Non è tutt’oro quel che luccica…

dollaro dorato

Mi ritrovo, tramite Mizaar, a leggere questo articolo, “Cara LaFeltrinelli“: articolo delizioso (se avesse pure scritto “po‘ ” con l’apostrofo anziché “” con l’accento ai miei occhi avrebbe fatto Bingo) ma, più che l’articolo, mi ha colpito un commento che mi ha riportato alla tragica realtà massificante, alienante, in cui il business viene prima di tutto e la cultura viene svilita e mercificata.

Questo il commento (potete leggerlo in loco):

“Ho lavorato 9 anni alla Feltrinelli, all’inizio al Nord per circa 2 anni e poi al centro dove mi sono trasferita per scrivere la mia tesi. In lettere Moderne. Lavoravo il venerdì dalle 14 alle 21, il sabato dalle 14 alle 22 e la domenica dalle 10 alle 21 in cassa. Ero in un punto vendita molto affollato e il lavoro in cassa era molto faticoso, soprattutto perché durante il we le file sono infinite (ora con la crisi non è più così) e perché durante la settimana studiavo o facevo un altro lavoro (dopo la laurea). Non c’è stato modo di avere ogni tanto una domenica o un sabato liberi, magari con un cambio turno: per farlo avrei dovuto firmare “la flessibilità” grazie alla quale loro avrebbero soltanto ottenuto di spremere ancora di più le mie energie.
La Feltrinelli sfrutta i lavoratori fino al limite del lecito. Arriva al confine ma sa benissimo come non superarlo mai. E comunque, si sa, le cause di mobbing contro aziende così grandi non esistono: se anche un dipendente avesse la forza di portarle avanti finirebbero con un patteggiamento e non con una condanna.
Alla Feltrinelli quando assumono cercano di fomentarti e indottrinarti facendoti credere di fare parte di una grande famiglia che vende cultura. Non è vero. E non è vero che se sei laureata in Lettere sei la persona adatta a lavorare in libreria: più sei competente e più sei una minaccia per lo stile “megastore” con le sue esigenze perché facendo anche due chiacchiere sul libro che stai vendendo con un cliente perdi la possibilità di venderne un altro al cliente che aspetta. Per non parlare del fatto che ti è richiesto di “indicare” il posto in cui il cliente può trovare il libro invece di perdere tempo accompagnandolo e consegnandolo. E ovviamente quali libri è meglio consigliare? I best seller, tomoni appena usciti che la Feltrinelli ha ordinato in un numero di copie sufficiente a farci dei divani perché quelli sono i libri che le case editrici vogliono vendere, non certo l’edizione economica del Mestiere di Vivere di Pavese o La Locandiera di Goldoni o Un Dramma Borghese di Morselli!
Ovviamente il libraio non può nemmeno incidere sull’assortimento della libreria, svolgendo un ruolo di “educazione alla lettura”! No! È tutto automatico! Ma come è possibile che il lettore di Bari abbia le stesse esigenze di lettura, gli stessi gusti di quello di Padova, dove ci sono determinate realtà universitarie e stili di vita differenti? Sarebbe bello seguire le esigenze tipiche di culture e città che sono italiane ma hanno tradizioni e abitudini uniche! Invece no: da nord a sud da est a ovest ci accoglie sempre la stessa vetrina, gli stessi divani fatti di Dan Brown!
Livellamento culturale. E non a caso le Feltrinelli vendono cioccolata, gomme da masticare, occhiali da sole, ricariche telefoniche, tra un po’ anche i biglietti dell’autobus e i grattaevinci. Sottomissione della cultura alle esigenze di mercato. Il tutto all’ombra del credito dato da un uomo morto su un palo per degli ideali.
Meglio non essere laureati in Lettere per lavorare serenamente alla Feltrinelli.”

Il neretto è mio, ma avrei dovuto mettere il rosso, visto che quelle parole fanno sanguinare la cultura e il cuore di chi ancora ci crede: che tristezza!

69 thoughts on “Non è tutt’oro quel che luccica…

    • Decisamente… dobbiamo fare downgrade, capire che sono i soldi che devono stare al nostro servizio e non noi al loro: prima ci hanno tolto l’anima e appiattito il cervello per fare di noi delle capre ricchissime, poi sono ripassati a prendersi i soldi, e siamo rimasti capre e basta.

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  1. it.m.wikipedia.org/wiki/Giangiacomo_Feltrinelli_Editore

    Leggete solo i primi paragrafi e poi sprofondate nella sedia, nel divano: ovunque vi troviate (incredibile!) -.-

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    • “”Cambiare il mondo con i libri, combattere le ingiustizie con i libri”; erano questi il movente e la meta di Giangiacomo Feltrinelli quando fondò la sua casa editrice.

