Non voglio lavargli le mutande

man underwear

Ci sorrisi tanti anni fa quando, alla proposta – scherzosa – che feci a una signorina ottantenne di presentarle il mio arzillo nonno, lei mi rispose affranta che no, non ce la faceva a fare bucati, a lavargli camice, mutande, calzini…

Mi fece strano l’idea che aveva del matrimonio, del fatto che un uomo accanto rappresentasse solo tanta fatica.

Tempo fa chiesi a una persona, con cui avevo parlato tempo addietro della sua dolorosa separazione, se si fosse rifatta una vita, e lei mi rispose qualcosa del tipo “Sì, insomma, c’è uno, ma ognuno a casa sua, non mi va di lavargli le mutande“.

Tempo dopo, una donna separata che pure aveva un nuovo compagno, mi ribadiva il medesimo concetto: “Ognuno a casa propria, le mutande se le lava da solo“.

Ora mi chiedo, possibile che il rapporto tra due persone sia ridotto a questo? Nel senso, possibile che questa sia una motivazione? O semplicemente non c’è voglia di costruire niente, solo di ammazzare superficialmente il tempo, con sesso, cene, vacanze e cinema, ma senza una reale intimità? E questo sistema, secondo voi, salva dalla noia o piuttosto la alimenta?

56 thoughts on “Non voglio lavargli le mutande

  1. Mia cara,
    proprio perché una ha esperienza del matrimonio, non ha alcuna voglia di “lavar mutande”. Purtroppo, delle unioni lunghe , quelle che durano 20 anni e più (di cui non hai esperienza, se non erro), specie se non troppo felici e se diventano solo routine, quel che resta alla fine è solo questo: la fatica che si fa per una persona che non è per nulla, o quasi, riconoscente, che dà per scontato che la vita di una moglie sia questa: lavar mutande … stirare, cucinare, fare le pulizie, la spesa, occuparsi delle bollette … ah, magari fosse solo “lavar mutande”! Quelle le lava la lavatrice … io pure le stiro, ma sono un caso a parte. 😦

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    • @Marisa: hai ragione, non ho esperienza in merito, però tre anni e mezzo con uno, cinque con un altro, qualche assaggio l’ho avuto. E hai ragione, non è tanto la fatica, quando il fatto che venga dato per scontato, dovuto (v. commento di melodiestonate). Non siamo per loro “femmine” nel senso felino del termine (che poi le feline se le vanno a cercare altrove, e si fanno portar via pure le mutande, sporche o pulite che siano), non siamo donne nel senso di completezza a tutto tondo, ma siamo l’ennesimo scontato elettrodomestico, e questo è umiliante, demotivante, snervante.

      PS: io pure stiro tutto, ma almeno è roba mia e di mia figlia!

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  2. Quando il rapporto diventa solo il “dover lavare le mutande” è finito da un pezzo, se esiste un rapporto d’amore, di rispetto reciproco, di profondo affetto e sintonia come fai le cose per te le fai per lui e non ti pesano…..se invece non c’è più nulla, oppure si vogliono solamente rapporti occasionali di sesso, oppure di semplice compagnia allora diventa fare la colf! 😉

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    • @Silvia: e per questo se dev’essere solo sesso occasionale o compagnia fine a se stessa, le donne preferiscono ognuno a casa propria, così ognuno si lava il suo!

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  3. Uhm, tocchi tasto dolente… quando *ex marito* mi ha lasciata, mi ero detta: col ca**o che mi riprendo un uomo in casa… a fargli da serva e finire trattata così… il prossimo, ognuno a casa propria!
    E ti dirò, in generale rimane valida la mia idea… la voglia di costruire, è stata distrutta insieme al matrimonio che fu. Ci si mette l’anima, e si finisce come uno straccio vecchio: difficile avere voglia di costruire ancora qualcosa.
    Un uomo passa dall’essere viziato dalla madre, all’essere viziato dalla moglie. Non c’è un passaggio in cui l’uomo pensa per sè, e anche se ci fosse il passaggio, nell’arrivo della moglie l’uomo si adagierebbe di nuovo.
    Il mio compagno è un gioiello, mi aiuta molto, ma sempre di uomo si tratta… ognuno a casa propria mi consente di essere schifosamente egoista e avere un sacco di spazio per me stessa. E credimi, non è poco. Certo mi manca lui, mi manca il suo calore, mi manca la sua compagnia… ma quanto sto bene a poter essere egoista almeno tre sere a settimana, tu non ne hai un’idea!

