Matrimonio e condivisione di pene affanni.

non esistono famiglie perfette

Come ho già avuto modo di raccontarvi la mia azienda ha deciso di chiudere i battenti. Quello che sarà la nostra sorte non si sa, le voci che si rincorrono sono tante, ma le chiacchiere stanno a zero e, come si suol dire, “carta canta villan dorme”.

Un mio collega mi racconta che alla prole – adulta – non ha detto nulla: io mi sono comportata diversamente ma, insomma, sono scelte. Quello che mi ha sconvolto è che quest’uomo non abbia detto nulla neanche alla propria moglie, e io mi sono messa nei suoi panni (della moglie intendo) e mi sono chiesta: se mio marito stesse per perdere il lavoro, se la sua azienda stesse chiudendo e non mi dicesse nulla, come la prenderei?

Francamente, molto male. Male non dico al punto che lo lascerei, almeno in prima istanza, ma secondo me verrebbe meno l’amore da parte mia, perché mi sentirei di stare condividendo la mia vita con un estraneo di cui non so nulla. Certo, non stiamo parlando mica di un’altra donna e di altre azioni – dipendenze, gioco d’azzardo etc. – più facilmente classificabili come turpi e inaccettabili, ma siamo una famiglia, come puoi nascondermi una cosa del genere? Che poi, se uno ha preoccupazioni di questo tipo, facilmente ha la testa da un’altra parte, e io ti devo vedere distratto, deconcentrato, nervoso, e non sapere nulla delle reali cause di questo? Può andare bene per un giorno, che ti è successo un fatto e non ti va di raccontarlo, ci può stare, ma per mesi e mesi e mesi, tenere nascosto che razza di bomba sta scoppiando, secondo voi è normale?

Gli ho detto che io non lo avrei mai accettato e lui, oltre a ribadire il suo concetto che secondo lui io sono fatta per stare sola, ha affermato che ognuno di noi ha un lato oscuro, quello che io con un’espressione più poetica chiamo “il giardino segreto”: su questo sono d’accordissimo, e guai se non fosse così, ma una spada di Damocle che ti ondeggia sulla testa come quella della perdita del lavoro, può essere considerata un segreto lecito? Se non condividi con me una situazione di questa portata, e che comunque coinvolge tutta la famiglia, ma di che stiamo a parlare? Ricordo una mia amica, nelle stesse identiche condizioni lavorative, che ne parlò con il marito il quale consolandola le disse: “Non ti preoccupare, mi hanno offerto un secondo lavoro, pensavo di rifiutarlo perché non ne avevamo bisogno, vorrà dire che lo accetterò così intanto una toppa ce l’abbiamo messa”. ABBIAMO messa. Ecco, lui il secondo lavoro l’avrebbe rifiutato, ma SAPENDO che la moglie stava per perdere il primo ha deciso diversamente. Ritardare a dare certe notizie – a casa mia hanno lo stesso vizietto, con la scusa di “proteggerti” e di “non farti preoccupare” -significa fare trovare l’altro più impreparato, spesso messo con le spalle al muro, con il margine di manovra ridotto a zero.

Certo, non si può prevedere il futuro, l’uomo propone e Dio dispone, ma se uno questo futuro già lo conosce, o comunque già si stanno delineando degli scenari, secondo me prima si sanno le cose meglio ci si regola per le decisioni future.

Io continuo a pensarla nello stesso modo, se mio marito non condividesse con me una notizia del genere mi sentirei trattata come un’estranea, e probabilmente anche il sentimento ne risulterebbe compromesso: non è questo il rapporto che voglio, fa presto lui a dire che sono fatta per stare sola, io penso piuttosto che non sono fatta per le compagnie fasulle, non m’interessano due estranei appiccicati insieme con lo sputo, di una relazione ho tutt’altro concetto, e voi? Come vi regolereste in un’evenienza del genere, sia nei panni del marito che della moglie?

52 thoughts on “Matrimonio e condivisione di pene affanni.

  1. La confidenza e la complicità di coppia sono fondamentali quanto l’amore. Certe cose coinvolgono la vita di tutta la famiglia e non si devono nascondere per nessun motivo. Il mio matrimonio è naufragato anche per questi motivi.

