Vita a termine

Donna
Fascia d’eta 40-60
A chi resta

“Mi dispiace signora”.

Qualcuno pensa che fare il medico sia un lavoro di prestigio, e forse lo è, ma a loro capita anche questo, e ce ne ho visti andare in analisi.

Capita, di avere un paziente, e a un certo punto vedere qualcosa che non va.

Come me lo dirà?

“Signora, deve morire”? No, non può dirmelo così, e poi, che senso avrebbe, tutti dobbiamo morire, il discorso è un altro.

“Signora, deve morire entro breve”, Entro breve. Dimmi il massimo, voglio sapere il massimo, voglio sapere quanto tempo ho, rendermi conto quante cose ci devo inzeppare, e dimmi pure se mi reggeranno le forze, se perderò l’autonomia.

Dimmi se toccherò il fondo.

Invece non me lo dici. Cominci a impappinare tutte quelle boiate sui progressi medici, le cure sperimentali, i tentativi che faremo…

A un certo punto ho un moto di tenerezza, quasi quasi ti vorrei consolare: non deve essere facile il tuo lavoro, non vorrei proprio essere nei tuoi panni.

E così morirò, un paio d’anni mi dici, e non so se stai mentendo, non se se è la visione ottimistica, o quella realistica, se mi stai alimentando le speranze, se la stai raccontando a te, oppure a me.

Esco, e già so che non lo dirò a nessuno. Crudele farli trovare all’improvviso davanti a una situazione inaspettata? Ma non sarebbe più crudele che io dovessi sopportare atteggiamente pietistici, innaturalmente accomodanti, che mi ricordassero ogni momento che sto lì per poco, che questo non è più il mio posto? Che non faccio più parte di chi gioca ad andare avanti, a lottare per un futuro, a preoccuparsi della crisi, dell’inquinamento e della Borsa?

Che quando mi verrete incontro, mi accontenterete, non sarà per giustizia, non sarà per amore, ma per una sorta di doloroso dovere, e io dovrò sapere che gioco oramai in serie B, o C, o altro, che mi lascerete solo le partite facili?

No, io non ve lo dirò. Voglio vivere una vita normale, a tutti i costi, e pazienza se poi piangerete su qualche torto che, sapendo, forse non mi avreste fatto.

La mia risposta:

Deve essere stato freudiano che avevo pubblicato questo post senza la mia risposta. E che si risponde a una persona che ti dice “Sto per morire, e non voglio dirlo a nessuno? Voglio vivere i miei ultimi giorni, o mesi, o anni, senza vedere atteggiamenti pietistici accanto a me.” Che dirti? Che hai ragione.

Io ho quasi sempre visto dare la notizia ai parenti, i quali mantenevano il segreto nei confronti del diretto interessato, il quale non sapeva nulla di se stesso, ed era costretto a sopportare atteggiamenti compassionevoli, sguardi d’intesa tra “chi sapeva”, senza che gli venisse riconosciuto il diritto primario e inalienabile di gestire la propria vita.

Ero troppo ragazzina all’epoca per ribellarmi, ma avrei gridato a tutti “Ha  un tumore, non un ritardo mentale!”. 

Io credo che non abbiamo una cultura della ciclicità della vita. A te e ai tuoi cari, dedico queste parole, scritte da una mia amica per un nostro amico blogger: “Imparare a dirsi addio“.

26 commenti

26 thoughts on “Vita a termine

  1. sono senza fiato, mi sento un nodo stringere alla gola.
    Una mia amica, la mamma di un amichetto di mio figlio, una giovane donna di quarant’anni è malata di leucemia, e il dolore lo leggo negli occhi del marito quando lo incontro con i figli, la disperazione di tutta una famiglia, la paura e l’impossibilità di poter fare qualcosa.
    Spesso ho fatto venire il figlio qui da noi per giocare per cercare di dimostrarle la mia solidarietà.
    Purtroppo ci dimentichiamo spesso di quanto è brutto questo dolore impotente che all’improvviso entra nelle case e nelle vite delle persone per lasciare ferite incancellabili.
    Ti rendi conto di quanto sia precaria e fragile la vita, ma allo stesso tempo, forse quasi in maniera crudele, ti accorgi di quanto è importante e di come spesso ci si dimentica del suo valore, della sua bellezza.
    Si vive progettati nel futuro quando invece si dovrebbero vivere gli istanti, le giornate nei loro piccoli momenti di gioia.

