Terzo racconto

racconto-n-3

aereo (sost.), aereo (agg.), soggezione

Cristina aveva un’ottima scusa per coprirsi la testa con lo scialle: il vento che scendeva dalla montagna era gelido e lei aveva iniziato a tremare ancora prima di uscire da casa. Poi ne aveva un’altra che cercava di negare anche a sé stessa: non era buona cosa farsi vedere sul ponte con un ragazzo, soprattutto se questo era un tuo alunno.

*

Ma in realtà non è che le interessasse molto il giudizio degli altri, come non interessava a lui: erano ben altri i problemi che turbavano quei due ragazzi (ebbene sì, anche lei era una ragazza, sia pure un po’ meno di lui), e non avevano bisogno dell’ulteriore disagio che sarebbe giunto loro da occhiatine, allusioni, mezze frasi, con le quali non avevano la minima voglia di confrontarsi, e non certo per mancanza di coraggio.

Il fatto era che in quel momento le loro energie erano completamente assorbite da un’altra ben più spinosa questione…

*

“Chi glielo dice?” chiese il ragazzo.
“Tu! E’ stata tutta colpa tua!”
“Mia? Ma senti…come se avessi fatto tutto da solo…”
“Vabbe’, è stata anche colpa mia ma devi dirglielo tu”.
“Io…io ho soggezione di lui, non riesco ad affrontarlo”.
In quel momento, proprio sopra la vallata, un piccolo aereo bimotore seguiva il corso del fiume. Dietro di sè trascinava un lungo lenzuolo bianco con una scritta che avrebbe provocato molti pensieri e mugugni:

*

Sul telo troneggava una scritta, a caratteri cubitali e colorati: “Domani, ore 10, grande manifestazione per il
Gay Pride”.

*

I due ragazzi osservarono meravigliati quel piccolo bimotore e la scritta che portava ma il loro stupore fu ancora più grande quando, terminato il rombo del primo aereo sentirono crescere il borbottio di un secondo, leggermente più piccolo ma anch’esso portatore di notizie:
“Domani ore 10, grande contro manifestazione per il Gay Pride”.

*

Cristina aveva convinto il ragazzo al “coming out”, ad affrontare la sua realtà omosessuale con coraggio, e a tener testa al padre che aveva un rifiuto feroce di quella realtà.

Lui le aveva dato retta, e il suo primo passo era stato farsi fotografare col ragazzo che amava ma… ma quel ragazzo aveva reso pubblica quella foto, che ora era stata scelta come emblema della giornata per l’orgoglio omosessuale.

Suo padre, a capo dell’altro corteo, avrebbe dovuto tenere un discorso conclusivo, e ignorava che la sua filippica contro la vergogna omosessuale avrebbe avuto luogo mentre davanti a lui sbandieravano la foto di suo figlio in inequivocabile atteggiamento col suo compagno.

Bisognava assolutamente avvertirlo prima…

*

Cristina alla fine era riuscita a convincerlo. Fabrizio era un ragazzo serio, e voleva bene a suo padre. Era un ragazzo responsabile, e mai avrebbe voluto mettere suo padre in difficoltà, o coprirlo di ridicolo. Ma era gay, e non era disposto a rinunciare a se stesso per le idee ottuse e preconcette di quell’uomo che vedeva nell’omosessualità il demonio.

Ripercorsero il ponte; Cristina, sempre camminando a testa bassa e col capo coperto, gli restò accanto, e lo accompagnò fino alla sede della congregazione per cui lavorava suo padre.

Sudava, balbettava, non sapeva come iniziare il discorso: convincerlo semplicemente a non partecipare alla manifestazione, o quantomeno a non parlare in pubblico, o dirgliene il motivo, una volta per tutte?

Entrò finalmente nell’ufficio del padre, gli occhi bassi e la bocca impastata; il padre alzò gli occhi stupito di quell’insolita visita, ma soprattutto di quell’insolita espressione sul viso.

Stava per dire qualcosa, quando irruppe nella stanza un uomo visibilmente sconcertato, che si rivolse al padre con tono categorico:

“Cammarata, venga subito nel mio ufficio!”

*

Entrando nella stanza del suo superiore, il padre trovò qualcosa che avrebbe cambiato per sempre la sua vita.
Un giornale, una foto che poco lasciava all’immaginazione…
si sedette paralizzato dal dolore.
“Mio figlio!”
Riuscì a dire solo questo, mentre un sorrisino misto a commiserazione era stampato sul viso dell’uomo che aveva di fronte.
“Uno scandalo, inso-ste-ni-bi-le, per la posizione che lei occupa! L’atteggiamento e il comportamento di suo figlio sono inequivocabili! “.