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  2. Beh, bisognerebbe capire perché lui non ha intenzione alcuna di riferire nulla alla moglie. Vedi DM, sai benissimo che non tutte le donne sono delle sante (come non lo sono gli uomini d’altronde) e potrebbe darsi che si trovi ad avere a fianco una moglie pronta a mollarlo alla prima difficoltà. Tante donne hanno fatto dietrofront alla perdita di lavoro del marito sottraendo la prole con la scusa dell’indigenza dell’uomo. Personalmente la vedo così, cioè che se non ha voluto condividere un momento così difficile è perché forse ci sarà una ragione di fondo. Ognuno sa che aria si respira dentro casa e non tutti hanno la capacità di mollare la propria moglie perché superficiale, falsa, attaccata alle apparenze.
    Spero di sbagliarmi. Però è il mio punto di vista.

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    • Si, perché due persone non si sposano per interesse. O almeno così dovrebbe essere. Se io moglie mollo mio marito non appena perde il lavoro, che razza di donna sono se baso l’assenza del legame esclusivamente sul fattore economico? Ok, perderò gli agi, niente più vacanza e casa al mare. E allora? Che problema c’è? Personalmente sarei la prima a ridurre le spese personali, a partire dall’abbigliamento per finire ai divertimenti. Ma io sono stata educata così, per cui mi viene facile ragionare in questo modo. Ci sono persone invece che non sono abituate al sacrificio ed alla prima difficoltà mollano tutto.

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    • Anch’io sono stata educata così, e ne sono felice: l’unica unione che concepisco è quella che vede le persone unite in salute e malattia, in ricchezza e povertà, sostegno l’una dell’altra, con a cuore unicamente la felicità dell’altro e la tutela della famiglia.

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    • Ti racconto un fatto. Ero piccolina e mi ricordo che ci capitò una spesa improvvisa. Ricordo che la notte, prima di addormentarmi, mi arrovellavo il cervello per capire come avrei potuto aiutare la mia famiglia. Pensavo che avrei dovuto rinunciare, di li a poco, alle patatine che mi facevo comprare quando andavo a fare la spesa con mamma per evitare che quelle mille lire venissero sprecate per nulla. Mi dicevo che i soldi che mi regalava mia nonna mi sarebbero serviti per le spese personali (che poi si riducevano ai calzini, alla gonnellina, alla penna per la scuola) e cercavo di capire come incidere il meno possibile sulla famiglia. Ecco, se uno c’è abituato, una situazione di precarietà riuscirà ad affrontarla bene. Ma se non è abituato…

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    • Forse con i figli bisogna usare un po’ più di cautela, e agire anche secondo l’età, un bambino non può essere caricato d’ansia e bisogna trovare il giusto equilibrio tra il renderli partecipi della vita familiare e non caricare sulle loro spalle problemi più grandi di loro, ma con un coniuge è un’altra cosa, un coniuge è un compagno di vita, e che capperi!

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    • Si, è un compagno di vita. Tu stessa spesso mi hai raccontato (sulla base dei miei post, molto spesso ricchi di rabbia) che molti uomini preferiscono un certo tipo di donna perché più semplice da gestire. Quando hanno dinnanzi a loro la persona onesta, fedele, se la danno a gambe levate, perché non alla loro portata (gli uomini, di queste donne qui, ne hanno paura, perché in un certo senso “superiori”). Poi, a conti fatti, si rendono conto dell’errore quando in situazioni come queste si ritrovano dinnanzi ad un bivio.

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    • Sì, anche a me è venuta in mente l’eventualità della mancanza di santità della moglie, per cui lui avesse ritenuto prudente non dare a lei ulteriori motivi per andarsene per conto suo… anche questa è una possibiità.

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    • Il fatto è che a come è messa la legge oggi c’è una grossa possibilità che lui rimanga letteralmente per strada oltre a perdere la casa. Per cui una persona va cauta col dire le cose.

