PER NON DIMENTICARE ITAMAR

Hadas Fogel, colona ebrea di mesi 3, giustiziata (sgozzata) a Itamar l’11 marzo 2011 dai combattenti per la libertà palestinesi

Ti chiedi se l’occidente lo sappia. Ritengo di no. Ma temo che se lo sapesse la questione non si sposterebbe di molto. Ci sono morti che contano e morti che non contano. Ma io spero che un giorno chi ama la morte possa non affondare più la sua furia distruttiva su chi invece vuole vivere. Che poi, l’optimum, sarebbe che i cultori di morte iniziassero una volta o l’altra ad amare la vita anche loro.

ilblogdibarbara

Due anni fa, l’11 marzo 2011, andava in scena la mattanza della famiglia Fogel nel villaggio di Itamar. Per ricordarla propongo innanzitutto una rilettura di questo splendido articolo di Giulio Meotti, di qualche settimana fa.

La lezione morale da ricavare dal massacro della famiglia  Fogel è il silenzio

I due assassini erano entrati in casa mentre la famiglia dormiva. Hanno tagliato la gola al padre, poi hanno sparato alla madre e ai figli. Questo terribile destino è stato condiviso da due famiglie: i Clutter in Kansas nel 1959 e i Fogel a Itamar nel 2011.
Ma mentre la prima famiglia è stata immortalata dal capolavoro di Truman Capote “A sangue freddo”, i Fogel sono diventati invisibili.
È vero che in tanti, da tutta Israele – non solo dalla Samaria-  sono venuti due giorni fa a piangere quella famiglia meravigliosa, ma la lezione morale di quel massacro è il silenzio.
Nessuno…

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30 thoughts on “PER NON DIMENTICARE ITAMAR

  1. Io nemmeno avevo mai sentito parlare della località di Itamar, ancora meno di tutti quei fatti dettagliatamente riportati da Barbara, però non ho difficoltà a credere si siano avverati e capisco, ma non condivido, che oggi sembri politically correct riportare qualsiasi avvenimento metta dalla parte dei cattivi Israele e tacere quelli nei quali è vittima!
    Invece le vittime, in particolare quelle innocenti, come riportato nel lungo elenco che ho letto, non dovrebbero aver mai bandiera, ed il barbaro criminale comunque condannato, magari non solo con parole di deplorazione che poco gli faranno cambiare modo di agire!
    Allora mi unisco al ricordo di quelle povere creature, se non altro per incoraggiare a non sentirsi isolati coloro che si sentono esposti e vivono sulla loro pelle queste situazioni di pericolo e precarietà!
    A te, amica carissima, un abbraccio forte con l’augurio di una buona settimana, ciao!

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  2. Un “piccolo” dettaglio: Shalhevet Pas, una delle vittime citate nell’articolo di Giulio Meotti, aveva dieci mesi, ed era in braccio al padre nel cortile di casa quando un cecchino l’ha centrata alla testa. Il giorno dopo nel giornale dell’Autorità Palestinese è apparso un articolo in cui Arafat spiegava che “l’ha ammazzata la madre perché era mongoloide”.
    PS: @Diemme: e Daniel Pearl è morto di raffreddore.

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    • @Barbara: in effetti, io credo che il popolo palestinese sia a sua volta manipolato dall’informazione. Gli si insegna a odiare, gli si insegna a distruggere, gli si insegna a morire… e quanto vorrei che potessero anche loro amare la vita e godersela, in maniera assertiva e costruttiva.

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  3. La cosa tragica è che prima di Oslo di palestinesi interessati unicamente a mantenere la famiglia e godersi la vita ce n’erano. Poi Oslo gli ha portato in casa “i terroristi di Tunisi” (la definizione non è mia, bensì dei palestinesi onesti, ai quali Oslo ha distrutto la vita e annientato il futuro e quello dei loro figli), che hanno fatto quello che è sotto gli occhi di tutti: lavaggio del cervello con libri e programmi scolastici finanziati coi nostri miliardi di dollari, con programmi televisivi per i più piccoli inneggianti al “martirio” finanziati coi nostri miliardi di dollari, con campi militari per bambini a partire dai sette anni finanziati coi nostri miliardi di dollari, con la manipolazione dell’informazione finanziata coi nostri miliardi di dollari (la sola scuola di disinformacija fondata da Ramonda Tawill, suocera di Arafat, ci costa un milione di dollari all’anno), ed eliminazione fisica di chiunque fosse disponibile a un compromesso con Israele. Le conseguenze le stiamo vedendo.
    PS: quella del mossad comunque non è mica tanto una battuta: chiedere a beppe grillo per credere…

