Quando soffri e vuoi ridere e di altri pensieri

maschere ridere e piangere

Mi ha colpito tanto, oggi, l’articolo di ilgattosyl, tanto che non ho saputo che dire.

Mi ha colpito per tanti versi:

primo perché io ho reazioni contrarie a lui: se sono nei guai e una persona ride e scherza (come spesso fa Attila, ndr), la ritengo insensibile e fuori luogo, e da questo punto di vista ha ragione una sua commentatrice, è la persona colpita dal problema che guida le danze e, in un certo senso, dà il la indicando ciò di cui ha bisogno.

Secondo, proprio perché io sono diversa, non ho saputo capire una persona che invece aveva la sua stessa esigenza, e così l’ho persa: era un’amica carissima, che a un certo punto è stata davvero mitragliata da ogni sorta di problemi. Io la chiamavo per interessarmene, consolarla, offrirle appoggio, e lei ne era immensamente infastidita. Poi la vedevo solo occuparsi di boiate, su fb battute e giochetti, e mi chiedevo come una persona con i suoi problemi potesse aver testa per certe cose, come il suo comportamento, sul web e fuori, potesse essere improntato a quell’ “ho voglia solo di sciocchezze e superficialità”.

Come ilgattosyl, lei era una che i suoi problemi li affrontava eccome, non si risparmiava e lottava come una tigre ma, al di là del suo impegno personale, nel rapporto con gli altri voleva leggerezza.

E io non l’ho capita.

Terzo, mi è venuto in mente un altro mio amico che, quando ha dei problemi sparisce perché, dice lui, “Non voglio ammorbare nessuno”, ma alla mia contestazione che per me gli amici sono amici, non giullari di corte, e se si sta insieme per ridere si sta insieme pure per piangere, lui ha risposto che, per la verità, più che di non ammorbare nessuno la sua voglia è di starsene solo, perché in quei momenti non sopporta nessuno e con gli altri non ha voglia né di ridere né di piangere (#comefaisbagli).

E poi mi è venuta in mente mia madre. Perché sì, anch’io ho mia madre che sta male, e piange perché se ne rende conto, mentre noi cerchiamo di sdrammatizzare, io personalmente sentendomi insensibile e ridicola. Che poi, con mia madre, ho un rapporto irrisolto che lèvati, e questo non migliora la situazione.

25 thoughts on “Quando soffri e vuoi ridere e di altri pensieri

  1. Anch’io non so che dire. Pensandoci, sono molto cambiata negli anni. Quand’ero giovanissima facevo un dramma di ogni cosa. Poi, diventata adulta e soprattutto madre, ho imparato a prendere le cose con un altro spirito anche se, in certe situazioni, non ho smesso di fare drammi. Per un certo periodo sembrava che tutto mi scivolasse addosso, ma è durato poco.
    Quello di cui sono certa, tuttavia, è che se mi trovassi nella situazione descritta da gattosyl non vorrei avere attorno gente che scherza e potrei sopportare benissimo quelle facce lì perché sono una di quelle che lui odia, perché le faccio e mi sembra sia un modo di partecipare alla sofferenza altrui, senza sdrammatizzare, anche se ognuno vive a suo modo i suoi grandi e piccoli drammi.

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    • E infatti, non c’è un modo giusto di essere, un modo giusto di manifestare e comportarsi: ognuno vive il dolore proprio – e quello altrui – in un modo particolarissimo, che a volte collima e a volte no.

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  2. Ognuno reagisce a suo modo, così come ognuno ha il suo carattere, personalmente ho reagito come gattosyl (esteriormente), soprattutto in casa con mio padre per cercare di tenerlo su e fare in modo che ci fosse un ambiente sereno, e al lavoro con gli altri, perché anche a me la commiserazione da parecchio fastidio. Poi la realtà era che ogni mattina prima di arrivare al lavoro spesso avevo conati di vomito e lo stomaco era sempre un mattone…..ma era una cosa che sapevo solo io 😉

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    • Qui si poneva la questione non di come reagisci tu, che credo quasi tutti adottiamo il “ridere in pubblico e piangere in privato”, e per “in pubblico” mi riferisco principalmente davanti alla persona che sta male, per farle coraggio. La domanda che si poneva qui è: come vorresti che si comportassero gli altri con te? Mostrando solidarietà, partecipazione e compassione, oppure distraendoti facendo i vaghi?

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    • Non voglio la compassione di nessuno, in nessuna circostanza, voglio che siano normali e che siano sereni e allegri, se voglio stare depressa me ne sto per conto mio.

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  3. Oh donna multiforme e assai cangiante,
    donna di fascino, donna d’ emozione …
    io non so farmene giusta una ragione
    ma, chino appo i tuoi piè … mi faccio orante ! 😀

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  4. la bellezza dell’essere umano è che su 6 miliardi di persone non ce n’è uno uguale all’altro. E’ il buon senso quello che dovrebbe guidare i nostri comportamenti verso gli altri.
    Ps grazie per la citazione

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    • Io non credo si tratti di buon senso, ci vorrebbe la sfera di cristallo per capire cosa un altro si aspetta da noi, cosa gli farebbe piacere in determinate circostanze: io, per esempio, a mettermi a ridere e a scherzare davanti a una persona che ha un problema grave, mi sentirei un verme di una superficialità mostruosa, ma qui siete già in due che mi confermate che è di questo atteggiamento di leggerezza che avete bisogno, sia per distrarvi un po’ sia per non sentirvi commiserati.

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  5. C’è necessità di alleggerire per non farsi inghiottire dal problema.. è una forma di autoprotezione.
    E lo è anche allontanarsi da chi te lo riattizza e te lo ricorda impedendoti di prendere respiro e di “staccare”.
    Questa, secondo me, è la cosa giusta.