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    • Purtroppo la legge parla chiaro. In caso di separazione viene meno uno degli elementi essenziali del matrimonio, ossia la coabitazione. Uno dei due deve andare fuori per dare atto proprio alla separazione. Se così non fosse si potrebbe incorrere in una denuncia di elusione fiscale che vede la separazione come uno dei modi con cui fregare il fisco.
      Se non ci sono minori, la casa rimane a chi ne è proprietario e, in caso di comunione, viene venduta e il ricavato viene diviso fra gli ex coniugi. Ma se ci sono minori la casa non si tocca perché al suo interno vengono collocati i figli. Pur essendo oramai noto che l’affidamento dei figli (in caso di separazione) è congiunto, poiché la collocazione rimane nella residenza familiare entra in gioco un altro principio, non legiferato ma adottato dalla gran parte dei giudici: la “maternal preference”. Si presume che i figli siano collocati presso la madre, genitore con cui si instaura un particolare rapporto che lega i minori a questa figura affettiva. E se la collocazione è nella residenza familiare e la maternal preference la via scelta in giudizio, dimmi, secondo te, a chi viene assegnata la casa coniugale?

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  3. Il discorso secondo me è questo: se lui ritiene di trovare con buone probabilità in tempi brevi un’altra occupazione, può anche omettere (solo per motivi di delicatezza, per non far preoccupare la moglie) di raccontare quel che è successo, ciò per un tempo limitato, oltre il quale, se la sua speranza è stata delusa, deve assolutamente dirlo. Credo comunque che informarla subito costituisca la scelta migliore, solo con l’unica possibile deroga nel caso che ho indicato sopra.

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    • Mah, io direi che a maggior ragione se c’è la possibilità di trovare a breve un’altra occupazione c’è ancora meno motivo di non condividere. Io, quando il mio ex tornava col muso lungo e non sapevo cosa avesse, non la prendevo bene e mi sentivo allontanata, e un passo oggi un passo domani alla fine si diventa estranei.

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  4. Non so. Io proprio in questi giorni ho ricevuto (per il momento sono solo parole, non fatti concreti) una proposta lavorativa sulla carta molto allettante che per contro però molto probabilmente mi costringerebbe ad abbandonare la libera professione a fronte di un impiego in una struttura pubblica, con stipendio più che decoroso ed orari umani. Ma abbandonare questo posto qui, mio, con tutto quello che rappresenta per me, dove lo stipendio è sì una chimera ma in cambio ho un sacco di altre soddisfazioni non è una cosa semplice da fare.
    Ed ho la sensazione che se condividessi la notizia con la consorte mi incollerebbe una biro tra le dita, poi mi taglierebbe il braccio e con quello andrebbe a firmare subito qualsiasi pezzo di carta che le mettessero davanti.
    A parte le battute, per lei il pagamento mensile della rata del mutuo rappresenta ogni volta una preoccupante incognita, e so per certo che vedrebbe esclusivamente, la tanto sospirata tranquillità economica come unico elemento da prendere in considerazione e pertanto mi metterebbe in croce.
    E allora, per il momento, almeno fintanto che non ci saranno sviluppi concreti, sbaglierò ma questa cosa me la tengo per me.

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    • La situazione che prospetti è molto complessa, e oserei dire che certe scelte dipendono anche dall’età. Ora, cercherò di non farmi condizionare da informazioni personali che ho grazie all’amicizia extrabloggica, e farò un discorso di tipo generale: una persona che mette su famiglia dovrebbe pensare in primis al benessere della famiglia, a costo di sacrifici personali (che dovrebbero essere spontanei e non snaturare troppo la persona, altrimenti diventa controproducente, perdere se stessi è la cosa peggiore che possa capitare). Dicevo, dipende anche dall’età perché una persona giovane magari può assumersi rischi diversi e dare una concreta possibilità ai sogni di gloria, ma quando a una certa età abbiamo dato a questi sogni tempo sufficiente per capire come butta – e non butta -, bisogna anche fare scelte responsabili. Mio padre fece la scelta del posto pubblico pur senza che mia madre gli mettesse in mano la biro, e ha sempre rimpianto la libertà: oserei dire che è, non so se da voi si usa questa espressione, “morto di pizzichi”. Sull’altro fronte noi familiari quel tempo non lo rimpiangiamo affatto e la nuova stabilità ci ha dato una serenità che prima ci sognavamo. Difficile valutare, difficile scegliere ma, d’altra parte, è proprio la vita ad essere difficile: è più egoistico l’atteggiamento di chi ti vuole mandare contronatura per garantirsi un benessere, a costo di avere accanto un uomo con le ali tarpate o quello di una persona che fa affrontare alla famiglia sacrifici non necessari in nome della propria libertà? Io non so risponderti, e chissà se una risposta giusta esiste.

