Mamma, mi racconti la rivoluzione?

Oggi mia figlia mi ha chiesto di Che Guevara, di quando uscì la canzone Hasta Siempre, di come è morto, e poi mi ha rimproverato di non raccontarle mai di quegli anni di protesta in cui io ho vissuto né di quel clima da rivoluzione che tanto l’affascina (con “I miserabili” e i ragazzi delle barricate ha messo la mia pazienza a dura prova!).

Non è la prima volta che me lo chiede ma… boh, il racconto non m’ispira.

Intanto, perché all’epoca la mia lotta era per andare a scuola, che i miei non volevano, e per procurarmi i libri. Il giorno andavo a scuola, il pomeriggio lavoravo, la notte studiavo, per il resto fronteggiavo ciò che sapete, e quindi tanti bollenti spiriti rivoluzionari non ce l’avevo.

Anyway, la mia scuola era di sinistra e quindi, pur non avendo io mai abbracciato alcuna fede politica, i discorsi che sentivo erano quelli, i miei amici erano di quelle bande e quella era l’aria che respiravo. Considerando poi il tributo che la mia famiglia ha pagato al fascismo (al nazismo…), che mi ha portato a respirare in casa aria decisamente antifascista, nella mia testa, con quel filino di condizionamento qua e là nonché il nonno partigiano, i comunisti erano i buoni e i fascisti i cattivi.

Peccato che nella mia scuola ci fossero alcuni ragazzi di destra, carini, educati, studiosi, e già la cosa non mi suonava (ma come, non dovevano essere brutti e cattivi?), e dall’altra i “compagni” mi facevano ostruzionismo perché non partecipavo a tutte le manifestazioni, fino ad arrivare a minacciarmi fisicamente (ma come, non erano quelli democratici? Non erano quella della non violenza, quelli del peace and love?).

Insomma, qualcosa non mi tornava: primo sciopero “per la libertà e la democrazia” e io, ragazzina ingenua, mi ci buttai a pesce. Seconda volta, manifestazione “per la libertà e la democrazia”, e già incominciai a pormi delle domande. Alla terza volta chiesi: “Insomma, siccome siamo sempre per la libertà e per la democrazia, che facciamo, a scuola non ci veniamo più? O mi spiegate l’utilità di queste manifestazioni, o mi spiegate programmi e obiettivi, oppure io me ne vado in classe”.

Fu lì che venni minacciata, alzarono una spranga dicendo che se fossi entrata me l’avrebbero data in testa e io, con le gambe che facevano JamesJames, col cuore stretto ma simulando piglio sicuro ed espressione ostentatamente impavida, noncurante e altera, entrai.

Fu quello il momento in cui alle parole di democrazia e libertà non credetti più, e non è che la vita mi abbia dato torto: ancora oggi, per la questione dei diritti ai gay, ho sentito quelli che “lottano affinché tutti abbiano diritti e libertà” raccontare che andavano a picchiare le Sentinelle in piedi perché negavano agli altri la libertà d’espressione.

E sì, e anche che la coerenza non è di questo mondo lo imparai subito, quando i capetti sobillavano quelli che avevano bisogno di recuperare un’insufficienza sostenendo che la causa era più importante della loro promozione, ricattandoli psicologicamente, ma poi erano i primi a entrare se il voto da recuperare era il loro, o fosse pure solo per aumentarlo!

Però una volta, recentemente, ne parlavo con un amico, comunista irriducibile, che alle mie rimostranze e manifestazioni di pensiero non proprio sinistrorse replicava con molta tristezza e rammarico: “Tu non sai com’era importante lottare per la giustizia sociale, pensare di poter fare qualcosa per cambiare le sorti dei più poveri e dei più sfortunati!”. Si sentiva fallito su quel punto, ma il suo non era affatto un fallimento, poiché lui era sempre rimasto coerente con le sue idee e sì, secondo me, il mondo un po’ migliore lo aveva reso, e le sorti di qualcuno le aveva risollevate, ma sicuramente c’era stato il fallimento dell’aver creduto nei “compagni”, nella loro linearità, coerenza, coraggio, buona fede (come cantava Venditti, “ti sei salvato o sei entrato in banca pure tu”, magari con la raccomandazione, e non solo raccomandazione, diciamo con quella di qualunque partito fosse in grado di darla).