*

“Frocio di merda!” pensò Cammarata. Quante volte l’aveva pensato o anche detto quando si parlava di qualche omosessuale, di qualche apparizione in tv, o in Parlamento, di persone dichiaratamente gay: e ora, suo figlio, il suo unico figlio, sarebbe stato colpito dallo stesso insulto.
Fabrizio tremava quando vide ricomparire il padre, mentre il padre tremava per i pensieri che gli si affollavano nella mente. Rivolse a suo figlio uno sguardo torvo ma, guardandolo… si rese conto all’improvviso che era sempre suo figlio, il suo ragazzo di sempre, il suo bravo figlio di sempre: gli andò accanto, gli sollevò il viso, scosse il capo, e infine lo strinse a sé abbracciandolo forte. “Io sono con te”, gli disse tra le lagrime, poi lo prese e lo condusse davanti alla finestra: guardando lo spazio aereo davanti a sé, disse: “In fondo, devo solo guardare un altro striscione… ”

Davanti al portone del palazzo, Cristina continuava ad aspettare.

41 commenti

41 thoughts on “Terzo racconto

  1. Questo mi sembra di conoscerlo, è il ponte del diavolo! Improvviso…

    Cristina aveva un’ottima scusa per coprirsi la testa con lo scialle: il vento che scendeva dalla montagna era gelido e lei aveva iniziato a tremare ancora prima di uscire da casa. Poi ne aveva un’altra che cercava di negare anche a sè stessa: non era buona cosa farsi vedere sul ponte con un ragazzo, soprattutto se questo era un tuo alunno.

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  2. Ma in realtà non è che le interessasse molto il giudizio degli altri, come non interessava a lui: erano ben altri i problemi che turbavano quei due ragazzi (ebbene sì, anche lei era una ragazza, sia pure un po’ meno di lui), e non avevano bisogno dell’ulteriore disagio che sarebbe giunto loro da occhiatine, allusioni, mezze frasi, con le quali non avevano la minima voglia di confrontarsi, e non certo per mancanza di coraggio.

    Il fatto era che in quel momento le loro energie erano completamente assorbite da un’altra ben più spinosa questione…

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  3. “Chi glielo dice?” chiese il ragazzo.
    “Tu! E’ stata tutta colpa tua!”
    “Mia? Ma senti…come se avessi fatto tutto da solo…”
    “Vabbe’, è stata anche colpa mia ma devi dirglielo tu”.
    “Io…io ho soggezione di lui, non riesco ad affrontarlo”.
    In quel momento, proprio sopra la vallata, un piccolo aereo bimotore seguiva il corso del fiume. Dietro di sè trascinava un lungo lenzuolo bianco con una scritta che avrebbe provocato molti pensieri e mugugni:

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  4. I due ragazzi osservarono meravigliati quel piccolo bimotore e la scritta che portava ma il loro stupore fu ancora più grande quando, terminato il rombo del primo aereo sentirono crescere il borbottio di un secondo, leggermente più piccolo ma anch’esso portatore di notizie:
    “Domani ore 10, grande contro manifestazione per il Gay Pride”.

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    • Pan, sei grande!

      Saltando di palo in frasca, ho creato una nuova categoria in cui vorrei mettere i post più significativi (quelli che fanno un po’ la storia del blog): a te ne viene in mente qualcuno?

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  5. be’…di sicuro il primo che ho letto 🙂
    Mi avevi chiesto se per caso io ero lui sotto mentite spoglie e ti risposi che facevo già troppa fatica a stare nei miei panni. Ma forse questo “non fa” la storia del blog. Devo pensarci.

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    • Mi sa che era quello che si intitolava “La noia”, con l’immagine del bambino che sbadigliava.

      *** Comunque io e il tizio ci siamo riappacificati, al punto che è venuto pure a uno dei raduni ***

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  6. eppero’ non sta mica bene nel bel mezzo dell’intrigante trama mettersi a parlare degli affari di casa! Interessi privati in atti d’ufficio, sono!
    ***stanotte non ci dormo***

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  7. (ma una domanda: ma la signorina che se ne sta semiignuda dentro al cuore con la scritta SOLA, qui giu’ giu’ giu’, vorrei sapere:

    è sola (meglio sola che malaccompagnata)
    sola (quelle che di solito tira la fanciulla)
    je l’hanno tirata la sòla (mejo ‘na sòla che tutta la scarpa)?
    Fateme sape’, che anche con questa cosa dormo poco.

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  8. Sei dissacrante! Comunque il titolo originale recitava “Alone”, quindi è sola nel senso meglio sola che male accompagnata.

    Ma ha detto “la sora strolaga”. che quest’anno ho un sacco di pianeti che transitano in non so quale casa, che tradotto in soldoni significa che aprirò gli occhi e mi accorgerò di qualcuno che probabilmente ho già accanto, ma io continuo con la storia dei supplì…

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  9. Cristina aveva convinto il ragazzo al “coming out”, ad affrontare la sua realtà omosessuale con coraggio, e di tener testa al padre che aveva un rifiuto feroce di quella realtà.

    Lui le aveva dato retta, e il suo primo passo era stato farsi fotografare col ragazzo che amava ma… ma quel ragazzo aveva reso pubblica quella foto, che ora era stata scelta come emblema della giornata per l’orgoglio omosessuale.

