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Anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti

manifesto lega

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Se c’è una categoria di persone che non sopporto è quella dei passivi.

Quasi quasi preferisco i delinquenti, che si espongono, si prendono le loro responsabilità e non pretendono di essere diversi.

Forse era addirittura meno peggio il nazista che credeva nella razza ariana del connazionale indifferente, che ha lasciato, voltando il capo dall’altra parte, che il male fosse fatto.

Meglio persino chi ci ha lucrato, che almeno non ha la pretesa storica di non essere l’infame che è, rispetto a chi ha mandato la gente alla tortura e alla morte perché non erano fatti che lo riguardavano, e oggi pretende di essere innocente.

Oggi il problema sono gli extracomunitari. Pardon, oggi il problema è il razzismo.

Oggi il problema è la recrudescenza di sentimenti disumani; oggi, il problema, sono tutti quelli che attaccano gli extracomunitari.

Manifesti come quello che vedete qua fanno vergognare di stare al mondo, ma forse non sono abbastanza immondi da indurci a reagire e a dissociarci coi fatti.

Oggi hanno arrestato lo stupratore seriale che a Roma negli ultimi tempi ha seminato il panico: peccato, è italiano, se fosse stato rumeno sarebbe venuta meglio.

Ma noi dimenticheremo questo particolare, e da domani gli stupratori d’elezione torneranno ad essere i rumeni (ma vanno bene anche gli africani).

Sul blog di Elena un lettore ha portato questa sua testimonianza:

Cara Diemme. Non confondiamo quelli che rubano perché vedono in questa una sorte di diritto comune per coloro che sono poveri. E da l’altra parte i disperati che vogliono avere una vita dignitosa ma (per vari motivi) non ci riescono.

Il “tuo ladro” che hai raccontato non entra nel negozio per un pacchetto di wafer. Di sicuro. Esso ruba scarpe firmate, semmai. Come vedi, sono ladri e ladri. Compresi quelli che si trovano nel alto.

Cara Elena. Non pensare minimamente che il mio atto di furto è stato una cosa gradita da me. Ci sono situazioni critiche nella vita. Situazioni dove non c’è nessuna scelta.

Avevo due settimane da quando mi trovavo in Italia. Arrivato pieno di speranza avrei scoperto subito che le apparenze ingannano.

C’è stata una persona a procurarmi un contratto di lavoro. Per l’Italia. Nella mia ingenuità avevo chiesto cosa avrei dovuto prendermi con me per il nuovo lavoro che mi aspettava. “Niente – mi ha risposto – ti daranno tutto loro. Semmai uno spazzolino ed il dentifricio.”

Povero me, avessi non creduto, che menzogna. Partito con i miei vestiti sopra e 30 $ in tasca. Ho lavorato per due settimane con i stessi vestiti con quale ero venuto. I dollari li avevo speso per mangiare e detersivo. Non conoscevo la lingua, non avevo amici. Lavoro, mangiare, dormire. Lavoro, mangiare dormire.

Quella sera. Passavo per una delle strade di Pisa.
Davanti me si affaccio uno di quelli cassonetti di Caritas. Un paio di borse avvicinate. Piene di vestiti. Puliti, stirati. Il pensiero peccaminoso. La possibilità di avere dei scambi. Il demonio mi diceva di prendere una delle borse. La paura di essere visto da qualcuno mi tratteneva. Ho preso una qualsiasi e sono scapato. LADRO, mi suonavano e parole nella testa. LADRO. Correvo e piangevo. “ECCO COSA SEI ARRIVATO”. “HAI VOLUTO ITALIA, L’OCCIDENTE, E PER QUESTA SEI ARRIVATO A RUBARE”. Un paio di vestiti. Li stringevo a petto. Non sapevo nemmeno se mi andranno bene. Ma consideravo di non aver scelta. I jeans con quale ero venuto erano quasi rotti. I soldi non li avevo ancora.

Sono passati anni. La memoria no. Vorrei che vi mettesse entrambe a posto mio. Pensare alla situazione. E vorrei che mi dite che ho sbagliato.