Comunque, per quel poco tempo che ci ho creduto, è stato bello, e sì, conosco la carica che dà la lotta, il pensare che puoi cambiare il mondo e contribuire a renderlo più bello, più giusto, più pulito… e no, nella sinistra non credo, ma sentire la canzone El pueblo, e ricordarmi di quando la cantavo a squarciagola nei cortei, felice di fare la differenza, mi fa sempre venire i brividi per l’emozione.

Seguiti dagli occhi bassi e da una lacrima, di rassegnazione e sconfitta. O forse solo di delusione.

 

 

27 thoughts on “Mamma, mi racconti la rivoluzione?

  1. che anni che lotte che ricordi i picchetti alle scuole le occupazioni quelle serie no a tarallucci e vino, e quante botte certo altri tempi ma era vivere un ideale pensare che vi erano i repubblicani, la dc, pci, msi, fdg, che tempi e che musica mi ricordo quando associavano Battisti il grande Lucio alla destra e quando morì ahime Petrone a Bari era un macello…

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  2. Ecco,questi sono i racconti che mi sarebbe piaciuto ascoltare, leggere a scuola, così forse, mi sarebbe piaciuto un po’ di più studiare la storia…però ho recuperato ascoltando i racconti di mia nonna,del duce, del libretto del lavoro..

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    • I miei della guerra hanno raccontato poco, troppo traumatizzante era stata per loro, e credo proprio di essermi persa tanto. Una volta incontrai un anziano su un autobus che mi raccontò storie della guerra, e fu così affascinante ascoltarlo!

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  3. @Sissi sa quello che vuole, e in questo momento la interessa, penso, apprendere chi e come furono quegli Eroi che nemmeno la morte riuscì a piegare !
    Per questo … ancora vivono nella Memoria e nel Cuore !

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  4. Sarebbe una @Marianne perfetta …. e, per quanto noi tutti l’ amiamo, ci farebbe correrle dietro con “picche & forconi”, facendo tremare, come i denti di uno che stia gelando dal freddo, le fondamenta della Bastiglia con i tutti i cialtroni e le cialtronesse di questo mondo ipocrita !
    E penso, fra le tante colpe dell’ innominato, questa sia fra le più rilevanti : aver avuto la possibilità di veder crescere ed accompagnare nella vita una splendida bambina, che gli voleva bene come se ne vuole ad un papà, verso il suo traguardo di donna, ed aver perduto questa chance solo per un po’ di prurito ai genitali .
    Che mondo brutto è quello che, nostro malgrado, ci ospita amica mia … e come ci perderemmo nei suoi meandri orrifici, se la Memoria non ci facesse balenare davanti invitti Eroi come @Cavallo Pazzo, come il mitico @Che, come il Dr. @Sabin, come l’ Avv. @Ambrosoli, come @Falcone e @Borsellno … e come altri ancora che, è vero, non ci sono più ormai, ma che nei nostri cuori vivranno per sempre, o almeno “finchè il sole splenderà sulle sventure umane” !

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    • Per “innominato” intendi Attila? Che poi il prurito ai genitali secondo me se l’è tenuto, avrebbe avuto sicuramente un’attività più intensa e appagante in coppia stabile, ma lui è un anarchico, e soprattutto un lavativo, non avrebbe mai accettato doveri, qualunque ne fosse stato il premio.

      Oggi è uno uomo non stimato, del quale ben sappiamo che la parola non vale nulla!