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    • Se capitasse a me, forse l’istinto sarebbe comportarsi come la persona di questo post: non so se poi però avrei la forza di continuare a lungo, di fronte a tante persone che ti assillano, ti pilottano, snervano, la voglia di gridar loro in faccia “Ho due soldi di vita, lasciatemela vivere in pace!” sarebbe veramente tanta, e forse irrefrenabile.

      Comunque, vedere in faccia la morte fa ridiscutere le proprie priorità. Forse.

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  2. sicuramente le priorità cambiano,
    ed è anche vero che le persone intorno a volte diventano asfissianti, tant’è che la mia amica mi disse che non accettava le telefonate o le persone che le dicevano fatti forza, coraggio, o cosa simili,
    però mettendomi nei panni di chi prova solo ad immaginare cosa sia quel male che ti divora dentro, quel dolore che lascia senza prospettive, posso capire la voglia di essere in qualche modo presente

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    • Io credo che proprio perché la vita ci sfugge bisogna e si desidera viverla alla massima espressione, senza sentirci trasformati in patetici simulacri.

      Per quanto mi riguarda, io vorrei essere viva fino all’attimo prima di morire, ma viva a tutto tondo. Mi ricordo con tenerezza mia nonna che, nel letto dell’ospedale in cui stava per finire i suoi giorni, appizzando l’orecchio a una visitatrice della vicina di letto che dava una ricetta di pasta con la ricotta, riuscì a indignarsi perché non era la vera ricetta, e si faceva in tutt’altro modo.

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  3. Difficile commentare il post. Molto difficile.
    Soprattutto quando la nostra cultura occidentale antropocentrica non ci consente di fare propri concetti come quelli di ciclicità e universalità, propri della cultura orientale.
    Vorre solo dire alla persona che ha scritto nel confessionale che – per esperienza diretta, legata a disavventure di un mio familiare – le cure sperimentali a volte funzionano.
    E che la medicina sta davvero facendo passi da gigante, giorno dopo giorno.
    Ripeto, parlo per esperienza diretta.
    Al mio caro in questione, se solo la malattia l’avesse colpito pochi anni fa, non avrebbero dato speranze.
    Abbi fede, fiducia e comunque speranza.
    Non mollare!

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    • @Kalos: io credo nella ciclicità e universalità, ma questo nulla toglie alla vita interrotta.

      Nelle cure invece ho abbastanza fiducia: le guarigioni, miracolose e non, esistono eccome.

      Purtroppo, non sono al 100%, ma pensare in positivo è già metà della cura.

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  4. è triste che queste riflessioni sulla precarietà, sulla fragilità della vita si fanno solo in certi momenti, ma forse è giusto anche così, altrimenti si vivrebbe male,
    solo che spesso viviamo distratti e incuranti del dolore altrui

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    • @Aurora: beh, qui la protagonista non sta riflettendo sulla precarietà della vita, ma sulla sua qualità. Io credo sia un suo diritto.

      Un mio amico ha fatto questa scelta, i figli l’hanno scoperto alla sua morte, avvenuta per altri motivi, che era in chemio. C’è gente che non vuole vedere la compassione nello sguardo altrui, e non mi sento di darle torto.

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  5. Non trovo parole, nè le ho mai trovate !
    Una persona, a prescindere dall’ età, è un mondo complesso, un mondo immenso che coinvolge tantissime altre persone . E quando ‘scompare’, non è un singolo essere vivente che segue il ciclo naturale ‘vita-morte’, ma un intero mondo che ‘svanisce per sempre’, una infinità di ricordi non più condivisibili, voci che non udiremo più su questa terra, sorrisi scomparsi, “nomi così dolci ormai”, tutto se ne va lasciando in noi la consapevolezze che nulla tornerà più come prima !
    Nò, non riesco a trovare parole !
    Solo un pensiero, talvolta mi risolleva quel tanto che mi consente di ‘riprendere a vivere’ : nulla muore, muta soltanto !

