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A chi intestiamo la casa?

Ho trovato un post in cui una donna di 34 anni, con lavoro precario, si lamentava che il suo compagno non intendeva permetterle di partecipare all’acquisto della casa in cui vivere insieme, che lui avrebbe pagato e che lui si sarebbe intestato.

Naturalmente la maggior parte delle risposte erano favorevoli a lui, l’amore è bello finché dura, certe decisioni vanno ponderate e non prese con gli occhi a cuoricino, se tu non contribuisci che cosa pretendi, lui fa bene a tutelarsi.

L’hanno definita una questione di semplice buon senso, e magari oggi anche la mia risposta sarebbe stata tale, non comprerei più in comune neanche una scatola di fiammiferi, figuriamoci un appartamento, ma è vero pure che oggi sono una persona sola e inasprita che non crede più a niente, e che nell’altro non vuole investire neanche lo sforzo di alzarsi ad andargli ad aprire la porta nel caso bussasse, ma la vita coniugale non è questa, le basi di una vita coniugale non sono queste, la gioia, la progettualità comune, la voglia di costruire una famiglia non sono queste.

Altri rispondevano sostenendo lei, ma con argomentazioni anch’esse decisamente pragmatiche, simili nello spirito a quelle di chi sosteneva lui: che t’importa, tanto tra un po’ farai figli e comunque finisca la casa rimane a te e male che vada, anche senza figli, fino a che dura la convivenza avrai un tetto sulla testa senza avere sborsato un centesimo e senza aver pagato l’affitto.

Quanta tristezza in questi discorsi! Purtroppo l’esperienza degli ultimi decenni ci ha portato a farli, le coppie scoppiano, e quando si finisce in tribunale ci si azzanna in modo tale che davvero si stenta a credere che quelle persone un giorno si siano amate. E’ proprio vero che, come i fratelli si riconoscono nell’eredità, le coppie, i membri della coppia intendo, si conoscono nella separazione!

Grazie al cielo di persone perbene ne esistono, di persone che si lasciano civilmente ce ne sono, ma di gente che si ritrova in mutande pure ce n’è tanta, troppa, e troppo spesso non se l’aspettava.

Una sola voce fuori dal coro, una che diceva che con il proprio marito aveva sempre diviso tutto, che quello è lo spirito del matrimonio, che non sarebbe stato accettabile per lei che uno qualsiasi dei due fosse inquilino in casa dell’altro, ed è proprio questo il punto.

Il problema sono le basi della vita insieme. E’ vero, una può prendere una batosta anche grossa, ma in genere chi è la persona si vede e comunque, se si decide di sposarsi, uno mette nelle mani dell’altro la propria vita, altro che mezza casa! Consideriamo anche che “Il mio è mio, tu, pezzente, tieniti il niente che hai!” può essere un’arma a doppio taglio. A me è successo, io e il mio futuro marito dovevamo comprare casa a metà, la cercammo per lunghi mesi insieme, gli accordi erano che lui avrebbe pagato la metà in contanti, io avrei preso e pagato il mutuo per la restante metà. Poi però lui ebbe una piccola eredità e disse che non era il caso di pagare gli interessi sul mutuo (ai tempi erano il 23%!), che eventualmente lui li avrebbe anticipati e poi io li avrei ridati a lui. Purtroppo però alla fine tirò fuori la carta della sfiducia, ci sposiamo e non me li dai più, quindi pago io e me la intesto io (e vi assicuro che lo disse in modo molto ma molto poco carino). Oggi qui lo stanno chiamando buon senso, io lo chiamo costruire una casa senza fondamenta. Piansi calde lacrime per questa esclusione dalla casa coniugale e tornando indietro, francamente, non lo sposerei. Poi, come Dio volle (perché di incerto mica c’è solo la buona fede della sposa), lui cadde in disgrazia e io feci carriera, lui si ritrovò ricoperto di debiti di cui non volli sapere nulla: gli ributtai in faccia quello che mi aveva fatto, il mio è mio e il tuo e tuo, secondo lui io senza cacciare un soldo avrei voluto casa sua, oggi lui con le pezze al sedere che pretendeva da me? Venditi la casa e pagati i buffi con quello! Mi è stato duro non aiutarlo, perché il mio istinto sarebbe stato quello di mettere tutto a disposizione, e poi alla fine un po’ l’ho aiutato lo stesso, mi faceva troppa pena, ma quello che è fatto è reso: comunione non hai voluto, comunione non hai avuto.

Ripeto, io oggi non condividerei nulla ma, per lo stesso principio di sfiducia, neanche mi sposerei, e mi pare più coerente, perché matrimonio e sfiducia di base non mi pare possano essere un buon inizio e costituire solide basi di una vita insieme.