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    • Mia nonna stava molto male, allettata, e i figli con tutta la famiglia stavano a casa sua, sia per assisterla sia per non lasciare solo mio nonno. A ora di pranzo hanno apparecchiato, e a tavola hanno riso e scherzato: mio nonno ha passato il resto della sua vita a rinfacciarglielo.

      Ma insomma, che cosa si deve fare??? 🙄

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  6. La leggerezza …. quel sollievo dovuto a un provvidenziale alleggerimento delle sofferenze, chi mai non lo vorrebbe ???
    Ma ci sono modi e modi per aiutare un altro/un’ altra a scaricare le proprie tensioni, mentre unico dovrebbe essere il rispetto di chi soffra …. e di chi, talvolta, tutto vorrebbe meno che mai sorridere !
    Plaudo alla tua volontà di alleggerire senza ferire, @Diemme cara … ed anch’ io mi sforzo di comportarmi come te !!! 🙂

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    • Mah, rimango dell’idea che come fai sbagli, e seppure nella coscienza che lo stesso metro non può essere uguale per tutti, non è facile trovare l’unità di misura di ognuno!

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  7. Lo stesso metro ( “metro” dal greco metròn = misura ) NON può essere uguale per tutti ?!?!?!? 😯
    Ennò, eh ? IO NON CI STO !!!
    Poichè allora ognuno/ognuna fà come cacchio gli/le pare, autogiustificandosi ogni volta degli altri …. E avrebbero avuto ragione anche la @PdF & @Ginevro, l’ una misurando la propria convenienza a introitare, l’ altro il gusto dell’ opportunità di ficcare, strafregandosene entrambi dell’ Amicizia, per te verso di loro misurata in “pani d’ oro”, per loro verso di te misurata in monete di latta …. arrugginita ! 😐

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    • Ah, caro cavaliere, non girare il coltello nella piaga! Comunque io ho detto che ognuno ha la sua sensibilità, non che ognuno possa fare come gli pare!
      Giorni fa un mio amico storceva il muso di fronte alla mia espressione “pelodifiga”, trovandolo molto volgare, e non facendogli punto piacere che io ricorressi a tale volgarità: ma perché, quello che ha fatto lei, non è volgare? Risucchiare il tempo di una persona che già ne ha poco, solo per soddisfare i suoi bisogni e tappare i suoi buchi esistenziali, buttarle addosso tutti i suoi dolori (mamma mia, dovresti conoscerla, proprio la madonna da cento dolori!), e poi buttarla nel secchione dell’indifferenziata non appena trovato un tappabuchi più concreto – in grado persino di lasciare a lei, senza arte né parte, uno straccio di reversibilità -, rifiutandosi di condividere quella che, una volta tanto, era una gioia? Putrido, putrido essere che non è altro!

      Che poi, come sappiamo, non si è limitata ad allontanarsi da questa persona cui aveva risucchiato l’anima… lurida immonda canaglia, altro che pelodifiga: già mi sono espressa in proposito, pelodifiga è un nomignolo affettuoso rispetto a quello che è lei!

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  8. Che fai … smentisci te stessa ???
    Hai scritto “metro”, e metro vuol dire “misura”, la cui unità è UNICA, come può appurare chi vada a Parigi al Museo dei Pesi e delle Misure ! 😯

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  9. Oltre alla mia risposta sul sito “del gatto”, credo posso aggiungere che (come amico) si deve sapere il tipo di approccio che serve alla persona sofferente.
    Se essa ha bisogno di una “condivisione del dolore” (tristezza)….
    o di “un distaccamento” (in questo caso “l’allegria”).
    Ed un amico, questa cosa lo sa.

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    • Ma che dici, a volte non lo sappiamo neanche di noi stessi! Quante volte ci capita di dire o pensare “Io al posto suo farei…”, e poi, quando ci ritroviamo nella medesima circostanza, ci comportiamo in tutt’altro modo!

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  10. Non la vedo cosi. C’è…. tu guardi un angolo diverso. Mi riferivo nel modo al quale dobbiamo astenerci con la persona addolorata. Se è una scherzosa, che ci siamo sempre punzecchiato e condiviso delle battute, allora possiamo provare a tenere lo stesso modo di comportamento. In fondo, se il mio amico sa di essere scherzoso e (nonostante suo dolore) vuole incontrarmi vuol dire che è ciò che vuole. Una sorte di “mah, basta dolore, tirami un po su di morale”. Altrimenti mi eviterebbe.
    Poi, se come al incontro le cose sono molto delicate (perché non sai come comportarti) sarà proprio la persona che ha bisogno di conforto a dettare le regole. Se lei comincia con una battuta…. su va su quella direzione. Se invece scoppia a piangere… è chiaro che non posso dirli l’ultima barzelletta di Totti.

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    • Staccare la spina sì, diventa una questione di sopravvivenza, ma quando la situazione è drammatica, ma che ti sdrammatizzi? Non lo so, io sono brava a relativizzare, ma ci sono drammi relativizzabili solo con una grande fede, non certo con l’ironia!

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    • Indubbiamente è una cosa che cambia completamente da carattere a carattere. Io più la situazione è drammatica, più cerco di ironizzarci sopra. Anni fa era capitato un tornado in città, eravamo rimasti bloccati nell’asilo perché c’era la festicciola di fine anno, immaginati un centinaio di bimbi e relativi genitori, tutti ammassati in quattro stanzine, mentre fuori infuriava la tempesta del secolo. Chi si è messa a fare teatrino per i bambini? Ok, in quel’occasione l’ho fatto soprattutto per distogliere l’attenzione dei piccoli… ma anche per distrarre me stessa!

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