Sissi e il lavoro

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Mentre continua la più totale mancanza di collaborazione in casa, con pianti a dirotto come le si rimprovera qualcosa, appellandosi al tempo tiranno e all’infondatezza delle mie lagnanze, arriva per Sissi un’opportunità di lavoro: peccato che non lo cercasse.

Cinque ore e passa ogni giorno, più il trasbordo, e quando studierebbe? Ma, guarda caso, all’improvviso quel tempo che per collaborare in casa proprio non aveva (le ho chiesto un’ora d’impegno al giorno!) diventa recuperabile, la giornata diventa organizzabile, la possibilità di diventare economicamente indipendente l’attira, e sputa sulla possibilità che le offre sua madre di fare la principessa dedicandosi agli studi e basta, senza nessuna preoccupazione.

Ovviamente il lavoro, qualunque dovesse essere la retribuzione nel caso lei accettasse, non è un lavoro qualificato, per cui non vale certo la pena di rallentarsi – o non sia mai interrompere! – il percorso di studi.

La persona “di fiducia”, quella con cui puoi dormire tra quattro guanciali, io capisco che sia richiesta, ma sono lavori sempre a termine (ti affido la mamma malata, o la figlia piccola, o la casa mentre io non ci sono, o la cassa del negozio nel periodo in cui il mio genitore/figlio/consorte/ è impegnato) e, se la persona cui questa possibilità viene offerta ha bisogno, è una manna, se non ha bisogno e si presta è comunque un’esperienza ed è encomiabile la voglia di lavorare, ma se non ha bisogno e deve trascurare doveri più impellenti, non sarà un pochino irresponsabile?

Eppure capisco che in questo momento, in cui sembra che l’ambiente domestico le stia stretto e la renda così poco reattiva, una novità responsabilizzante non ci starebbe male.

Un mio amico mi ha detto che lui, quando ha trovato lavoro, è stato il momento che ha messo il turbo per l’università, e io stessa ho studiato lavorando a tempo pieno (con l’università era fuori città!): certo, io non sono proprio da prendere d’esempio, visto che alla fine sono caracollata e sono finita intubata all’ospedale…

18 thoughts on “Sissi e il lavoro

  1. Anche io lavoravo e studiavo e la cosa mi faceva sentire speciale rispetto a chi invece era “mantenuto” (non offenderti) dai genitori. Spesso portavo con me i libri che consultavo durante il quarto d’ora di pausa o nei dieci minuti di anticipo prima di entrare al lavoro. Nonostante lavorassi tutti i week end, ho preso la laurea nei tempi stabiliti e rispetto ai colleghi mantenuti, ero sempre avanti con gli esami, tanto da ottenere le borse di studio. Un giorno, all’ultimo anno di università, mi venne proposto di lavorare tutti i sabati in un centro commerciale molto in voga. Non potevo rinunciare. Avevo bisogno di soldi. Accetto. Mi capitò che una prof piazzò l’esame proprio di sabato, un sabato di giugno, e per la precisione alle 2 del pomeriggio. Non volendo rinunciare nè al lavoro (al giorno mi beccavo 40 euro per 8 ore), nè all’esame (avevo bisogno di crediti per ottenere l’esonero dalle tasse nel primo semestre di primo anno fuori corso, nel caso in cui non ce l’avessi fatta con la laurea) mi sono recata al lavoro, alle 13 sono uscita, sono andata direttamente in aula per l’esame. Nonostante avessi chiesto alla docente di essere interrogata per prima (avevo la divisa addosso, quindi non potevo prenderla in giro) vengo chiamata per ultimo, alle 3 e mezza. Sostengo l’esame, mi becco 28, con 40 gradi all’ombra torno a casa, mangio in fretta qualcosa e alle 4 ero di nuovo sul posto di lavoro per riprendere dove avevo lasciato…. Sembra illogico?

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    • Io pure lavoravo sette ore e mezzo al giorno, e sono sempre stata in regola con gli esami e portando risultati eccellenti. Però mi sono distrutta, anche se con tutta probabilità non è stato quello il motivo.

