Convenzioni sociali

La forza di comprendersi

E’ appena trascorso il Natale, vissuto dai più come fiera dell’ipocrisia. Fatica che si vive come imposta, cenoni che si vivono come imposti, a tavola con familiari che si vivono come imposti.

Si fa perché “si deve”. Non una gioia, non un momento di riflessione, amore, pace e serenità, ma un insostenibile tour de force che non si vede l’ora finisca.

Ma, quando più quando meno, è sempre Natale, purtroppo nell’accezione peggiore del termine. Quello che intendo è che la vita è cosparsa di occasioni in cui si agisce in un certo modo “perché si deve”, si invitano persone che si spera non accettino, ci si offende perché non invitati da persone che odiamo, si mette il muso perché l’altro non si è comportato come noi – a nostro insindacabile giudizio – riteniamo ci si debba comportare, etc. etc. etc.

Ha ragione una mia amica, che dice che la gente campa di aspettative e di pretese e si offende perché non ti sei comportato come sostiene che si sarebbe comportata lei al tuo posto, e si offende perché ritiene di non aver ricevuto il giusto onore, la giusta considerazione, il giusto posto, etc. etc. etc.

In questo teatrino d’inutile ipocrisia e – spesso – d’inutile sofferenza, si perde secondo me di vista il buon senso. Una persona che tiene molto a queste cose, illustrandomi “tutti i torti ricevuti e che non meritava” nel corso della sua vita (cose alle quali, francamente, io non avrei minimamente fatto caso) sosteneva che una persona, se hai con lei un certo legame o di parentela o di lavoro, ti deve invitare anche se ti detesta, pur se in cuor suo spera che tu rifiuti, e sta a te infatti rifiutare.

Io, che in genere m’offendo molto poco – per non dire niente -, a sapere di essere invitata per dovere, senza alcun piacere, senza alcun affetto, senza desiderio di avermi al proprio desco, sperando che io rifiuti, m’offenderei invece tanto: non ho bisogno di questo invito, me ne sto benissimo a casetta mia, così siamo contenti in due.

Io mi regolo secondo questo criterio: dell’amico, dell’amica, mi fido e quindi, se per qualche motivo mi ha escluso, AVRA’ I SUOI BUONI MOTIVI, che magari non mi può dire. Oppure, davvero mi ha escluso perché la mia amicizia non è ricambiata e non ha piacere a stare con me, e allora semplicemente prendo atto e mi regolo di conseguenza: partiamo dal presupposto che non si può stare simpatici a tutti e che è impossibile che tutti ci amino, facciamocene una ragione, e vivremo senz’altro molto meglio!

Voi, come la vedete? E, soprattutto, come la vivete?

62 thoughts on “Convenzioni sociali

  1. Ti replico: “partiamo dal presupposto che non si può stare simpatici a tutti e che è impossibile che tutti ci amino: facciamocene una ragione, e vivremo senz’altro molto meglio”
    ci ho messo 35 anni per capirlo, ma da quando l’ho capito la mia vita è migliorata in modo esponenziale!!!!!!

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    • E infatti: ma vale la pena di starci a mangiare il fegato perché non siamo amati e tenuti in palma di mano da qualcuno di cui, se vai a vedere, non importa un accidente neanche a noi? E se invece ci importa, pazienza, si prende atto e si va avanti: ama chi t’ama e segui chi ti chiama!

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    • bravissima. la vita è già un casino di suo, non si può piacere a tutti. preferisco tenermi care le persone che amo e che ricambiano il mio affetto, senza disperdere inutilmente i miei sentimenti verso chi non li desidera neppure!

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  2. Ti faccio gli auguri per il nuovo anno, ancora non avevo avuto occasione!!
    Riguardo alla “fiera dell’ipocrisia” ti dirò che per me è un vero piacere il natale e me lo godo sempre tanto, parenti, cene, tombolate noiose comprese!!! E mi spiace molto che siano finite queste vacanze!!!!!!!

