Nessuno è forte da solo

ohana-significa-famiglia

Giorni fa riflettevo sul perché del male di vivere, di questa mia stanchezza, fisica ed esistenziale e che, proprio in questi giorni, mi è capitato di riscontrare anche in altri; mi chiedevo come facessero i nostri genitori, nonni, bisnonni etc. ad avere molta più forza di noi, nonostante delle condizioni oggettive decisamente meno favorevoli rispetto alle nostre.

Ho messo a fuoco che la chiave di volta è la famiglia: famiglia significa che nessuno è mai solo, nessuno viene lasciato indietro, abbandonato, che ognuno si sente supportato e il peso di qualsiasi problema non è mai sulle spalle di uno solo: e mi dite poco!

Noi, invece, siamo soli. Liberi, indipendenti, diciamo noi, e invece soprattutto soli. Non costruiamo rapporti, mandiamo all’aria matrimoni per sciocchezze, oppure per  cose gravi che nessuno si dà la pena di evitare o di risolvere. Anche per questo le generazioni più giovani sono spesso rappresentate da figli di genitori separati, tutti presi dal “rifarsi una vita” piuttosto che pensare a quelle che hanno messo al mondo.

Siamo soli. Da 40, forse 50 anni a questa parte l’infelicità è palpabile, il peso della vita ci schiaccia, ci hanno illuso che la pillola della felicità fosse il Prozac piuttosto che il vicino di casa, un amico, una sorella, un prete.

Senza contare le famiglie ormai sempre più numerose con figlio unico, che non sanno neanche cosa significhi avere un fratello o una sorella, e già stiamo sperimentando di conseguenza generazioni che, oltre che senza fratelli, sono senza cugini e senza zii.

Siamo soli. Ci hanno trasformato in jene per sopravvivenza, col modello americano degli obiettivi da raggiungere “a qualsiasi costo”, e il “tengo famiglia” ci ha reso la coscienza più elastica, o l’ha direttamente atrofizzata. Gli eroi, gli idealisti, sono quasi ridotti col piattino a trascinare la propria stanchezza di vivere in un mondo che non gli appartiene, e anche se per piattino intendo un piattino metaforico, sempre più spesso diventa anche materiale.

Oggi – anzi da un po’ – esiste “lo psicologo”: con tutto il rispetto per la professione, quanto è triste dover pagare qualcuno per essere ascoltati! Perché, spesso, è a questo che si riduce, e chi non può pagare soffra in silenzio, muoia o azzanni per sopravvivere!

E poi, perdonatemi se ci aggiungo una nota che non c’entra niente, anche questo accidente di referendum che sta creando tra la gente, anche amici stretti e persino parenti, delle fratture insanabili (il che dimostra, tra l’altro, quanto siamo anche idioti) ha contribuito a colmare la misura.

Riprendiamoci gli affetti, recuperiamo l’empatia, facciamo uno sforzo per metterci sempre, sempre nei panni dell’altro, e ricominciamo daccapo, possibilmente dalla famiglia, quella del “tutti per uno, uno per tutti”: il nostro fardello sarà più lieve se qualcuno ci aiuterà a portarlo, e noi a nostra volta ci sentiremo più utili agli altri a condividere il loro.

Non siamo nati per vivere soli: il fatto che nasciamo da due esseri, e che a un altro essere ci dobbiamo unire per procreare, non è forse già un segno?

Rileggo questo post, e mi sembra persino retorico, ma tant’è che la gente continua ad essere sola, accanita, agguerrita, aggressiva, infelice, e il consumismo degli affetti, il “mors tua vita mea“, sembrano essere più imperanti che mai.

Fermiamoci.

Fermiamoci e ricominciamo.

robin-williams-la-cosa-peggiore

33 thoughts on “Nessuno è forte da solo

  1. E si crea un circolo vizioso, perché si vanno a cercare attenzioni virtuali che hanno l’effetto dirompente di isolarci sempre di più.
    Mi rendo conto di essere talvolta eccessivo, ma è anche questo che intendo quando dico che la libertà è troppo soffocante: vorrei, invece, avere più vincoli, soprattutto affettivi e sentimentali.

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  2. Carissima, hai ragione nell’indicare i limiti odierni dell’istituto familiare come elemento di fragilità.
    Però ti posso dire, per esperienza personale (di uno che ha 7 fratelli ed altrettanti da parte della moglie, quindi con una discendenza della quale sto perdendo il conto), che le motivazioni delle solitudini che si avvertono sempre più spesso non sono solo quelle della rarefazione dei riferimenti familiari, piuttosto, secondo me, del modo differente di rapportarsi e del sempre minor tempo che vien dedicato a cercare, coltivare e sviluppare rapporti umani che non abbiano mere e precise finalità. Forse nelle comunità paesane ciò si verifica in misura minore, perchè opportunità di socializzazione ce ne sono, però dipende sempre da un atteggiamento di apertura e disponibilità che non tutti hanno, magari perchè presi e affannati dal rincorrere proprie mete personali.
    Ma il tema è aperto, si potrebbe dire molto altro, tanto per cambiare anch’io oggi sono di fretta.
    Un abbraccio ed il mio incoraggiamento a coloro che ne hanno bisogno!!