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  4. ha ragione Marisa…..un giorno mio marito mi disse: non ho più calzini sono tutti da lavare…..risposi: quando vedi che ti mancano per il giorno dopo, prendi e lavali da solo……..risposta?…e che ti ho sposata a fare?……da quel giorno ho iniziato a odiarlo 😀

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  5. Sembra che ci siano degli stereotipi nelle coppie. Come dire, l’uomo porta i pantaloni e la donna cura il focolare. Menomale che qualche uomo oggi ha iniziato ad essere casalingo, quando serve. Tipo una mano lava l’altra. Oggi lavoro io, domani tu. E così via. Donne, mi fate paura. Se il matrimonio è stereotipo del lavare le mutande, mi sa che cambio idea e non mi sposo!

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    • Il matrimonio è quello che uno vuole che sia, anzi no, che due vogliono che sia, perché uno da solo, senza la collaborazione dell’altro, ben poco può fare per l’indirizzo della coppia, del matrimonio, della famiglia.

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  6. Ciao 🙂
    io penso che, se si ama davvero (e non è facile), tutto è condivisione e lavargli le mutande, che di per sé sarebbe un peso, diventa un modo per occuparsi e prendersi cura della persona amata. Quindi credo sia un modo per mantenere le distanze e non vivere a pieno il sentimento con tutte le scomodità che questo comporta, d’altra parte “la costruzione di un amore spezza le vene nelle mani”…
    laura

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  7. A parte che la risposta al commento di Barbara mi ha fatto ridere, però in Giappone sono serissimi per quanto riguarda il matrimonio, la donna è sottomessa al marito e se divorzia, cosa che può fare, non solo non ha diritto a tenersi i figli, che rimangono con il padre, ma neanche a vederli a meno che, compiuta la maggiore età, non siano loro a decidere di volere vedere la madre. In pratica, è come se la società condannasse una donna che vuole cambiare vita … e uomo. Da noi si chiama emancipazione, parità dei sessi, conquista della libertà e chi più ne ha più ne metta. Non mi stupisco che la formula del matrimonio sia, come presuppone Barbara, proprio quella di lavar le mutande.
    So questo perché un amico di famiglia, che ha vissuto per un po’ in Giappone, ha sposato una donna del luogo che, per amor suo, ha lasciato la famiglia, figli compresi. Altro che lavar mutande. 😦

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    • Per amor suo o per amor di libertà? La domanda mi sorge spontanea… i nostri uomini avranno tanti difetti, ma rispetto a quella mentalità forse un briciolo più evoluti sono… (ho detto un briciolo, ma meglio di niente 😉 ).

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    • Ma è di questo che stiamo parlando. Lei ha lasciato i suoi figli, il suo paese e la sua cultura per amore, non certo per la libertà. Io, comunque, avrei continuato a lavar mutande per tutta la vita, a questo prezzo.

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    • Non saprei. Se io sapessi che mia figlia col padre sta bene, e invece io stessi malissimo, probabilmente la lascerei alla sua vita. M’immolerei per proteggerla e difenderla, se ne avesse bisogno, ma non per altro. D’altra parte, dipende anche da quanti anni hanno i figli, lasciarli non è per sempre, da maggiorenni potrebbero rivedere la madre quando vogliono (e da minorenni, se il padre li privasse di una madre che loro amano e di cui hanno bisogno sarebbe un mostro, e se fosse un mostro verrebbe meno la prima condizione, quella dello stare bene con un padre che li ama).