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    • Anch’io, da ragazzina, vivevo con enorme piacere queste grosse riunioni familiari, ma i miei erano come me – o sono io che sono come loro? – frequentavamo solo gente che amavamo e che ci amava, ed eravamo tanti, tanti ragazzini, avevamo uno zio che aveva una casa grande e riuniva sempre tutti, che gioia, che allegria!

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  3. Io ho troncato un’amicizia per un mancato invito, ma in realtà è stata per una precedente mancata coerenza, partendo dal presupposto che questa persona non ce la fa davvero a parlare chiaro fino a passare dalla parte del torto quando ha pienamente ragione. Oltretutto se fossi stata io quella volta al suo posto non invitando io lei, avrebbe lanciato fulmini e saette nella mia direzione, ma dato che la non invitata sono stata io mi doveva andare bene ed essere amica sua come se niente fosse. Non era l’invito, ma il concetto generale de “il danno anche se te l’ho provocato non è il mio, quindi se ti fa male esageri: io, non sento niente”, motivo per cui ho voltato i tacchi. Insomma, una storia complicata senza rimedio, che mi voglio lasciare alle spalle e basta.

    Per il resto credo che invitare una persona per dovere sia assurdo 😯
    Meglio stare con chi si ama, no? o.o

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    • Mai proverbio fu più vero di “patti chiari e amicizia lunga”: sai quante amicizie finiscono perché la gente non parla chiaro? E’ vero, è come dici tu, quando uno non parla chiaro passa dalla parte del torto anche quando ha ragione, se non altro perché il silenzio, il muro, in quanto capo d’accusa non comunicato, lasciano l’altro interdetto, e impossibilitato a chiarire, a fare qualsiasi cosa per dirimere la questione. Il muso perché sì, il voltafaccia senza perché, sono atteggiamenti odiosi, ingiusti, inaccettabili, e diventa davvero poco importante che in prima battuta si avesse ragione.

      Poi, come tu hai giustamente sottolineato, c’è il fatto della reciprocità dei comportamenti: in un rapporto, paritario e paritetico, non si può stabilire una legge per se stessi e una per l’altro.

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    • E purtroppo è quello il punto -.- a suo tempo ho cercato di chiarirmi ma secondo lei avevo esagerato io e basta, cosa che per altro ero pronta ad ammettere, ma non solo non voleva accettare il suo sbaglio, mi cavava dalla bocca rimproveri che non le avevo mosso pur di girare la ragione dalla sua parte, senza contare che per questa persona, dopo una discussione del genere, dovevo andare avanti a stare con lei ad occhi chiusi e dirle sempre di sì. No, no! Proprio no! 😦

      Per “patti chiari amicizia lunga” è stato un problema fissare un appuntamento. Ci ha messo una settimana per dirmi un “No, non posso”. -.-‘ Quando mi ha detto “piuttosto vieni tu a casa mia” sono stata io a rispondere picche con il sorriso sulle labbra. Era la quarta chance che le ho dato… 🙄

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  4. Mi piace molto questo post, tratta un tema a me caro. Mi sono sempre detta di fare come mi piace ma quasi sempre faccio come devo, a volte mi riesce facile altre volte è quasi una tortura, invidio, bonariamente, il tuo atteggiamento nei confronti di un mancato invito o altro e provo ad accettare il commento di bia@ che sono sicura sia di grande aiuto.

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    • Guarda che a non prendersela per un mancato invito non si tratta di essere benevoli o tolleranti, ma semplicemente realisti: se qualcuno non ti ha invitato, o c’è un motivo valido, oppure non c’è. Se c’è questo spiega tutto, se non c’è dimostra il disinteresse di quella persona, ma si dà il caso che l’affetto, l’interesse, la voglia di stare bene non siano sentimenti che si possano pretendere a tavolino o addirittura estorcere, tantomeno con ricatti morali e musi lunghi.