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  5. troppi ricordi m’hai fatto tornare alla mente ! Ho fatto il 68 a Milano, alla Cattolica, dove volavano sberle quelle vere…. Fumantino e sempre in attrito con l’autorità “costituita” , ribelle anche a militare . L’ondata d’entusiasmo travolgeva tutto e tutti , come prendere gli antibiotici per un raffreddore. Non rimpiango nulla ma… che ingenui, soprattutto considerando come siamo ridotti oggi ! E’ l’animo umano che è marcio dentro, quando i “ribelli” sono arrivati al potere si sono comportati come e peggio degli odiati predecessori . Un po’ come i milioni di morti per difendere la patria in tante guerre e la svendita per saldi che i dementi stanno facendo oggi… Traditi, venduti e sfruttati, la storia si ripete con impressionante monotonia . Cambiano gli scenari ma il risultato è sempre identico. Che pena…

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    • ” i “ribelli” sono arrivati al potere si sono comportati come e peggio degli odiati predecessori”: esattamente, solo che io l’ho intuito subito, per i palesi elementi di malafede e incoerenza (v. anche l’intervento di Erik) che non vide solo chi non volle vedere.

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  6. Questo post mi tocca particolarmente… ha scosso a livello emotivo diverse sezioni delle mie emozioni…

    ho ricordato il me stesso da ragazzo che chiedeva e rimproverava i suoi (genitori e nonni) di non raccontare mai di quegli anni.. dell’aria che si respirava, dei valori che si ricercavano, di quella forza e voglia di cambiare il mondo…

    ricordo il mio “vomito” interiore che provavo nei loro riguardi perchè se è vero quello che si diceva, che dicevano sia loro sia i loro coetanei, che ci rimproveravano come generazione.. tutto quello che si raccontava, le lotte per i valori, la voglia di cambiare ciò che non andava nel mondo, la lotta in tutela dei diritti dell’essere umano, di tutti quelli che appartenevano alla specie, con attenzione particolare a tutti quelli che in ogni modo venivano denigrati dai propri simili.

    Provavo il “vomito” interiore perchè erano racconti che finivano alle premesse, ogni volta che nei racconti ricercavo i dettagli, i fatti, quel qualcosa di più che distanzia una favola da un racconto verità, nessuno di loro aveva tempo da perdere… a cosa gli serviva il tempo se non per essere dedicato a quei valori, a quei principi, a quella lotta??

    Di fatto non l’ho mai capito…

    Poi proseguendo nella lettura, mi sono ritrovato nei tuoi racconti, nelle tue esperienze e nelle tue delusioni…

    Io che mi ero avvicinato alla storia del Chè, da ragazzo, dopo aver sentito raccontare che durante una battaglia si tolse le proprie scarpe per donarle ad un suo soldato a cui si erano rotte, da li iniziai ad incuriosirmi e a documentarmi sulla sua storia.

    La mia cameretta si divideva in due, da un lato la giamaica di Bob Marley e dall’altro l’argentina del Chè…

    la mia visione di ragazzo era quella che noi, i ragazzi del 79 e ditorni avremmo potuto cogliere l’eredità di quelli del famoso ’68 e magari continuare la loro missione… sentivo e sentivamo che il mondo si poteva cambiare… e volevamo farlo, provare a farlo per il desiderio semplice quanto complicato di convivere in un mondo migliore…

    Poi però quando la visione a metà tra filosofia, fiaba e arroganza si imbatteva nei primi fatti concreti le cose cominciarono a cambiare…

    avevo il sospetto che i mancati dettagli dei racconti dei genitori e nonni fossero qualcosa che doveva esser tenuta nascosta… ancora oggi non so se perchè facesse troppo male, perchè di fatto forse non interessava così tanto di più di una moda del momento oppure perchè solo così si poteva sperare e in qualche modo alimentare quella voglia giovanile condita a quel pizzico di arroganza e follia che condito dalla fortuna del destino (persone giuste al momento giusto) potevano realmente fare qualcosa per la nostra esistenza.

    I fatti su cui incrociai il mio destino iniziarono proprio con le prime rivolte studentesche… che poi furono solo rivolte, di studentesco non saprei cosa raccontare (complice il mio pessimo rapporto con lo studio e la scuola).

    Mi imbattei come capitò a te nei primi scioperi, che diventavano poi i secondi i terzi, i quarti, sempre con le stesse modalità sempre con le stesse motivazioni, sempre con gli stessi epiloghi… droga, sesso e rock’n’roll… non che non fosse piacevole, di fatto ma di fatto se provavi a chiedere di fare qualcosa di concreto oltre al piacevole impiego del tempo, di fatto la risposta era la stessa che ricevevi da genitori e nonni, rimandando al futuro o rinvangando il passato.