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    • Caro Bruno, io mi sento più vicina al pensiero di Kalos. Alla ciclicità della vità ci si penserà dopo, ora pensiamo a guarire, e a viverci la vita al massimo livello possibile.

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  6. Purtroppo ho vissuto in diretta la morte di mio marito a causa di un tumore. Aveva 42 anni e sapeva, perchè glielo hanno detto i medici, che la sua vita sarebbe terminata nel giro di pochi giorni.
    Ed i giorni dal momento del ricovero in ospedale per accertamenti a quello della morte ne sono passati 44.
    Da quello della “sentenza” all’ultimo respiro 10
    La sua disperazione era senza fine…
    Non voleva andarsene perchè aveva troppe cose in sospeso con la vita …
    E noi già disperati perchè sapevamo che se ne sarebbe andato per sempre, lo eravamo ancor di più vedendo la sua rabbia e la sua disperazione…
    Ci diceva no, che non voleva morire, che non potevamo lasciarlo morire perchè c’era troppe cose da fare, avrebbe voluto vedere i ragazzi crescere e studiare, essergli vicino nella oro adolescenza, aveva paura che da sola non ce la potessi fare a raggiungere i traguardi che ci eravamo prefissati…
    E’ morto lucido, perchè le metastasi lo avevano devastato, ma hanno lasciato intatto il cervello, ma è morto disperato, con la consapevolezza di morire e mettendosi anche nell’ultimo istante, le mani nei capelli e scuotendo la testa per dire no…

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    • Cara amica,

      una testimonianza forte questa tua, e purtroppo condivisa. Una mia amica, che ha vissuto la stessa situazione che però si è trascinata per un periodo più lungo, è di quelle fieramente avversa al mio pensiero che la persona interessata debba sapere: sostiene che non si può gettare una persona in quella disperazione, che se tornasse indietro mille volte farebbe quello che ha fatto, nascondere tutto, negare a oltranza, anche davanti alla più eclatente evidenza.

      Una sentenza così fulminea, come è stata per tuo marito, non ha tempo di essere metabolizzata, non dà tempo per ripianificare la vita. Quando si lasciano i figli, quando si lascia chi amiamo e sappiamo avere bisogno di noi, la disperazione non dà tregua eppure…

      …eppure, mentre leggevo di tuo marito, pensavo a quelli che dalla famiglia se ne vanno volontariamente, a chi rinuncia a vedere i figli crescere per libera scelta, a chi abbandona la propria compagna in difficoltà, lasciandola da sola a portare avanti la famiglia, senza neanche fornire sostegno economico; se pensiamo poi che a volte il motivo dell’allontanemento non è la bionda di turno, ma il rifiuto di un figlio disabile, di impegni o addirittura rovesci e via dicendo, possiamo immaginare la mancanza di sostegno quale tragedia possa essere e quali scenari possa aprire.

      Io non so quanto possa esserti stato di conforto il fatto che tuo marito non vi avrebbe lasciato mai volontariamente, e con quanta forza sarebbe voluto restare accanto a voi: io penso a quelle donne e a quei figli che oltre alle difficoltà oggettive devono convivere col pensiero dell’abbandono.

      Io mi ricordo, e scusami se vado fuori argomento ma per me è stato immediato associare il ricordo di quella donna questo, di una mia amica il cui padre lasciò la madre con quattro figli per accompagnarsi a un’altra donna che aveva già figli di suo. Mi racconta della povertà (da cui solo un fratello era riuscito a riscattarsi) che avevano sofferto, della disperazione di sua madre, che spesso si traduceva in nervi a fior di pelle e scatti continui con i figli.

      Il padre era benestante. Una volta, passammo con la macchina vicino alla casa dove lei sapeva che il padre abitava: mi chiese una deviazione per passare sotto casa sua, scese, sbirciò dal giardino: lui stava tranquillamente nel giardino della sua villa, circondato dai figli dell’altra. Scoppiò a piangere, e tornò chiedendomi di allontanarmi in fretta. Pianse per tutto il viaggio di ritorno. Continuò a combattere la sua battaglia con il bisogno economico mentre lui aveva provveduto a una sistemazione per i figli dell’altra donna, completamente dimentico dei propri.