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    • @Barbara: mi chiedo se quegli occidentali che vogliono essere “giusti” si rendono conto del condizionamento cui sono poste queste persone fin da bambini, educati all’odio, al delirio, al culto della morte, al “farsi esplodere” come unico sogno di adolescente, per essere eroico, martire, distruggere il nemico… (il quale “nemico” poi mi sa che è l’unico che potrebbe salvarli e dare loro un’opportunità di vita diversa…)

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  4. Una volta Angelica, che come sai insegna, per sua scelta, anche in scuole arabe, mi ha raccontato che un giorno vede un suo studente con un medaglione al collo. Chiede chi è e quello risponde: “Uno shahid”. E perché lo porti? chiede. E lui: perché anch’io voglio diventare shahid, anch’io voglio morire per la Palestina. Ma come, dice lei, tu devi vivere per la Palestina, non morire, devi vivere per costruirla! E lui, no no, io mi sento che devo morire per la Palestina. E lei chiede: ammazzando ebrei? E lui ha allargato le braccia, come di fronte a una necessità ineluttabile e ineludibile. Dopo anni di lavoro quasi quotidiano gomito a gomito con lei, dopo anni di educazione alla convivenza, alla tolleranza, al rispetto ecc. ecc.

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  5. Da un punto di vista pratico, se le cose stanno così, cosa si può fare? La situazione da allora è migliorata per i coloni? Si sono verificati, dopo questo, altri episodi di terrorismo negli stessi territori?

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    • @Enrico: che cosa si può fare: temo niente, se non intensificare la difesa. A quanto pare i terroristi islamici sono assetati di sangue, preferibilmente ebraico, ma non disdegnano neanche gli altri. Se è migliorata la situazione non saprei dirti, spero ti risponderà Barbara che è la nostra esperta in materia.

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  6. Per prima cosa inviterei cortesemente a evitare di usare il termine “coloni” per indicare situazioni che col colonialismo niente hanno a che fare: si tratta di famiglie vissute in quei territori ininterrottamente dai tempi della bibbia al 1948. In quella data la striscia di Gaza è stata illegalmente occupata dall’Egitto e le regioni di Giudea e Samaria, aka Cisgiordania o West Bank, e la parte orientale di Gerusalemme sono state illegalmente occupate dalla Giordania – stato artificialmente fabbricato dalla Gran Bretagna nel 1921 su un territorio RUBATO agli ebrei (per la precisione: il 78% del territorio assegnato precedentemente agli ebrei). Tutte queste aree sono state immediatamente rese judenfrei, esattamente come la Giordania 27 anni prima, come neppure la Polonia sotto occupazione nazista era mai riuscita ad essere. Nel 1967, nel corso della guerra scatenata allo scopo dichiarato di “ributtare gli ebrei a mare”, Israele è stato costretto a occupare quei territori e quelli che ci abitavano prima sono tornati a occupare le loro case e coltivare le loro terre. Questa è la Storia, e se suona un tantino diversa dalle storielle della propaganda, si deve andarne a chiedere conto a chi la propaganda l’ha fabbricata.
    Se la situazione è migliorata? In parte sì, grazie alla barriera di difesa, impropriamente chiamata “muro” (di muro c’è non più del 6-7%, soprattutto lungo le strade in cui i cecchini palestinesi sparavano sulle auto in transito, tutto il resto è rete con sensori che segnalano ogni tentativo di infiltrazione) e ai posti di blocco, quei “famigerati” posti di blocco dove, orrore orrore, fermano perfino le ambulanze, salvo dimenticare di dire, i nostri mass media politicamente corretti, quanto volte le ambulanze palestinesi sono state beccate a trasportare terroristi e armi ed esplosivi). Non del tutto, con una popolazione “educata” fin dalla primissima infanzia a odiare gli ebrei (non gli israeliani, non i sionisti: gli ebrei: vedere i programmi televisivi per la prima infanzia per credere. Non c’è bisogno di sapere l’arabo: ebreo si dice yahud, e quello si riconosce).
    Che cosa si può fare? Al momento niente altro che questo. A volte serve l’umiltà di riconoscere che la soluzione al momento non c’è, che nessuno la possiede, e quindi aspettare che qualcosa cambi, che una nuova generazione di palestinesi riesca a sottrarsi al lavaggio del cervello messa in atto dai propri dirigenti e scelga la vita invece che la morte.