    Le cose peggiorarono con il passare del tempo, quando gli scioperi erano sempre le ultime ore del venerdì e quando iniziai a chiedere alle persone che partecipavano senza aver organizzato, il motivo che li spingeva ad associarsi alla protesta…

    Allora iniziai ad approfondire la mia curiosità verso la storia recente dell’umanità e passai da hitler a mussolini, da mao al vicino tito e mi soffermai su temi per me più semplici tra sex pistols, beatles, bad religion e rage angaist the machine.

    Alla fine giunsi a conclusione che la politica è un affare singolare, di fatto il concetto di politica applicata alla massa è difficilmente contenibile da barriere comuni…

    Io credo che sia fondamentale affacciarsi ad ideali e principi per formare la propria personalità e le idee che poi in qualche modo indirizzeranno la nostra vita, credo sia fondamentale affrontare con sentimento sogni e delusioni senza i quali la nostra realtà sarebbe poi, probabilmente troppo astratta o statica.

    Con questo quello che volevo dire è che penso sia un bene se i nostri figli si imbattono in questioni di etica così importante, mi spaventano molto ma molto di più quei ragazzi come alcuni che ho incontrato che non hanno nessun pensiero ne sentimento riguardo il loro passato presente e futuro..

    vivono aspettando non so cosa e non so da chi.. senza il desiderio di creare o distruggere niente…

    questi sono i giovani che mi fanno veramente paura…

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    • Beh, veramente non è che mia figlia con Ginevro c’entri molto! Avevo sospettato ti riferissi a lui, e nel dubbio ho chiesto: per lei era una persona cara e familiare, ma non certo un sostituto paterno, e davvero, non era proprio tenuto a rinunciare alla sua storia per crescere Sissi! Che poi, non era tenuto a rinunciare a niente per la verità, noi – io e mia figlia – e la megastronza non eravamo mutuamente esclusivi!

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  7. Ho preso manganellate da quelli di destra, sono scappata da ponte Milvio per evitare una carica, sono stata acchiappata e sbattuta dentro un negozio di commercianti ebrei (che ringrazierò in eterno) per evitare una scarica di botte, mi sono rannicchiata sotto una statua per evitare gruppi di ds e sx che litigavano, di corsa per l’auto perso dribblando le scarammucce e i lacrimogeni davanti all’Augusto…….questa era Roma quando andavo a scuola, ma non rimpiango niente, i confini erano netti, precisi. Mi piacevano. Mò l’ho detto.

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  8. Ciao carissima, più che rimembranze della scuola, quelli che racconti mi paiono i ricordi di un’epoca passata alla storia come un momento particolare della società italiana ed internazionale.
    Personalmente, ricordando comunque assai poco della scuola, sicuramente quegli anni non hanno rappresentato nulla di particolare: frequentavo la ragioneria a Castelfranco V. e di tutto quanto avveniva, forse nelle città, non è che si avvertisse gran eco in provincia.
    Tanto più che nel Veneto rurale, cattolico e politicamente molto bianco, quell’inizio di accaparramento della scuola da parte della sinistra ancora non si avvertiva, per cui, come è accaduto a me, politicamente si iniziava ad “imbiancarsi” e si pensava sopratutto a studiare ed andare avanti, almeno per quel che la famiglia poteva permettere, e a quei tempi i più si fermavano, ed andavano a lavorare dopo la scuola media.
    Per te, come leggo, è stato tutto molto diverso, anche se si capisce che quegli eventi hanno contribuito a forgiare quella persona coerente e che pensa con la propria testa, quale oggi pare del tutto evidente tu sia. Un abbraccio e buona giornata (qui piovosa).

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    • Ti ringrazio caro Sergio e sì, è “abbastanza” così; magari ragionare con la propria testa è spesso un’illusione, nel senso che siamo comunque influenzati da informazioni a volte scorrette o incomplete, propagande manipolatorie ed è difficile essere asettici, ma almeno ci provo, e certo non seguo i dettami di qualsivoglia partito o categoria ciecamente e “a prescindere”!

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