      Quando lui fu in fin di vita, lei corse al suo capezzale, e poi da me. Mi disse “Pensi che dovrei perdonarlo?”. Io le risposi “Io penso di no” ma lei corse di nuovo ad abbracciarlo, in ginocchio davanti al suo letto e poi torno da me dicendomi: “L’ho amato troppo, e avevo troppo bisogno di lui”.

      Io spero, cara amica, che ti abbia sostenuto nell’andare avanti e crescere i tuoi figli l’amore che quest’uomo vi portava, e il fatto che mai per libera scelta vi avrebbe lasciato.

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  7. Diemme sono d’accordo,
    la compassione quando è di circostanza è un peso da gestire e da vivere ma quando è sofferta partecipazione di chi ti ama e ti stà vicino e che realmente vorrebbe fare qualcosa credo sia inevitabile

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    • E’ inevitabile, per questo la nostra amica ha deciso di non dire niente: perché non vuole stare male e, non potendolo evitare, vuole dimenticarsene quanto più possibile: lo stuolo di compassionevoli amici parenti e conoscenti glielo impedirebbe anche con un semplice sguardo.

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  8. Ho sempre pensato che io vorrei sapere, che non è giusto dire ad altri e privarsi della gioia se anche rimanesse un solo giorno di viverlo come un sogno facendo cose che per vari motivi non abbiamo mai osato fare!
    Mi piange il cuore veramente, e mi sono resa conto che nel mio blog, il 6 Agosto 2009 pubblicavo un post “Per sempre nel mio cuore” dedicato a tutti gli amici della mia età o più giovani che non ci sono più…
    lo riporto qui.

    Ai miei amici…per sempre nel mio cuore…

    Katia, Diana, Fabio, Carlo, Maurilio, Miriam, Cosimo

    so che non ci siete più almeno qui su questa terra, ma vi sento così vicini, e oggi più di altri giorni sento il bisogno di dedicarvi il mio pensiero…sono triste…mi mancate tantissimo…mi mancano tutti quei momenti bellissimi che abbiamo condiviso, i sorrisi, le lacrime, i giochi, i segreti…ho così bisogno di abbracciarvi di nuovo, di guardare negli occhi di ciascuno di voi, di dirvi quanto vi voglio bene e quanto è vuota la vita senza voi…le lacrime scendono, anche se gli anni sono passati almeno per alcuni di voi…ma mi mancate così tanto…e mi fa rabbia sapere che ho i vostri stessi anni ma che sono ancora qui…avrei voluto raccontarvi i miei momenti di felicità, avrei voluto che conosceste mio figlio, che per una sera e tante sere fossimo di nuovo usciti per ridere e fare pazzie come in passato…avrei voluto chiedervi un consiglio nei momenti di dubbio e ascoltare ogni vostra parola…mi basterebbe il vostro abbraccio alzare il telefono e chiamarvi per sapere che ci siete ma non posso non so come fare…non posso più farlo…

    vi voglio bene…per sempre…con tutto il mio cuore

    kate

    A chi a scritto questa confessione posso solo dire che la vita per quanto ne posso sapere è un salto nel buio per tutti noi ma spesso i miracoli avvengono e spesso il miracolo più grande è quello di non avere paura di raccontarsi a chi ci è vicino perchè è un conforto che non ha prezzo.
    Non si può vivere privandosi di tale conforto pensando che gli altri ne soffrirebbero, perchè ne soffriranno in ogni caso, ma resteranno con l’amaro in bocca di non aver condiviso con te questa vita fino in fondo.

    Un bacio e un abbraccio fortissimo chiunque tu sia…ricorda che in ogni caso sei una di noi!

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    • @Kate. Sì, può essere un conforto condividere un problema di questa portata, ma come tutte le cose una persona deve sentirsela: non esiste il giosto e lo sbagliato in sé, ma quello che calza più o meno ai nostri sentimenti in un determinato momento.

      Un bacio a te e… sì, è una di noi.