      L’unica cosa è che ci vorrebbe un po’ di chiarezza… se io avessi saputo, tanti anni fa, che una mia carissima amica, che non mi ha invitato al suo matrimonio (le avevo persino presentato io il marito, che era un mio caro amico) perché la situazione le era sfuggita di mano, e si era trovata con dei suoceri che non le hanno fatto decidere neanche il modello dell’abito, figuriamoci la lista degli invitati, cosa di cui era stata la prima a soffrire profondamente, fino praticamente ad ammalarcisi, non me la sarei presa tanto, non ti pare? Certo è che pure dire una cosa del genere non è facile, e poi entrano anche in gioco meccanismi di chiusura, protezione, negazione…

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  5. La verità? Odio le feste. Proprio per questo. È tutto troppo forzato per essere goduto al meglio. Ho odiato i compleanni, soprattutto quelli miei dove dovevi invitare per forza altrimenti era un’offesa. E odio i regali. Non a farlo, ma a riceverli. So che per loro è un dovere, ma che ci lascino stare. C’è altro a cui pensare. Non vedevo l’ora che finissero le feste proprio per questa ipocrisia. Ah. Alla mia laurea non ho invitato un’amica. Avevo i miei motivi che non posso e non voglio spiegarle. Ovviamente si è offesa e agli auguri di natale non mi ha neanche risposto. Mi sono sentita un vermiciattolo….

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    • Ecco, fossi stata io la tua amica non invitata, avrei preteso un chiarimento non sui motivi, ma sul livello di amicizia da lei provato e percepito. Insomma, se hai i tuoi motivi mi sta bene e guarda, non voglio neanche saperli, ma se per te la nostra amicizia non esiste, dimmelo che almeno evito di perdere tempo a frequentarti e mi risparmio di investire i miei sentimenti in una persona che non li ricambia. Non rispondere agli auguri di Natale cosa significa? Ecco, io avrei colto l’occasione per chiedere: “Cosa significano questi auguri? Sono puramente formali, oppure ero nella tua mailing list e non sai neanche di avermeli mandato, oppure che cosa?

      Io, quando ho detto a quella che credevo una grande amica, a fronte di certi comportamenti, “se la nostra amicizia non esiste cancellami da fb” non se lo è fatta ripetere due volte: meglio così, almeno non condivido le mie cose con una persona che non è mia amica e, siccome il mio tempo è prezioso e ne ho sempre troppo poco, lo impiego in attività diverse dal cercare lei – che neanche lo gradisce – preoccuparmi per lei, organizzarmi per lei: mavaff…!

      Punto e a capo.

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    • Lei mi ha chiesto chiarimenti sull’amicizia. Era che da tempo non ci si frequentava più ma il legame era forte comunque. Però scusa, pure che i chiarimenti sull’amicizia li ho dati rimane il fatto che ho sbagliato una cosa. Dovevo andare da lei subito dopo e parlarle in faccia. E non l’ho fatto. La colpa è mia e me ne assumo la responsabilità!

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    • Sì, ma una colpa non cancella un’amicizia, tutti sbagliamo: se tu non l’hai fatto ci sarà un motivo, qual è questo motivo?

      Magari una si sta separando dal marito e ha altro per la testa, o sta aspettando i risultati di un ago aspirato e l’amica manco si ricorda che esista oppure… ci sono tanti motivi per cui uno commette una mancanza: non è un fatto che qualifica una persona, ma l’insieme di TUTTI i suoi comportamenti.

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    • E una non è una buona amica perché povera? Perché è costretta a fare una festa ristretta? Perché è fuori di testa per la tesi? La tua amica non l’ha mai passata la fase “fermate il mondo voglio scendere!”?

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    • No guarda. Lei voleva venire alla seduta. Non le interessava nulla della festa. Però avevo passato un brutto periodo. La macchina incidentata, niente lavoro, tutto sembrava andar male. Poi la cartella dell’agenzia delle entrate e papà che dice di fare una festa piccola e di pagarla con la borsa di studio che finiti i debiti restituiva tutto. L’ho pure invidiata e per rispetto (diciamo per non essere ipocrite) non l’ho invitata. Lei lavorava, lei ha una vita migliore…… Vedevo su FB le sue vittorie, mentre io ero sconfitta ogni giorno e la invidiavo con il cuore. Mi sono anche detta perché invitarla quando vedi le sue foto e la invidi?