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  8. Tutto il mondo è paese. Anche da noi i discorsi sono gli stessi. E’ più facile sentirlo dire dalle signore anziane ormai vedove che si godono una seconda giovinezza con la sicurezza della reversibilità. Quando si parla di un eventuale nuovo compagno non ne vogliono sapere. Hanno la libertà di fare e disfare senza rendere conto a nessuno, senza quegli obblighi di accudimento che ci sarebbero con un nuovo marito. E si, dopo tanti anni di matrimonio bello o brutto che sia stato, a maggior ragione se brutto, preferiscono pensare finalmente a loro stesse e alle loro esigenze prima che a quelle degli altri. Corsi di ballo e ginnastica, gite in luoghi impensati. Qualche volta la mancanza di compagnia pesa, ma forse non troppo se fanno un bilancio fra i pro e i contro. Che poi talvolta si preferisca nascondere la voglia d’indipendenza sotto il manto del grande amore che c’era per il primo marito, è un’altra questione ancora. Una signora che fa questi discorsi ha detto di un’altra felicemente risposata che era stata stupida poiché in quella situazione non aveva più libertà di fare niente. Il piacere di amare ed essere riamate (con diritti e doveri) non vale le gite a Fatima. Mi chiedo quanta rassegnazione ci fosse in quei matrimoni precedenti se alla fine si brama a tal punto la libertà di pensare a se stesse. Possibile che non ci sia modo di mantenere tempi e spazi propri e di concederli all’altro pure stando in due? Se non c’è modo capisco bene che venga l’orticaria al solo pensiero di avere uno che gira per casa 😯

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    • @mujer: con quello che era prima il matrimonio (quasi mai d’amore, piuttosto “sistemazione” sociale), non mi stupisco che ci siano un sacco di vedove allegre, ben felici di esserlo. Si godono quel che resta del giorno, scoprono una nuova vita, indipendenza, autonomia, libertà. E se vogliono sesso, possono goderselo in piena libertà, senza neanche più il timore di restare incinte!

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  9. Mutande o meno (li lavo in lavatrice e non li stiro) mi piace l’idea di svegliarmi e tornare dal lavoro in una casa non vuota. Ma la casa deve essere grande, molto grande (la mia lo è) con chiari spazi per ognuno, senza troppi incroci. Godere della compagnia dell’altro, condividere vari momenti, costruire qualcosa,prendersi cura ma rispettando spazi e libertà altrui.
    A mio marito ho già detto che, quando andrà in pensione, non pensi di chiudere il suo studio, fosse anche solo per leggersi il giornale o giocare a freecell, che a gironzolare per casa 24 h su 24 non lo voglio! 🙂

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    • Sì, lo scenario che descrivi tu è senz’altro auspicabile, ma quello deve essere: lei fa per lui, ma lui fa per lei, spazi comuni e spazi propri, calore umano ma senza soffocamento, ossigento in quantità.

      Un marito in pensione, tutto il giorno a casa, a messo in crisi davvero tante coppie!

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  10. A proposito del Giappone. Avevo una compagna di classe giapponese a Londra, giovane, poco più di vent’anni. Nell’ora di conversazione veniamo invitati a raccontare che cosa facciamo nella nostra vita di tutti i giorni, e lei racconta: mattina università, pomeriggio studio, poi prepara la cena, poi il marito torna dal lavoro, poi cenano, poi lui esce. La cosa stupisce un po’: è una coppia molto giovane, sposati da poco… L’insegnante chiede: e dove va? Al bar. A fare cosa? A cercare una ragazza. E per fare che? Per fare sesso. Veniamo un po’ da tutte le parti del mondo, abbiamo culture e abitudini diverse, ma restiamo tutti allibiti. Le corna ovviamente esistono dappertutto, ma non si è mai sentito che il marito uscendo dica ciao tesoro vado a scopare ci vediamo dopo. E dunque chiediamo chiarimenti, e lei conferma: si usa così. Tiene a precisare che suo marito è una bravissima persona, le vuole bene, la rispetta, non vorrebbe davvero che ne avessimo una cattiva impressione perché veramente non merita di essere giudicato male, semplicemente da loro è normale così.

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    • Già. Ho conosciuto più persone, di altra generazione (almeno quello!), che ritenevano normale che il marito avesse altro. Mi dicevano: “L’uomo ha dei bisogni che una donna per bene non può soddisfare, devono andare con le donnacce perché sennò quei bisogni danno loro alla testa, ed è meglio che tornino a casa calmi e acquietati”.

      Inutile dirti che nessuna di queste donne era giapponese.

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    • Mi sembrano due cose molto diverse: lì era rassegnata accettazione, qui assoluta normalità socialmente accettata. Le mogli d’altri tempi sapevano benissimo che i mariti andavano in casino, ma la cosa non era ufficialmente comunicata come uno che dice esco a prendere il pane.