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  5. Condivido in pieno il tuo pensiero però bisogna vedere che tipo di moglie o marito uno si ritrova. In una situazione di amore reciproco tutto va condiviso senza eccezioni.

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  6. Quando nella Coppia viene a mancare il dialogo, il confronto, la stima reciproca, la sincerità, il rispetto..il sostegno reciproco verso un’unica meta… secondo me il Matrimonio non può vivere e crescere… perché non nutrito.
    Meglio rimanere soli, per non tradire se stessi e anche l’altro.
    Il Matrimonio secondo me…non è un affare, una convenienza…
    Ma è una “Relazione” di Amore, Verità, Attenzioni reciproche….nella “buona o cattiva sorte”.
    E un Crescere insieme,..con fiducia e fedeltà…cercando di essere il più possibile: NORMALI!

    Buona serata!
    Nives

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    • E’ che probabilmente la nostra è teoria, poi nella pratica spesso – anche se per fortuna non sempre – è tutt’altro, e la condivisione è proprio la cartina al tornasole del tipo di rapporto che due persone hanno instaurato.

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  7. A prima impressione sono perfettamente d’accordo con te, però….
    Io, come sai, non ho marito (né moglie!), ma quando a 44 anni ho avuto un tumore al seno non l’ho detto ai miei genitori, entrambi allora sopra i 70, mio padre in precarissima salute e mia madre energica e intelligente, ma nevrotica, ansiosa, ossessiva,,, Ho pensato che se andava bene (come poi grazie a Dio è andata) avrei risparmiato loro un’angoscia terribile e anche pericolosa a una certa età, e a me stessa un’inframmettenza continua da parte loro e insieme una mia preoccupazione per loro che non avrei tollerato, e che mi avrebbero distratto dalle cose e dalle scelte da fare: la mia vita e la mia morte erano l’unica cosa veramente mia che avevo. Se fosse andata male (cioè, anzitutto, se si fosse rivelata necessaria una chemioterapia, impossibile da nascondere), allora glie lo avrei detto.
    E tuttavia so che qualcosa è trapelato (forse perché sono figlia di un medico, e l’ambiente è chiacchierone), e che mia madre è rimasta, appunto, offesissima della mia scelta. Io però ho continuato a comportarmi come se questa vicenda non esistesse, e a negarla se interrogata. Perché a quel punto ha offeso me la pretesa di voler per forza scassinare una mia vicenda personalissima, che ritengo sarebbe diventata necessariamente “di famiglia” solo se avesse avuto conseguenze più gravi.

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    • Cytind, il rapporto con un genitore non è lo stesso che con un compagno: il primo non ce lo scegliamo, il secondo sì, il primo non è paritario neanche quando si diventa adulti, il secondo sì. o almeno dovrebbe. Non sei la prima a nascondere alla propria madre di stare male, una mia amica col tuo stesso problema la prima volta aveva fatto l’errore di dirglielo, e malediceva il giorno che l’aveva fatto perché non ce la faceva a sopportare pure la madre disperata e a dover pensare a consolare lei invece di essere consolata: io questo lo capisco, ma la coppia è un’altra cosa, e soprattutto la perdita del lavoro non ha implicazioni emotivamente devastanti come una malattia che potrebbe anche avere esito infausto.

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  8. Hai ragione, non è una scelta facile, ma al momento preferisco tenermi per me tutti i se ed i ma, anche per non illudere inutilmente, che al di là delle tante parole non c’è nulla di certo. E se mai qualcosa si concretizzerà probabilmente la condivisione in famiglia sarà l’unica strada percorribile.

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  9. Quindi, secondo quel signore ( Un amico ? Spero di no ! … ) Tu saresti fatta per stare sola ???
    Quanta faciloneria ….solo perché Tu dai al concetto di famiglia il giusto significato, saresti una donna immarcescibilmente votata alla solitudine ???
    E’ esattamente il contrario, mia cara amica : se una famiglia esiste, e non è solo di facciata, allora le cose devono avvenire come hai spiegato Tu !
    Ps : spero di esser stato chiaro … ancorchè la mia tragedia, devastante e innaturale, mi impedisce di esserlo !