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    • A me tutto questo sembra molto umano, anche se forse si può dire che in quel momento non avevate molto da dirvi, o almeno tu non l’avevi con lei. Credo che l’amica di cui ti parlavo si sia allontanata per lo stesso motivo, le stava andando tutto storto e, a pensarci bene, molti allontanamenti sono stati dovuti a momenti critici, se non drammatici, delle persone che hanno rotto i ponti. Ci sono momenti in cui uno vuole stare solo con se stesso, non ce la fa a pensare ad altro, ha bisogno di chiudersi nel guscio per resistere, per recuperare forze.

      L’altro forse non dovrebbe offendersi, ma capire che è un momento in cui le strade non si stanno incontrando quello sì. In effetti, con alcune persone, tra cui questa, ho lasciato che lo screzio si consolidasse e diventasse rottura piucchealtro perché ho capito che non avevamo più molto da dirci, ma non ce l’ho con lei, e la ricordo con l’affetto di sempre.

      D’altra parte devo dire che quello che ho l’ho pure pagato a caro prezzo. Adesso poi è il mio turno di avere poca voglia di vita sociale, non mi sento bene e non lo accetto, e fino a che non avrò recuperato un po’ di forze tutta questa voglia di contatto umano non è che ce l’abbia.

      Per quanto riguarda la vita sociale in regime di difficoltà economiche, conto prima o poi di tornare sul discorso.

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    • Si, avevo voglia di chiudermi in un guscio e di non avere alcun contatto. Mi sentivo e mi sento così. Almeno per ancora un po’. Vedi, diemme, sei una donna forte che sa dare buoni consigli e per questo ti ammiro con tanto entusiasmo. Forse se non ha fatto gli auguri è perché sarà partita e non guardato FB e quando l’ha fatto era troppo tardi. Voglio pensarla così. Comunque riprenditi e fatti forza che la vita è così, un attimo e via….

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    • Non credo che non abbia guardato fb, anche se tutto può essere. Qui si usa dire: “Tu hai ragione ma pure io non ho torto”: io riesco a mettermi nei tuoi panni, di una persona la cui vita a un certo punto diventa pesante, ingrata, soffocante, ingiusta, e vuole solo liberarsi dalle pastoie, vuole la libertà di arrabbiarsi, dare i pugni al muro, piangere, rifiutare il mondo, però mi metto pure nei panni dell’amica cara che da te non voleva niente se non darti affetto e starti vicina, e si è sentita rifiutata, estromessa dalla tua vita nel momento che lei viveva come importante, ed esserci le sembrava la cosa più normale, esserci per te, senza pretendere neanche una tazzina di caffè se questo significava pesare.

      Bisogna prendere atto che le strade, in certe circostanze, si dividono, e uno strappo così pesante non può essere cancellato da un augurio su fb (in questi casi almeno si alza il telefono, anche rischiando di sentirselo sbattere in faccia).

      Io non so come tu stia adesso, né come stia lei, spero che un giorno vi rincontrerete, che vi guarderete in faccia e capirete di volervi sempre bene, e vi riabbraccerete, ma in questo momento la situazione è dura, e te lo dice una cui è capitato di trovarsi nei panni della tua amica.

      Veramente il mio errore è stato forse l’essere troppo comprensiva, fino a che l’altra è diventata addirittura violenta (nelle parole e nella chiusura intendo). Credo, e tu mi potrai confermare se è così, che uno in quei momenti uccide proprio la sua parte migliore, perché è con quella che non vuole confrontarsi, con gli estranei può pure simulare una forma di normalità, è quel pezzo di sé che diventa ingombrante; è un po’ come quelle madri disperate che si buttano dalla finestra col proprio figlio in braccio, e mai lo farebbero con la vicina di casa o la collega di lavoro: quelle, le estranee, sono tollerabili, è con il nostro alter ego che viviamo – e insopportabilmente soffriamo – tutti i nostri limiti.

