Figli, nipoti della Shoà e Giornata della Memoria

Mentre si disquisisce se si debba chiamare “Giorno” o “Giornata”, visto che siamo nell’era delle questioni di lana caprina, con un’attenzione spesso virtuosistica alla forma piuttosto che alla sostanza, mi chiedo… mi chiedo tante cose.

La mia domanda di sempre è che senso abbia, cioè, ok, bisogna conservare la memoria affinché ciò che è stato non si ripeta mai più, ma mi chiedo: io vedo ancora non solo tanto razzismo ancora in giro, ma soprattutto tanta ignoranza sui fatti della Shoà. Ogni tanto fanno qualche intervista a campione, e tanta gente a momenti non sa neanche chi sia – sia stato – Hitler e allora, fosse pure dal mero punto di vista nozionistico, direi che queste giornate, che diventano troppo spesso una dolorosa ma sterile narrazione di orrori, hanno fallito completamente il proprio obiettivo.

In secondo luogo, più che la narrazione degli orrori, io credo che sarebbe più utile analizzare come si è arrivati a tanto, a livello politico, con nazioni civili  che hanno seguito la follia nazista, ma anche a livello personale, come il fratello abbia potuto vendere il fratello, il compagno di scuola, il vicino di casa, quali dinamiche umane abbiano portato a comportamenti inimmaginabili di cinismo e ferocia.

In terzo luogo, ma lo sa il mondo cosa significhi essere figli e nipoti della Shoà? E i figli e nipoti della Shoà, riescono a immaginare come sarebbe stata la loro vita se non lo fossero? Se non fossero stati cresciuti da persone traumatizzate? Se non avessero respirato nell’aria, bevuto col latte materno, quel dolore represso, muto e ciononostante tonitruante e incessantemente lacerante?

Abbiamo parlato in altre occasioni di Rosita Zarfati, una bambina di otto anni veliterna deportata nel campo di sterminio di Auschwitz, ma non vi ho parlato di quella bambina nata dopo la guerra, che sarebbe stata sua sorella, Loredana.

Quando finì la guerra i perseguitati tentarono di guardare avanti e continuare a vivere, all’apparenza ci riuscirono pure e la maggior parte, per lunghi anni, non ne parlò.

Poi qualcuno, dopo tanto tanto tempo, iniziò a parlare, perché lo ritenne un dovere sia nei confronti di chi non ce l’aveva fatta, sia delle nuove generazioni che dovevano sapere per evitare che l’orrore si ripetesse, ma non è di questo che voglio parlare.

Un giorno qualcuno andò a bussare alla porta dei parenti di Rosita Zarfati, spiegando che stava facendo una ricerca sull’accaduto. A mano a mano che le vicende e i sentimenti personali venivano alla luce, la sorella di Rosita, quella nata dopo la guerra dal nuovo matrimonio del padre, ha raccontato di avere, solo allora, d’un tratto, acquisito la consapevolezza del macigno che il padre si era tenuto in cuore tutti quegli anni.

Lei lo capì in quell’occasione, io non l’ho capito mai. Ho avuto un rapporto terribile con i miei genitori e non ho mai capito che razza di inferno si portasse in cuore mio padre. Ho realizzato solo allora, con le parole di Loredana, di essere stata cresciuta da un uomo sconvolto, un uomo la cui anima urlava un dolore indicibile, inenarrabile, inconsolabile.

Non è stato facile vivere dopo la Shoà, non è stato facile per i sopravvissuti, non è stato facile per gli ex perseguitati, ma credetemi, non è facile – anche se ovviamente non paragonabile – neanche essere figli e nipoti della Shoà.

4 thoughts on “Figli, nipoti della Shoà e Giornata della Memoria

  1. Sì la giornata della memoria è per non dimenticare e ricordarsi che basta poco per indurre nazioni civili a seguire l’onda del fanatismo e a metterci in guardia per questo. Io personalmente ho paura, ho paura perché temo che la memoria serva fino a un certo punto tanto che ci sono alcuni che negano che lo sterminio sia successo…
    Poi penso ai siriani e Nigeriani in fuga e ai “lager”( perché questo sono) a Lesbo dove i profughi vengono detenuti, in Grecia, nella civilissima Europa nel 2023 e mi chiedo dove è la memoria. La memoria che celebriamo è di quei campi, di quelle atrocità ma è come una foto, di una cosa successa e sembra lontana. Quello che si dovrebbe ricordare è il presente, che rigenera quello che ricordiamo. Ricordiamo quello che è successo ma non dimentichiamo il presente, sono cose che sono successe e che stanno succedendo. Ricordiamo i morti ma non dimentichiamo i vivi, il bagaglio di terrore che ha lasciato e ancora lascia…

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