    Suo padre, a capo dell’altro corteo, avrebbe dovuto tenere un discorso conclusivo, e ignorava che la sua filippica contro la vergogna omosessuale avrebbe avuto luogo mentre davanti a lui sbandieravano la foto di suo figlio in inequivocabile atteggiamento col suo compagno.

    Bisognava assolutamente avvertirlo prima…

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  10. Cristina alla fine riuscì a convincerlo. Fabrizio era un ragazzo serio, e voleva bene a suo padre. Era un ragazzo responsabile, e mai avrebbe voluto mettere suo padre in difficoltà, o coprirlo di ridicolo. Ma era gay, e non era disposto a rinunciare a se stesso per le idee ottuse e preconcette di quell’uomo che vedeva nell’omosessualità il demonio.

    Ripercorsero il ponte; Cristina, sempre camminando a testa bassa e col capo coperto, gli restò accanto, e lo accompagnò fino alla sede della congregazione per cui lavorava suo padre.

    Sudava, balbettava, non sapeva come iniziare il discorso: convincerlo semplicemente a non partecipare alla manifestazione, o quantomeno a non parlare in pubblico, o dirgliene il motivo, una volta per tutte?

    Entrò finalmente nell’ufficio del padre, gli occhi bassi e la bocca impastata; il padre alzò gli occhi stupito di quell’insolita visita, ma soprattutto di quell’insolita espressione sul viso.

    Stava per dire qualcosa, quando irruppe nella stanza un uomo visibilmente sconcertato, che si rivolse al padre con tono categorico:

    “Cammarata, venga subito nel mio ufficio!”

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  11. Scusatemi,
    ma si parlava di Roma, e visto che domani è il giorno in cui passa San Germain da quelle parti, se qualcuono lo vedesse Vi chiedo cortesemente di salutarmelo con tanto affetto.
    Grazie

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    • Ti riferisci al commento scomparso? In caso affermativo, mi ero sbagliata post, avendo utilizzato la funzione “replica” nella bacheca dei commenti.
      Ora è stato messo al suo posto, a “sans paroles”.

      *** Per la cronaca, Arthur è stato avvisato dello sfruculiamento, ma pare abbia optato per la tattica del non intervento ***

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  12. Certo che se le romane sono tutte tremendisie come te, altro che aver paura… bisogna scappare a gambe levate ma, a tutto c’è un ma e anche le tremedisie, se prese dal verso giusto, possono essere domate… oops, ho detto domate?

    Mannaggia, l’ho detto!

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  13. Entrando nella stanza del suo superiore, il padre trovò qualcosa che avrebbe cambiato per sempre la sua vita.
    Un giornale, una foto che poco lasciava all’immaginazione…
    si sedette paralizzato dal dolore.
    “Mio figlio!”
    Riuscì a dire solo questo, mentre un sorrisino misto a commiserazione era stampato sul viso dell’uomo che aveva di fronte.
    “Uno scandalo, inso-ste-ni-bi-le, per la posizione che lei occupa! L’atteggiamento e il comportamento di suo figlio sono inequivocabili! “

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    • Thank you darling! Ora sto uscendo, appena torno sistemo il post: intanto penso a un seguito… tanto mi pare di aver capito che le giornate di Artù siano ancora più lunghe… A proposito, tu che studi le stelle e i pianeti, considerando la lunghezza delle sue giornate, possiamo risalire al pianeta da cui proviene…

      Tempi di rotazione di Giove? E di Marte?

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  14. “Frocio di merda!” pensò Cammarata. Quante volte l’aveva pensato o anche detto quando si parlava di qualche omosessuale, di qualche apparizione in tv, o in Parlamento, di persone dichiaratamente gay: e ora, suo figlio, il suo unico figlio, sarebbe stato colpito dallo stesso insulto.
    Fabrizio tremava quando vide ricomparire il padre, mentre il padre tremava per i pensieri che gli si affollavano nella mente. Rivolse a suo figlio uno sguardo torvo ma, guardandolo, si rese conto all’improvviso che era sempre suo figlio, il suo ragazzo di sempre, il suo bravo figlio di sempre: gli andò accanto, gli sollevò il viso, scosse il capo, e infine lo strinse a sé abbracciandolo forte. “Io sono con te”, gli disse tra le lagrime, poi lo prese e lo condusse davanti alla finestra: guardando lo spazio aereo davanti a sé, disse: “In fondo, devo solo guardare un altro striscione… ”

    Davanti al portone del palazzo, Cristina continuava ad aspettare.

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    • Ma no, perché? Ammetto che sia stato troppo precipitoso far passare il padre dall’essere un paladino dell’omofobia alla comprensione e accettazione totale; magari parlando con Cristina ci spiega cosa gli è passato per la testa in quella manciata di secondi, e nel frattempo ci trova pure qual è il contrario di solitudine, che con la storia ci potrebbe pure entrare.

      Tanto mica abbiamo fretta… siamo in tanti, un giorno o l’altro a qualcuno un’idea geniale verrà, fosse pure l’anno prossimo 🙂

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