      Riprendermi? Ho anche mia figlia in crisi, ha preso male l’esclusione da medicina, lei è il medico che vuole fare, tutto il resto è un surrogato che non la entusiasma e non la coinvolge. Io a mia volta posso darle l’esperienza che ho, ma non un entusiasmo che non possiedo. Io sono fatalista, e al suo posto non l’avrei presa male, dove ci portano le strade della vita non si sa mai, a volte ci ritroviamo in un percorso che non abbiamo scelto perché ci dobbiamo carmicamente trovare in un certo luogo, per fare certe esperienze, incontrare certe persone che mai avremmo cercato e scelto. Io sono convinta persino che la vita spesso ci dia più di quello che ci saremmo procurati coi nostri mezzi, e lo fa facendoci percorrere strade tortuose che non avremmo mai scelto.

      Il mio momento è pesante, meno di quello di tanta altra gente, ma è pure vero che io la mia forza l’ho esaurita in momenti ed età in cui altri l’accumulano. Sono circondata da persone che mi vogliono bene, e che per me fanno quello che possono, ma sono io a mancare a me stessa, e a sentire di mancare alle persone a me care.

      Passerà. Purtroppo, in un modo o nell’altro.

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    • Leggendoti ripercorrono le frasi che la mia amica mi ha scritto proprio in occasione di questa mia mancanza. Che per lei era normale esserci nel mio giorno, che voleva partecipare ad un evento così importante. Non so proprio perché in quel momento non mi sono presa dal colletto e mi sono scrollata un poco. Potevo invitarla e chi se ne frega dei soldi, o magari andarla a trovare subito dopo. Mi è mancato il coraggio.

      Mi dispiace per tua figlia, so come ci si sente in questi casi, vedersi spezzare il sogno di una vita. Anche se non è uguale l’esperienza a me hanno rubato la tesi, o meglio il contenuto. Era una tesi cui ci avevo lavorato solo per quel concorso, anche solo per il terzo posto. Vedersela pubblicata sarebbe stata una soddisfazione enorme ma vedere il nome di un altro e il tuo materiale usato per la gloria di docenti ultrapagati, non so se poi non ti salgono i cinque minuti che vorresti bruciare il mondo. Però tua figlia non deve demordere. Può provare l’anno prossimo il test. È ancora al primo anno e può permettersi una seconda chance. Anzi che faccia una cosa. Scelga una università fuori dagli schemi, che non sia Roma o Napoli o così via. Scelga qualcosa di inusuale. Lo ha fatto una mia compagna di classe che ha scelto Parma. L’hanno presa per surroga, addirittura. E ora è lì, ma può scendere anche in Calabria e trasferirsi a Catanzaro. Ma a lei piace stare fuori casa, sennò le possibilità ci sono. Una volta iscritta puoi sempre trasferirti vicino casa! Che poi uno deve tentare tutte! O sbaglio?

      Dai DM, che l’anno è appena iniziato!

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    • Ti è mancato il coraggio dici, e non sei certo da giudicare: se avere coraggio fosse facile e venisse naturale, saremmo tutti eroi. Si cresce, forse se una prossima volta dovesse ricapitare la stessa cosa il coraggio l’avresti: di invitarla nonostante le ristrettezze economiche, oppure di andarla a trovare per spiegarti subito dopo (o subito prima), o di non invidiarle la situazione diversa… come cantava Guccini, sul prezzo che si paga la maturità?

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    • E beh certo hai ragione. Se ci fosse il coraggio!!! Non amo Guccini. Preferisco Rino Gaetano! Che diceva “sognare la realtà, vivere un sogno, cantare per non vivere nulla!”