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    • Caro Sergio, è vero che se si ha una famiglia questo non significa che sia automaticamente supportante, ma almeno la possibilità c’è! Ho anche chiarito qua e là che parliamo di famiglie che difendono certi valori, che si sostengono, il cui motto sia “tutti per uno uno per tutti”, genitori che non si separino per sciocchezze e profondano impegno nel mantenere sana e integra la famiglia ma, nel caso la separazione sia inevitabile, continuino a essere genitori e ad agire per il benessere dei figli anziché ritenersi giovinetti senza impegni che devono “vivere la propria vita”.

      Famiglie da non prendere come esempio sono sempre esistite, figli che abbandonano i genitori per esempio, o che buttano tutto sulle spalle di un unico fratello/sorella e/o che si scannano per l’eredità col cadavere del proprio padre o della propria madre ancora caldo, ma qui io ho voluto intendere “famiglia” nell’accezione più positiva del termine, quella famiglia il cui scopo è essere un rifugio confortevole per i suoi membri, cui dare conforto e sostegno, nutrimento materiale e spirituale.

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  3. Ho una sorella che si è trasferita lontano e che grazie ad un compagno “un po’ orso” vedo solo se prendo un aereo e la raggiungo. Mi manca.
    Ho i miei genitori, ma ora sono io a seguire loro.
    Mi mancano le mie amiche e mia sorella.
    Eppure l’unica cosa che mi tiene in piedi è l’essere sola. Non posso “abbassare la guardia”, quando sarò vecchia non avrò una famiglia che si occupa di me.
    Tutto questo è molto triste a pensarci

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    • Io ho un fratello che si è trasferito lontano, e una sorella che ci si trasferirà. Mio padre l’ho perso, è mia madre non è in buone condizioni, ma non mi tiene in piedi l’essere sola. Non ce la faccio più, non ce la faccio proprio più, e sono stufa di questo mondo che mi considera tanto forte e sempre in grado di farcela. A volte vorrei farla finita per dimostrare al mondo che non è vero che ero forte, e che anch’io avevo bisogno d’aiuto, anch’io avevo bisogno di chi mi porgesse una mano.

      Sono sfinita.

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    • Ehi! La sensazione incazzosa legata al fatto che ci considerano forti, tanto da reggere qualsiasi cosa, la capisco e condivido.
      Alza la voce e fai sentire che sei sfinita. Dillo. Piuttosto ad un’amica o su un blog
      Non so quanto puoi contare sui tuoi fratelli. Io purtroppo non ho mai potuto contare sulla mia. È sempre stata qualcuno di cui occuparsi.
      Ho la fortuna di qualche amica.
      Ma in fondo in fondo conto solo su di me.

      Farla finita… no. Per favore, non fare scherzi!

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    • Magica, i miei con me ci hanno giocato come con un punching ball, hanno fatto il braccio di ferro per vedere quanto resistessi. Sono uscita dalla mia adolescenza già sfiancata. Ce l’avrei pure fatta, ma un “piccolo incidente” quando avevo appena 29 anni mi ha messo ko. Da allora è stata tutta sopravvivenza, vivo una vita non mia in un corpo non mio e no, non farò scherzi, non credo, l’amore di madre è superiore a qualsiasi stanchezza.

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    • Incredibile come le persone che abbiamo più vicino, spesso sono quelle che sanno farci più male no?
      Vorrei scrivere cavolate tipo “quello che conta è accontentarsi delle cose di ogni giorno” oppure “l’importante è. quello che hai dentro, non una bellezza stereotipata” e crederci. Mi spiego meglio… ad un certo punto la vita prende una direzione che non abbiamo deciso noi e volenti o nolenti quello ci tocca. Infilamoci l’armatura migliore che abbiamo ed affrontiamo tutto quello che incontriamo per la strada. Cerchiamo di essere belle come siamo… pur sapendo che tutto sarebbe molto più semplice potendoci permettere di essere semplicemente belle ed ottenere tutto senza fatica.
      Ma vuoi mettere la soddisfazione?
      😉
      Un abbraccio.
      Ps: capisco l’umore nero e la sensazione negativa, ma ti leggo da tempo volentieri. E l’immagine che ho di te è quella dell’erica, fiorisce quando il clima è “difficile”

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    • Io ho un fratello che si è trasferito lontano, e una sorella che ci si trasferirà. Mio padre l’ho perso, e mia madre non è in buone condizioni, ma non mi tiene in piedi l’essere sola. Non ce la faccio più, non ce la faccio proprio più, e sono stufa di questo mondo che mi considera tanto forte e sempre in grado di farcela. A volte vorrei farla finita per dimostrare al mondo che non è vero che ero forte, e che anch’io avevo bisogno d’aiuto, anch’io avevo bisogno di chi mi porgesse una mano.