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    • Ti ringrazio Barbara per questi preziosi chiarimenti.

      L’unica cosa che mi lascia perplessa è “Israele è stato costretto”: direi piuttosto “Israele è stata costretta”: per me Israele è Aretz Israel, rigorosamente al femminile 😉

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  7. Anche Medinat Israel se non sbaglio è femminile… Di solito cerco di evitare la trappola usando “lo stato di Israele” o evitando gli aggettivi a 4 uscite perché c’è anche chi lo usa comunque al maschile (spero che Deborah non passi da queste parti, se no mi mena), e mi sento sempre a disagio con entrambe le concordanze. Stavolta ha prevalso l’attenzione al contenuto e mi sono distratta dalle trappole…

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  8. Il cortesemente è così fatto che avrei preferito che tu scrivessi che non è propriamente esatto il termine, normalmente usato, di coloni, per questo e quel motivo… sarebbe stato più cortese rispondere così piuttosto che buttare lì un avverbio stizzoso, che non certo fa guadagnare simpatie alla Tua o Vostra causa.

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    • Enrico, ti chiedo scusa io, hai perfettamente ragione, però per chi ci sta dentro ti assicuro che la situazione è così esasperante, e anche così giocata sui termini (che io stessa uso peraltro, perché la mia cultura si è formata qui, in Italia, le informazioni che io ricevo sono prevalentemente italiane o, se non lo sono, si tratta di informazioni lette in altra lingua), che uno alla fine scoppia, e va a finire che scoppia con chi non c’entra niente e le cui intenzioni erano tutt’altro che ostili. D’altra parte, di questo parlammo ad altro proposito, nel post “Minoranze discriminate” e, senza che io vada a rileggere i commenti, mi pare che Valentino abbia ben spiegato come alla fine si reagisca da animali feriti.

      Insomma Enrico, obiezione accolta, hai ragione, anche se capisco che, con il termine “colono”, si sia involontariamente andato a toccare un bottoncino, un tasto dietro al quale c’è una storia di diritti negati, una storia manipolata e di messaggi subliminali che passano anche attraverso l’uso delle parole (per esempio, si è soliti parlare di “territori occupati” anziché “territori disputati”, facendo passare così l’informazione che siano stati – a torto o a ragione – comunque occupati).

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  9. Va bene, lasciamola lì… comunque ho anche postato un piccolo intervento su fb centrato sul termine colono, facendo riferimento al vocabolario Treccani, questo per dire che non necessariamente ad esso può darsi un significato deteriore e univoco.

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  10. Solo una precisazione: il compito che mi sono assunta è quello di fare informazione, e quella faccio, fornendo dati e fatti. Il discorso “simpatia” è quanto di più estraneo ci possa essere a un lavoro di informazione.
    L’avverbio “cortesemente” no, non era stizzoso. Questa replica sì, stizzosa e notevolmente incazzata.

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    • Perché incazzata? Io capisco la tua precisazione sul termine, ma devo dichiararmi d’accordo con Enrico. Qui siamo in un blog, in un salotto tra amici, e i puntini sulle i, per quanto giusto metterli, buttati là in quel modo capisco possano far irrigidire una persona la cui unica intenzione, poi, era di portare un contributo al dialogo.

      Mi dispiace che tu l’abbia presa così, ma davvero, lasciamola così e non fossilizziamoci su questo: siamo tra amici, il sangue guastiamocelo per altre cose!

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    • @Barbara: il tuo articolo ancora non l’ho letto, ho visto il video, e che devo dirti, cose che so.

      Non me la sento di aggiungere altro. Dicono degli Israeliani “Da perseguitati a persecutori”, in realtà si dovrebbe dire “Da perseguitati inermi a perseguitati ancora, materialmente e tramite propaganda, ma con una possibilità di difesa in più”.

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  11. Certo, cose note per noi, ma per quanti altri? Quanto alle “vittime diventate persecutori”, dato che all’epoca di Auschwitz non esistevano gli israeliani è evidente che stanno parlando degli ebrei: salvo poi frignare quando “noi confondiamo” antisionismo con antisemitismo…

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    • E una vecchia storia… c’è una blogger, fieramente filopalestinese, che si è tanto lamentata, non ti dico con quanto sarcasmo, dei controlli israeliani all’aeroporto: tanto gli amici suoi non ne sanno niente di bombe e dirottamenti!

      Io i controlli li ho lasciati fare tranquillamente, ben lieta che fossero così accurati: in fondo, stavano anche proteggendo la mia vita, non ti pare?

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