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  9. E’ un ‘mondo intero’ che scompare ed a questo non c’ è rimedio !
    Nò, ‘diemme’, anch’ io sono convinto che c’ è un tempo per vivere e un tempo per morire, e mentre trascorre il primo la speranza, la fiducia nei mezzi della Scienza ( mai scontati, a volte improvvisi e ‘miracolosamente risolventi’ ! ), l’ inarrestabile desiderio di guarire, non devono mai abbandonarci .
    Condivido anch’ io questo sentimento e maggiormente lo condividono i cari intorno alla persona che lotta .
    Verrà comunque, ahimè, il tempo di morire : sani o malati, verrà !
    Ma sarà quello il momento ( è la mia più forte convinzione “extra Fede” ! ) che ci accorgeremo di non averli perduti, mai !

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    • @Bruno: io credo profondamente nell’aldilà, e ho conosciuto anche alcune persone che, in forma astrale, riescono a contattare chi non è più tra noi. Certo, non sono esperienze “scientificamente dimostrate”, ognuno ha il proprio personalissimo rapporto con quello che c’è oltre questa vita, se c’è.

      Io voglio crederci.

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  10. Si, ci ha sostenuti il sapere che non ci abbia volontariamente lasciati, ma questo non è stato sufficiente…
    Poco ci consola il fatto che i traguardi che ci eravamo prefissati siano stati raggiunti e che quindi abbiamo esaudito quelli che erano i suoi desideri, la sua disperazione ed il nostro senso di impotenza dinnanzi ad essa è più forte di tutto: ha lasciato un segno indelebile nei nostri animi…
    Un abbraccio

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    • @TestardaMente. Come dicevo a Bruno, io credo nella vita oltre la vita. Ricordi la persona di cui parlai mi pare proprio in risposta al tuo precedente commento, che ha nascosto fino all’ultimo al marito la sua condizione?

      Be, quando, credo una quindicina di anni dopo la figlia si è sposata, parlando in Chiesa lei le ha detto del padre che, ne era sicura, era stato loro vicino in tutti quegli anni e non li aveva mai abbandonati: io ero in Chiesa, e ti assicuro che in quel momento si è sentita la presenza fisica del padre entrare in Chiesa e benedire la figlia. E’ stato un momento di forte commozione, forse di autosuggestione, chi può dirlo: certo è che l’abbiamo sentita tutti, con un’indescrivibile commozione. Fatti coraggio, sono sicura che lui è lì con voi, e che ha vagliato sul raggiungimento dei vostri traguardi.

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  11. “Certo, non sono esperienze “scientificamente dimostrate” ! Può essere, ‘diemme’ se ti riferisci alle ‘sedute spiritiche’, in genere cialtronerie per gente disperata .
    Ma riflettendo attentamente sugli esperimenti e sulle teorie di Albert Einstein, ed in particolare sull’ assunto “Nulla si crea, nulla si distrugge”, è scientificamente provato che “Nulla muore veramente, muta soltanto in ‘altra forma’ di energia” .
    Quale tipo di energia ? Dove ?
    Con molta probabilità in altre cariche di energia di tipo ‘elettromegnetico” ( è questa la mia confutabilissima opinione ! ) che, come tutte le cariche di questo tipo, permangono nel ‘campo gravitazionale’ . Tenendo presente che queste ‘cariche’ si attraggono o si respingono, non escluderei ( o almeno, non lo potrei escludere ‘scientificamente’ ! ) che talune ‘cariche’ ( alcuni esseri viventi ) possano in determinate situazioni attrarle, avvicinandole !
    La Fede risolve il mistero, ovviamente ! E fortunato chi ce l’ ha !
    Ma anche rimanendo nel ‘mistero delle cose’, non è ingannevole percepire in noi, talvolta, la presenza, seppur accoratamente breve, di chi non c’ è più !

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  12. ognuno ha una tragedia da portare con sé, purtroppo, la mia è minore di molte di quelle che ho letto, ma ricordo con strazio la malattia di mia nonna e il tacito accordo degli adulti che (con il dissenso di mia madre) non le dissero nulla

    ho sempre pensato che mia mamma avesse ragione, e personalmente vorrei sapere tutto e non dire nulla, come la persona della confessione, vivere al massimo i miei ultimi giorni su questa terra, senza il peso della compassione altrui

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  13. “vivere al massimo i miei ultimi giorni su questa terra, senza il peso della compassione altrui”

    Sì, @Frà, convengo con te ! Anch’ io, vorrei finire in quel modo !

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