gente. Beh, ha ripreso la macchina e mi è venuta a prendere: io l’aspettavo rincantucciata a un angoletto, e quando ho vista comparire all’orizzonte la sua macchinetta mi si è rischiarato il viso. Mi ha scarrozzato fino a casa ed è scappata via, ad occuparsi finalmente delle sue cose. Giorni dopo, passando per quell’angolo con la mia di automobile, rivivo la scena e ho un moto di gratitudine nei suoi confronti: mi accosto, prendo il cellulare e le scrivo: tvb. Mi ha detto che è l’ultima cosa che ha letto prima che le fregassero il cellulare… e che in quella giornata nera le ha allargato il cuore: come vedi, breath, è una ruota. E tu, ti sei dimenticata quanti chilometri ti fai la domenica per venirmi a trovare? Di quello che mi sta succedendo, con chi ho potuto parlare a cuore aperto? Breath… se ho fatto qualcosa per te (ma cosa?!?!?!), è stata reciproca…. ma addirittura piangere per quello che ho fatto.. e che io non so… aiuto, troppe emozioni per questo cuoricino infranto (e che non accenna a rimarginarsi…)

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    • E avvisandola prima… quando era in terapia intensiva, ha visto accanto a sé il figlio e il fratello, entrambi morti. Poi si è ripresa, è uscita dall’ospedale, e sembrava stesse facendo una buona convalescenza. Mia zia, l’esperta di famiglia di fenomeni paranormali, diceva che era strano, che avere visto quelle due persone significava che l’erano venuta a prendere, significavano morte, e così è stato: a casa sua, perfettamente guarita (era stata pure dal parrucchiere), a un certo punto, sdraiata sul suo letto, ma sveglia (stava ascoltando la tv ed aveva le cuffie), si è semplicemente spenta.

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