Dante direbbe:

“Ben se’ crudel, se tu già non ti duoli pensando ciò che ‘l mio cor s’annunziava; e se non piangi, di che pianger suoli?”

Non voglio aggiungere altro, se ce ne fosse bisogno, significherebbe che sto parlando a chi non è in grado di recepire. Oggi l’emergenza è il razzismo. Oggi, quello che voglio dirvi è: “Ricordatevi di difendere gli extracomunitari”.

Ricordatevi che non fare del male non basta, se si permette che altri lo facciano.

Ricordatevi che il “dagli all’untore”, reso forte dall’ignoranza e impunito dall’indifferenza, ha disegnato le pagine più vergognose della nostra storia.

Ricordate di non permettere che nessuno faccia del male a un nostro fratello, che voltarsi dall’altra parte significa assecondare e avallare il comportamento dei boia. Lo so che avete paura, lo so che abbiamo paura, ma non è una grande scelta morire ogni giorno divorati dalla paura.

Oggi l’emergenza può essere pure la criminalità, che va combattuta con indice di tolleranza zero, ma è anche l’extracomunitario, che va aiutato, difeso e tutelato.

La verità, tremenda, è che il male è banale. Banale come la vita che scorre al di là del filo spinato dei lager, banale come il vicino di casa, bravo ragazzo che prende una tanica di benzina a da fuoco all’immigrato senza casa che dorme all’aperto, banale come gli impiegati che vogliono le ronde, banale come quelli che se ne fottono se il mare si mangia i disperati. Banale come il fatto che quelli della Lega hanno uno sulla poltrona di ministro dell’Interno perché tanti, troppi, i lager li vogliono. Eccome se li vogliono.
Viviamo tempi terribili, segnati dalla paura e dall’indifferenza. La paura genera mostri, l’indifferenza rende normale e banale il male. (Maria Matteo)

Ho finito. Per oggi.

L’ultima parola

suicidio

L’avevi detto che l’avresti fatto e, come al solito, non ti hanno dato ascolto.

Si accorava mia figlia, piangeva di come ti trattavano.

Ma loro, tronfi come sempre, convinti della ragione che da soli si danno, hanno continuato, con alterigia e indifferenza, a calpestare ogni tuo desiderio e ogni diritto.

Volevi morire nella tua casa, lo dicevi e non ti ascoltavano: lei aveva deciso di venderla, lei che, come suo figlio, va in giro per il mondo con scritto in fronte “Faccio quello che mi gira per la testa, senza rispetto per niente e per nessuno”.

Lo dicevi e mia figlia piangeva, tornava a casa e si accorava. “Nonna ha deciso di vendere casa, nonno ha chiesto in ginocchio di non farlo. Piangeva nonno, ma a loro non importa niente”.

Diceva a sua moglie “Ti prego, voglio morire in casa mia!“, ma lei niente.

Come al tuo compleanno, volevi spegnere la candelina sulla torta. Ma lei te l’ha negato, diceva che un vecchio di ottant’anni è ridicolo se spegne la candelina, e ti sei ricomposto, triste, nel tuo angolo.

Lì dovesti abbozzare, ma stavolta hai vinto tu: hai aperto la finestra e via, per una volta l’hai avuta tu l’ultima parola.

Sei l’unica persona di quella famiglia che amavo e apprezzavo.

Chissà se è vero che Dio non perdona i suicidi, ma tu non sei un suicida, tu volevi vivere.

Solo, volevi vivere a casa tua. Avresti aspettato con calma e serenità la fine dei tuoi giorni: a casa tua.

Sono contenta che questa volta abbia vinto tu. Pregherò per te ogni giorno della mia vita.

Non ho idea di come dirlo a mia figlia.

Non telefonate, ve ne prego.

***

Ma quanno è vivo nu’ lo fate piagne’.
E nun je fate inacidije er core.
E lassate li sassi a le montagne.

(Da “La scoperta dell’America“, Cesare Pascarella)