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    • Si, io mi sono esaurita, gridavo come una pazza e non nego i pensieri suicidi all’indomani della discussione della tesi. Però questo mi ha fatto crescere e mi ha fatto apprezzare quello che scrissi sulle strescòtt,ossia valutare ciò che si possiede e ciò che si ottiene senza pretendere che cada dal cielo, nè tantomeno che ci si arroghi del diritto di avere più di quanto si merita.

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  2. Non c’è bisogno di commentare perché ti sei posta delle domande e le risposte te le sei già date. Quindi, lascia che Sissi faccia questa esperienza, come ben dici responsabilizzante. Se glielo neghi – ammesso che sia possibile, dato che è maggiorenne e che il CC stabilisce che i genitori debbano assecondare le aspirazioni dei figli – te lo rinfaccerà a vita; se l’esperienza lavorativa la delude, potrà solo battersi il petto e dire mea culpa. Così van le cose quando i figli crescono, mia cara.

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    • Ma infatti non ho intenzione di impedirle niente, vorrei solo farla ragionare sul fatto che, tra le altre cose, pago anche un botto di tasse scolastiche, e se devo pagare un anno in più per farle guadagnare magari 500 euro, il gioco potrebbe non valere una candela, ritarderebbe la laurea di un anno e ci rimetteremmo pure bei bigliettoni: insomma, queste sono cose alla suo padre, non alla me… 😉

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    • Certo, il timore che rimanga indietro con gli studi è legittimo. Tuttavia, è bene che lo realizzi da sé, anche se sei tu a pagarle le tasse. 😉
      I miei genitori, non appena iniziai a fare supplenze, proprio temendo che rimanessi indietro con gli studi, minacciarono di non pagarmi le tasse universitarie se fossi andata fuori corso. Ci rimasi malissimo, credimi, mi sentii offesa perché ritenni quell’atteggiamento una mancanza totale di fiducia nei miei confronti. Tant’è che riuscii ad ottenere la mia “vendetta” laureandomi a febbraio dell’ultimo anno accademico. 🙂

      P.S. Pensandoci, il mio reddito fu più che soddisfacente. Ricordo ancora il primo stipendio per un mese intero di supplenza ( dico “intero” perché ebbi anche incarichi di una settimana o due): 960 mila lire. Correva l’anno 1983… con quella cifra ci pagavi 3 mesi d’affitto, come se oggi guadagnassi 3000 euro al mese. Magari!

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    • Io sono contenta se va a lavorare, perché in questo momento deve prima di tutto spezzare la routine. E’ una ragazza che si sta intristendo in casa, non vede la luce del sole e ha forti sentimenti d’inadeguatezza: crisi naturali, è vero, che magari uno si sarebbe aspettato anche prima, in fase adolescenziale, ma non per questo da sottovalutare.

      A me, prima di tutto, interessa che stia bene e oltretutto ho l’impressione che, anche se finora non sta messa male, se non cambia qualcosa finirà gli studi per trascurarli ugualmente: e poi, “A change is as good as a rest“! 😉

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  3. Ciao cara amica, non ho molto da aggiungere, visto che già le tue considerazioni, ma pure i commenti che leggo, sono concordi nel ritenere positiva l’esperienza che si prospetta per Sissi.
    Di mio aggiungo per te l’invito, o l’attenzione, a renderla anche corresponsabile nell’uso di quanto guadagnerà, che deve anche esser utilizzato per le spese (esempio università), che ora sostieni tu. Sarebbe un modo per rendere più completa questa sua esperienza di crescita in prospettiva di quell’autonomia rispetto alla quale, prima o poi, anche lei dovrà esser un po’ preparata.

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  4. Sono anche io dell’idea che sia bene iniziare ad entrare nelle dinamiche del lavoro, basta che questo non le monti la testa. E credo che sia fattibile studiare e lavorare insieme (ovviamente dipende dal tipo di impegno che il lavoro richiede, io parlo di lavoretti saltuari, magari serali o nel weekend), basta organizzarsi il proprio tempo e non trascinarsi mai gli impegni, ma sempre, sempre concluderli per le scadenze stabilite. Detto questo, un in bocca al lupo grande se vorrà iniziare! 😉

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