L’infarto (finché ja fò)

Heart Attack

Se devo perdere gli amici, a questo punto, preferisco perderli per voltafaccia piuttosto che perché passano a miglior vita.

Un mio carissimo amico è stato ricoverato per problemi cardiaci, messo in terapia intensiva e che ti fa appena recuperata mezza oncia di forze? Firma e esce.

“Ma sei impazzito?” gli dico “Che avevi paura che ti curassero?”.

E lui mi risponde più o meno “Ho troppo da fare, non hai idea quanto e che”.

Vi risparmio tutto il resto delle considerazioni, precedenti e successive. Io sono stata una come lui, e forse lo sono ancora, pentita ma recidiva.

Acquisiamo in giovanissima età un’attitudine a prendere tutto sulle nostre spalle, a non delegare mai, e a farci entrare, se possibile, anche i cavoli di tutti gli altri, tutto a nostro carico, finché non stramazziamo: ma dico, vi pare giusto?

Certo che è pure comprensibile che uno che si prende sempre a carico tutto a un certo punto non gliene importi più niente di salvaguardarsi e si dica “Il momento in cui non ci sarò più almeno mi riposo”, ma possibile che chi gli sta intorno non abbia pietà?

Pure è vero che se non ci pensi tu alla tua pellaccia, chi ci pensa? Sì e no che la mamma, forse, e finché ce l’hai.

11 thoughts on “L’infarto (finché ja fò)

  1. Ci ha mai pensato che se dovesse, per disgrazia, fermarsi….poi non potrà più far niente? Meglio curarsi e rimettersi in forma come si deve, sia per lui che per tutti gli altri non credi?
    Sinceramente la vedo più come incoscienza che altro….
    Buon inizio settimana.

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  2. Temo anch’io, vagamente, di appartenere alla ampissima gamma di persone “a rischio” per motivi forse diversi, ma sicuramente non particolarmente dissimili. Io sono convinto di vivere questo rischio con grande autocoscienza e spesso sono in conflitto dentro me stesso. Una parte di me è più orientata alla ragionevolezza. Una parte invece è concentrata sulla sostanza.
    A volte mi accorgo di cedere alla paura del peggio e percepisco chiaramente che questo passaggio emotivo aumenta ulteriormente il rischio. Si può cedere alla paura (che sospetto non sia vera paura, ma sopratutto consapevolezza autocosciente) solo cambiando radicalmente lo stile di vita.
    Io credo che il punto nevralgico sia la nostra storia come persone. Se siamo stati in un certo modo, noi e tutto il mondo intorno a noi ruotiamo conformi a quella nostra sostanza.
    E il cambiamento di cui si parla temo sia qualcosa di molto più profondo di un semplice “prendersi più cura di noi stessi”.

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