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    • Non mi pare ci sia tutta questa differenza, solo un po’ d’ipocrisia in più. Gli uomini uscivano e le mogli sapevano che andavano al casino. Se qualcuno li vedeva non c’era problema anzi, con qualche vicino di casa e parente si rincontravano là: me la spieghi dov’è la differenza? A questo punto i giapponesi sono semplicemente meno ipocriti.

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  11. Lavare le mutande è un modo di dire che si usava anni fa, non credevo fosse ancora in voga. Purtroppo ci sono unioni che dopo anni si riducono ad una convivenza di comodo, per uno e per l’altro. non è bello, per niente, io morirei.
    Comunque a mio marito lavo le mutande, ma lui apparecchia! 😉

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    • Ricordo che un po’ di anni fa, non moltissimi, c’era stata una specie di rivolta delle segretarie perché erano stufe del fatto che fra i loro obblighi specifici ci fosse quello di preparare e servire il tè al capufficio. Cioè, non era un atto di cortesia richiesto con cortesia, ma un obbligo in relazione al quale venivano impartiti ordini. In sostanza venivano trattate come serve, cosa che non avveniva coi segretari maschi. D’altra parte ricordiamo che l’imperatore, quando viene incoronato, poi per convalidare l’incoronazione deve trascorrere la notte di nozze con la dea. Sul piano tecnologico sono sicuramente all’avanguardia, ma su quello sociale di strada ne hanno da fare un bel po’.

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    • A me non piacciono (dico in genere, come fisionomia di popolo, singolarmente è un’altra cosa). Forse non piacciono proprio per questo, perché li sento tanto lontani. Ho degli amici che li adorano, compreso un amico israeliano che ha detto di aver trovato in Giappone ciò che neanche in Israele ha trovato: sarei proprio curiosa di sapere cosa.

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  12. @ Diemme

    Credo che la moglie del mio conoscente, che da almeno 10 anni vive in Italia, avesse due figli al di sotto dei 10 anni. So che va una volta all’anno a casa, dai suoi genitori, ma non ho mai capito se, ora che sono grandi, durante gli ultimi viaggi abbia o meno incontrato i suoi figli.

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  13. Io credo che se fra due persone c’è amore, sintonia, complicità prima o poi il desiderio di fare progetti e condividere la quotidianità prenda il sopravvento. Se questo non succede (che può anche essere) probabilmente è perché questo desiderio di vita in comune o non è abbastanza forte da sopportare anche i difetti dell’altro, o non è abbastanza forte da spingere i due a rinunciare alla propria “libertà” come viene intesa da alcuni. Lo metto fra virgolette perché non credo che vivere insieme ad un’altra persona voglia per forza dire rinunciare alla propria libertà, al proprio io. Basta sapersi ritagliare degli spazi da vivere per conto proprio, coltivare anche interessi separatamente.
    Penso anche che una relazione fatta solo di cene, sesso, cinema e viaggi alla lunga stanchi. E non sottovalutiamo il fatto che nel matrimonio c’è, si, il “lavargli le mutande” ma c’è anche il “levargli le mutande” ;-), che non guasta!

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    • E infatti le relazioni superficiali, dove non c’è, neanche dopo, il desiderio di condividere sul serio, sono quelle che si tamponano con cambio frequente di partner (la mia teoria dell’essere sempre in prima elementare, in scuole diverse, con compagni diversi e maestra diversa, ma sempre di prima elementare si tratta).

      Lavargli e levargli? Ah no, mica posso fare tutto io! Io lavo, lui leva (ma una domanda mi sorge spontanea: se io per lavare uso la lavatrice, non è che poi pure lui, per levare, si mette in testa di usare un qualche elettrodomestico??? 😆 ).

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  14. Mah semplicemente perché le donne lavorano e quindi i lavori di casa di dividono come lo stipendio… Un rapporto nn e’ solo fatica dei lavori domestici ma la fatica dovrebbe essere condivisa

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    • Già. Prima c’erano dei ruoli definiti, l’uomo portava i soldi a casa e la donna curava la casa, i figli e l’uomo. Ora che la donna lavora, l’uomo ha capito che lei porta i soldi a casa, ma non hanno mica tutti capito ancora che i compiti domestici non sono più tutti a carico della consorte!

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