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    • Ah, una cosa che mi è sfuggita. Vedi, avere coraggio significa dare un senso alla vita. Lasciarsi scorrere addosso le cose è più facile, è da don Abbondio, in un certo senso. Invece avere la capacità di prendere le redini e di ribaltare la situazione non è da eroi, anzi, ma da persone mature. Era più facile tacere che parlarle, lasciar scorrere il tempo e dirle che ormai era tutto finito. Se l’accettava era bene, altrimenti fatti suoi. È che purtroppo io ci sto a pensare che mi si fa il callo. Non a lei che non l’ho considerata, ma a me che il coraggio manca! È li che è dura da accettare!

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    • Guarda che essere coraggiosi non è una questione di carattere, ma di scelte (e quindi sì, come dici tu, di maturità). In fondo siamo tutti Don Abbondio, il coraggio non esiste, al massimo l’incoscienza. Possiamo però scegliere di ignorare le nostre paure, e farci forza per fare la cosa giusta: ci costa, ma anche quello, in fondo, è un allenamento, e a mano a mano che si va avanti ci verrà sempre più spontaneo.

      Non devi accettare la mancanza di coraggio, devi solo scegliere di comportarti come se il coraggio ci fosse, portare avanti quello che è giusto, costi quello che costi. Io vedo che, alla fine, dopo tutte le battaglie che ho affrontato, sono comunque in piedi, e quindi il diavolo non è così brutto per come si dipinge.

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    • anche questo è vero! serve allenamento e una spinta, bisognerebbe non pensare al “dopo” ecco. le conseguenze possono essere positive o negative, nessuno lo dice (mi sembra che sto pensiero sia di Shopenhauer) se almeno non si tenta. mi sa che con questo 2014 devo uscire dal bozzolo!

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  6. Personalmente la vedo come te….le convenzioni non mi sono mai piaciute, come i regali a scadenze prefissate e i convenevoli fasulli. Se invitassi qualcuno che mi sta sulle scatole me lo leggerebbe in faccia…..e le situazioni finte le capto a distanza…..quindi molto meglio essere onesti e ognuno a casa sua, almeno ci si gode sia le feste che qualsiasi altra occasione 😉

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    • Infatti: c’è tanta bella gente da frequentare, e che ama frequentarci, non capisco che bisogno abbiamo di chiedere l’elemosina, o anche di darla, rigorosamente dall’alto.

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  7. Ma quanta ragione hai? Io sono di quelli che seleziona, per dirla in mantovano “ho il filtro piuttosto fine” per le amicizie. Se non mi vai, non ti filo manco pe ‘nnulla e non mi offendo se per qualche iniziativa gli amici, magari per il mio bene, non mi coinvolgono. Accetto la cosa.
    Per quanto riguarda le convenzioni e l’invito dovuto, purtroppo ancora mi trovo nella condizione di non poter evitare di vedere certe persone in certe occasioni, ma questo solo perché non voglio fare soffrire chi a queste persone ci tiene. Bellissimo post, notte cara DM! 🙂

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    • E infatti c’è anche questo: magari voglio bene a te e non sopporto la tua ragazza, che devo fare? Escludere te? Dirti di venire senza di lei? A quel punto non posso far altro che invitare entrambi, frequentare entrambi, a volte la vita offre dei ‘pacchetti’, prendere o lasciare, o tutto o niente, non si può dire ‘questo sì, questo no’.

      Quante ne abbozziamo per rispetto a qualcun altro? Credo che di questo non si possa fare a meno: in fondo “lo faccio per per te” è pure un atto d’amore, una prova del legame e dell’affetto tra due persone.