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    • Caro Cavaliere, non ho voluto parlare in pubblico della tragedia che ti ha colpito sia perché non sapevo come la pensassi in proposito, sia perché il dolore è una cosa privata e per un dolore come il tuo non ci sono parole; forse solo il silenzio può aiutare, l’abbraccio forte a quanti restano che ci ricordano che la vita è sacra, anche quella che non c’è più. Ricorso un “santino” che mi mostrò una ragazza, era la foto di sua sorella prematuramente morta. C’era scritto pressappoco: “Signore, non sappiamo perché ce l’hai tolta, ma grazie per avercela donata per tutti questi anni”.

      Di fronte a un lutto così grande, un dolore che dire devastante è dire poco, c’è chi trova una Fede che non aveva e chi invece perde quella che aveva sempre avuto. Io spero che tu posso trovare conforto in quelle vite che vanno ancora avanti, e che la speranza di riabbracciare i nostri cari non ci abbandoni mai.

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  10. Grazie Diemme … e per la tua sensibilità, e per la tua pazienza ad accogliermi qui !
    Io ???
    La fede non ce l’ ho, ed è cosa notoria nel web … ma non dispero, e se fosse quella la sola strada da percorrere per riabbracciare la mia amatissima figlia, ebbene la percorrerò fino in fondo, da Cavaliere Errante … fino alla morte !

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  11. Grazie … Ing. Dienderre : in effetti si tratta di un dolore mostruoso e insopportabile, ma, come ho già scritto, nè sono l’ unico padre ad aver dovuto seppellire la propria ( amatissima ) figlia, e neppure, purtroppo, sarò l’ ultimo !
    Piuttosto, sul tuo lavoro rifletti attentamente : essere un Ingegnere professionista è una tua conquista, e mantenere questo ‘status’ non è cosa da poco !
    Quanto alla brava Diemme che sta perdendo il lavoro, le auguro che la sua bravura professionale, la sua disponibilità, la sua onestà, la sua abilità a reinventarsi …. sono qualità che dovrebbero aiutarla a superare il momento difficilissimo !

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  12. Diemme … amica mia, sto imparando a vivere col cuore spezzato, anche se ogni tanto devo fermarmi poichè mi manca il respiro : allora alzo gli occhi al cielo e sussurro, come mi hai insegnato Tu … “Grazie, Signore, per avermi donato Francesca … sia pure per così poco tempo” ! ❤

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  13. Tu come vai ???
    Se avessi avuto accanto un uomo degno di questo nome, lui, tenendoti stretta a se, ti avrebbe detto : “Non preoccuparti … Diemme, con la tua abile professionalità, con la tua onestà, con la tua capacità raradi rimetterti sempre in gioco, NON tarderai a trovare un nuovo lavoro … ed io ti aiuterò” !

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  14. Sono questioni delicate. E’ facile dire “il matrimonio è questo, deve essere così, ecc.” Ogni situazione vale per sé stessa.
    Io non parlo mai di lavoro in casa e non condivido le mie ansie lavorative. Le poche volte che l’ho fatto, l’ho sempre fatto in chiave ironica, per raccontare qualche fatto tale da riderci sopra.
    Poi molto dipende anche da come si parla delle cose: se la si mette giù tragica oppure fiduciosa. Uno stesso problema, a seconda di come lo si pone, può essere percepito in modi diversi.
    In sintesi: se perdessi il lavoro ne informerei subito la famiglia, per mettere sotto a sgobbare la mia metà! 😀

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    • Se è tragica uno la mette giù tragica, se è fiduciasa si mette sul piatto la fiducia: ia a mia figlia mica gliel’ho trasmessa in maniera angosciante, ho esaminato tutto il ventaglio di possibilità, però mi pare giusto che lo sappia e che si dia una regolata, e soprattutto che la faccia dare al padre (e non aggiungo altri commenti perche l’insulto sul web è considerato reato).

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  15. La famiglia è condivisione, nel bene e nel male. Cavolo! Se non dici un cosa del genere cosa racconti, solo barzellette?
    Io non avrei più troppa fiducia, anche se potrei pensare che lo fa per proteggere…ma insomma, la verità è sempre la migliore strada, dove porta porta.

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    • La penso esattamente come te: poi dicono che le famiglie si sfasciano… e ci credo, se si condividono solo le barzellette è molto facile incrociare qualcuno che ne sa una più carina!

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