      Sono sfinita.

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    • Già! Io, per certi versi, l’ho avuta in quella di origina (ma non nei miei confronti, come ho avuto modo di rispondere a magicamente), e poi… decisamente non sono stata fortunata, avevo tante belle carte ma m’ha fregato lo spirito da crocerossina: ah, si potesse vivere due volte, davvero cercherei un uomo che pensasse a me piuttosto che uno bisognoso che io pensassi a lui!

      Mi rimane però nella mente e nel cuore quel modello di famiglia, tutti per uno e uno per tutto: se hai una famiglia, non hai mai perso la partita della vita, qualunque cosa tu abbia fatto!

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    • Io ho avuto modo di rendermene conto, purtroppo, negli ultimi mesi di vita di mia madre, vissuti in ospedale. Gli amici vanno e vengono, passano per un saluto, ma chi è rimasto vicino eravamo io e mio padre. Punto. Se hai una famiglia, hai costruito qualcosa nella vita, qualcosa di importante che ti accompagnerà fino alla fine ❤

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  4. Quasi come rafforzativo, questo tuo commento un pò preoccupante è pure uscito due volte.
    Da non fumatore mi è capitato più volte di dire che avrei voluto prendere il vizio, per poi dimostrare che lo si può abbandonare, ma qui tu fai riferimento a qualcosa di ben diverso, sul quale c’è poco da scherzarci sopra.
    Credo che siano comprensibili i momenti nei quali si ha l’impressione di non farcela più e non si intravvedono soluzioni alla portata o aiuti concreti che ci possano risollevare.
    Secondo me, in momenti simili, più che cercare supporti che non ci sono, forse è più opportuno cercare di depotenziare e sminuire quelli che vediamo come ostacoli insuperabili.
    So che questo è solo un suggerimento teorico, poi sta ad ognuno essere il primo ad aiutarsi, a cercare di volersi bene e non cogliere occasioni in più per penalizzarsi, facendosi così male.
    Non aggiungo altro, so che comprendi ciò che intendo suggerirti, io non posso che trasmetterti la mia solidarietà e la mia affettuosa partecipazione, oltre che augurarti ogni bene!

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  5. Credo che siamo soli perchè oggi non amiamo noi stessi, prima amiamo lo status, poi la bellezza, poi l’esteriorità, poi la globalizzazione (e li sei davvero solo), poi la famiglia…ma quello che veramente sei non lo ami….

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  6. Io sono incerto. Sono convinto che la famiglia è il luogo centrale dell’interazione umana e nel contempo spesso osservo che oggigiorno rappresenta più un limite nell’autonomia delle persone che una vera opportunità per rendere forte il nostro essere. Specialmente per i giovani.
    Personalmente penso che molte situazioni innegabili e negative che citi discendano da un non completo adattamento sociale dell’uomo a quello che gli sta portando il progresso. Credo sia profondamente sbagliato avere nostalgia per le forme familiari psicologicamente un po’ coercitive di quando eravamo ragazzi. Ambiti in cui spesso si nascondevano le più efferate violenze, le vite negate di chi sposava più l’ideale della vita incolore che un vero compagno che gli colorasse la vita, luoghi dove si attendeva stancamente l’arrivo della morte che giungeva solerte e carica di fatalismo.
    Il mondo è cambiato. La vita si è allungata. Anche i tempi e gli spazi si sono accorciati. Forse questa sensazione generale di essere meno forti per colpa della famiglia rivista nella modalità “terzo millennio” è solo un effetto del nostro non essere ancora assestati.
    E’ come se fossimo stati abituati ad andare allo sportello delle poste con il dispenser del biglietto e i display che raccontano il numero che viene servito in ogni sportello. Ma oggi qualcuno ha cambiato modalità per servire e noi non lo sappiamo. Si entra, ci hanno rimosso la macchinetta che distribuisce gli scontrini, i display spenti come mancasse l’energia elettrica e l’unica cosa che possiamo fare è guardarci intorno spaesati e non ci accorgiamo nemmeno che l’operatrice dello sportello 6 ci sta chiamando telepaticamente dicendo: “Ueh, cazzone, è tre ore che ti chiamo. Da quando eri in piazza al bar a prendere il tuo caffé. E’ il tuo turno. Vieni o non vieni?”

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    • Lungo e interessante commento, ma mi vendicherò di te per torti passati facendo finta che anch’io ho scritto un lungo commento di risposta e wordpress se l’è perso!

      Scherzi a parte, per certi versi hai ragione, ma non potevamo evolverci allargando le maglie e concedendo più rispetto a margini di libertà ai membri della famiglia anziché distruggerne l’istituto? Non so che dirti Pj, ma questo mondo non fa per me, mai stata un giunco, e non mi riferisco alla mole.

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