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  8. Partecipo ai commenti pur essendo ormai estraneo al ciclo delle feste, inviti da fare o da ricevere… e lo faccio per aderire al pensiero della tua amica e cioè che ” la gente campa di aspettative e di pretese, e si offende perché non ti sei comportato come sostiene che si sarebbe comportata lei al tuo posto, e si offende perché ritiene di non aver ricevuto il giusto onore, la giusta considerazione, il giusto posto, etc. etc. etc.”
    E poiché anch’io, mio malgrado, sono “gente”, confermo che è così… ma, ciò detto, resta il dubbio di sempre e cioè se, nello squilibrio di aspettative che si rende bruscamente evidente e determina l’allontanamento, vada o no ricercata, poi, la via della composizione e del chiarimento… senza nascondersi però che, in questi casi, più che uno spirito conciliativo insito nell’animo, intriso di bontà e socievoli propositi, tanto fa, nella messa in atto di iniziative volte alla riconciliazione, la mancanza di alternative adatte a rimpiazzare chi ci ha urtato e vorremmo in realtà mettere da parte senza appello, se solo sapessimo chi collocare al suo posto.
    Tutto questo è in effetti piuttosto deprimente, perché avremmo desiderato per noi altri e meno tortuosi percorsi, e sentiamo che la nostra vita avrebbe potuto e forse dovuto essere ben più luminosa e ridente… ma questa abbiamo e non possiamo sottrarci.. 😉

    ( Mi rendo conto ora di essere andato un po’ fuori tema 😀 )

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    • No, non sei andato fuori tema, tutt’altro. Ecco, vedi, io ho un’esperienza di figlia e una di madre. In quella di madre, con una figlia che si esprime, discute, ti fa capire i suoi sentimenti e il suo punto di vista, io mi sento che mi viene data la possibilità di crescere e di cambiare, possibilità che ai miei non ho dato, soffrendo in silenzio (più o meno) per le loro mancanze.

      Può darsi che l’amico con cui abbiamo discusso, o che ha discusso con noi, sia in malafede, ma può anche darsi che abbia bisogno di un aiuto per capire il nostro punto di vista, e che questa spiegazione gli sia dovuta per permettergli di capire, crescere, cambiare, essere più vicino a noi; in fondo è una possibilità che di diamo anche a noi stessi: perché perdere un amico, una possibilità di un affetto sincero, e scegliere di arroccarci e chiudere, per poi ricominciare all’infinito con il prossimo, e il prossimo ancora, fino a non poterne più di ricominciare?

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  9. Quando ho compiuto 50 anni, ho realizzato che gli anni che avevo davanti sicuramente erano meno di quelli già vissuti; e allora ho deciso che non potevo perdere il mio tempo con rapporti superficiali e basati sull’etichetta. Da allora vivo meglio:frequento persone con cui cui c’è affetto e stima reciproci, e con cui è possibile chiarire eventuali malintesi, e limito i rapporti con gli altri.
    Scusa se mi intrometto nei fatti tuoi: ma se tua figlia vuole veramente fare il medico, perché non riprova l’anno prossimo? Ad una ragazza studiosa, che non è indietro con gli studi, si può pure concedere un anno sabbatico, specialmente se lo utilizza per cominciare a studiare qualche materia di medicina da autodidatta

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    • Certo che riproverà l’anno prossimo, e nel frattempo sta studiando a una facoltà affine, affinché possa avere riconosciuti il più esami possibili: certo che però quest’anno è stata una batosta, e non ce l’ha fatta più per ingenuità che per il test (ripeto, ha avuto un punteggio superiore a molti che sono entrati, lo sbaglio è stato nella scelta delle università).

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  10. Non impongo mai la mia persona, è ovvio che non a tutti puoi piacere, come non tutti possono piacere a me. Non mi offendo, anzi è un motivo in più per mettermi in discussione, o in gioco se è il caso.
    Le convenzioni…quando ero giovane me ne fregavo, poi sul lavoro ho dovuto digerirne alcune, che spesso passavano come “diplomazia”, ora me ne frego come da govane, la vita ti fa capire molto e alla mia età….

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    • Io, per mia fortuna, me ne sono fregata sempre: non ce la faccio proprio a star dietro alle convenzioni, a preoccuparmi di ciò che la gente può dire o pensare di me.

      Pensa, al contrario di molta gente, io vorrei invece preoccuparmene un po’ di più, perché la vita è fatta anche di rapporti sociali anzi, come si suol dire, la vita è l’arte dell’incontro ma purtroppo sono nata così, del giudizio degli altri non me ne è mai importato un fico secco, ne da piccola, né da grande, né da media…

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  11. Mah, @diemme, beata te che hai questa concezione del crescere discutendo, in me si produce il fenomeno opposto, mi rimpicciolisco.. come se le mie convinzioni diventassero più concentrate e dense: effetto buco nero.. 😀

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    • Caro Enrico, io sono diversa dal mio interlocutore, e se quello che non ho capito non me lo spiega, io non lo capirò mai. Per me ascoltare le persone è sempre illuminante.

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  12. Per queste Feste non ho visto né sentito tre carissime amiche, e sono molto triste! Mi mancano tanto e…presto le andrò a trovare! Nemmeno un biglietto.!..Forse stanno male!? Avranno dei problemi?…Sono molto in ansia per loro! Quest’anno, con la scusa del Matrimonio di Enrico, non ho spedito gli Auguri e…forse, avranno pensato che le ho dimenticate!
    Quanti se…quanti ma…La vita dona e toglie…lo so, sono pronta!
    Domani vedrò una consuocera. Non la conosco molto bene e ho dei preconcetti che mi disturbano! Ma forse mi sorprenderà…chissà quante cose avrò da imparare dalla sua esuberanza, dal suo estro, dalla sua vivace personalità. Chissà che bello quando ci troveremo insieme a cullare un…”nostro” futuro nipotino bebè! Avrà un po’ di noi…e sarà bellissimo!
    Per me le Feste non sono ancora finite. Aspetto le ex colleghe per una serata insieme. Alcune sono cuoche e la loro cucina mi intimorisce. Ma io preparo volentieri e con passione…e loro lo sanno!
    Pazienza se qualche amica resterà delusa del piccolo oggetto augurale!
    Diemme cara, penso che….la festa, vale sempre la pena di festeggiarla! Costi quel che costi!

    Un abbraccio

    Nives

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  13. In genere quando la coppia scoppia quello degli inviti può diventare un vero problema per gli amici comuni, specialmente se uno dei due è di nuovo in coppia. Devo dire che i miei di amici hanno risolto il problema in maniera efficace: invitano entrambi e poi siamo noi due a metterci d’accordo su chi dovrà partecipare. Finora non ci sono stati problemi e devo ammettere che mi è piaciuta parecchio la loro capacità nell’evitare spiacevoli schieramenti.

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  14. Detesto l’ipocrisia, il fare a tutti i costi, adoro invece il comportamento dettato dal piacere. Se un rapporto non va non è detto che debba continuare, si può restare amici non frequentandosi, perché è la frequentazione che mette in luce la compatibilità; per cui chi è compatibile per il modo di pensare, di comunicare, di vivere la vita starà piacevolmente insieme e chi non lo è, continuerà a salutarsi, ad essere disponibile ma non si frequenterà. Il per forza è per quei vincoli familiari ai quali per educazione e per non fare un torto, non ci si può opporre.

    Articolo ben scritto e davvero interessante.
    annamaria

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    • Grazie Annamaria, e benvenuta nel mio blog.
      Io non rinnego in toto le convenzioni sociale, per convivere un minimo di formalità ci vuole, si chiama civiltà e anche buon senso (e buon gusto).

      “Un minimo” però significa “un minimo”, e tutto quello che è in più non è solo ipocrisia, è anche pregiudizio, che rovina la vita a sé e agli altri: perché dovrei soffrire se, per esempio, una cugina avesse avuto un pensiero per mia sorella e non per me? Mica siamo siamesi! Magari con lei ha un rapporto, con me un altro, oppure semplicemente è capitato così, vado in vacanza, vedo una cosa che ti può piacere e te la compro, senza stare lì a pensare che DEVO farlo anche a tutti quelli che hanno con me lo stesso tuo grado di amicizia/parentela, oppure che costoro si sentiranno esclusi perché non ho comprato a loro lo stesso apribottiglie che ho comprato a te, e che capperi!

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