      Feltrinelli fece uscire libri che scossero profondamente le coscienze di molti (e causarono a lui anche più di un processo[senza fonte]); pubblicò autori del terzo mondo, letteratura politica e romanzi che fecero scandalo, come quelli di Henry Miller e due capolavori letterari di rilievo internazionale: nel 1957 Il dottor Živago di Boris Pasternak – pubblicato tra mille difficoltà – e, nel 1958, Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.”

      Il povero Giangiacomo si rivolterà nella tomba 😦

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  2. Questo post mi stimola… due osservazioni. (Chettecredevi? 😉 )
    Primo: non esistono datori di lavoro di destra o di sinistra, reazionari o progressisti, ecc.
    Esistono datori di lavoro coscienziosi oppure filibustieri.
    E se proprio vogliamo semplificare, è sempre meglio stare in campana con i datori di lavoro cosiddetti “progressisti”.
    Secondo: sento spesso lamentele sul fatto che chiudono le librerie. Le classiche librerie, come si vorrebbe che fossero (luoghi di incontro, discussione, ecc.), io personalmente non le ho mai viste. L’unico modo che ho per sottrarmi alle mode letterarie del momento è, paradossalmente, proprio internet, dove mi posso cercare gli autori e i libri che voglio, le recensioni, i commenti, ecc. Certo, è un’attività che svolgo a casa, da solo, ma non si può avere tutto dalla vita…

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    • @aquila: sull’osservazione sui datori di lavoro concordo perfettamente.

      Sulla seconda osservazione invece obietto che una libreria così io l’ho vista, in un film, per l’esattezza “Il negozio dietro l’angolo” nel film C’è posta per te (You’ve Got Mail): ma persino quella chiudeva, e neanche il lieto fine ne ha previsto la riapertura.

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  3. L’osservazione che hai fatto sul «po’» con l’accento l’avevo fatta anch’io. E mi sono detta: penso che una laurea sia sprecata per fare la commessa in una libreria però se si esce dall’università, seppur con una laurea non il lettere ma in Scienze Sociali (chissà perché ma mi sa tanto di un corso universitario alla portata di molti), facendo questo errore, allora forse la commessa è il massimo cui si possa aspirare. Ma potrebbe fare la commessa anche in un supermercato; oggigiorno c’è gente laureata che pagherebbe oro per lavorarci.

    Sulla Feltrinelli non mi esprimo perché ci vado poco e comunque ho sempre trovato gentilezza, disponibilità e competenza da parte del personale. Credo che la differenza tra Roma e Udine sia evidente, specie in termini di affollamento.
    Quanto al fatto che in libreria si venda un po’ di tutto, io non ho nulla da obiettare. In Inghilterra le grandi librerie hanno anche un salotto per leggere testi che poi si possono non acquistare e una caffetteria dove ci si può rilassare con un buon tè e una fetta di torta. Sono luoghi piacevolissimi da frequentare e ci si può stare anche per l’intera giornata. Inoltre a Londra ho trovato dei segnalibro magnetici che qui non sono stata in grado di trovare. 😦

    La lettera della Valeria non la capisco. Non comprendo questa cocciutaggine e non vedo nulla di male se in tanti anni nessuno le ha risposto. Fanno sempre così: se sono interessati ti contattano, altrimenti ciccia.

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    • @Marisa: il fatto è che una persona che lavora in libreria potrebbe non fare “la commessa”, ma una sorta di consulente letterario. Insomma, è quello che fa la differenza, come quando in farmacia trovi un medico competente che ti consiglia oppure uno che ti passa i farmaci, presi dagli scaffali o dai frigoriferi in base al nome, assolutamente inconsapevole di cosa si tratti.

      Anche per il fatto che in libreria si venda un po’ di tutto il problema è vedere come, se il vendere tutto completa l’offerta oppure è un mezzo barbaro come “spacciate pure droga, purché i soldi entrino”. Io credo molto che tutto dipenda anche da come si fa e perché si fa.

      Io la lettera di Valentina invece la capisco; non posso dire che la condivida al 100%, ma la capisco. Capita a molti di aspirare a un certo posto di lavoro, e vedere che gente infinitamente meno qualificata invece riesce a ottenerlo: allora sì che ti secca che il tuo curriculum sia trasparente, la vivi come una cosa irrazionale e profondamente ingiusta.

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  4. Al giorno d’oggi che contano sono solo i soldi! Io comunque, in tanti anni di vita, non mi sono mai fatta consigliare per comperare un libro, al massimo mi faccio indicare dove trovare i best sellers del momento, poi cosa leggere lo decido io 😉
    Ciao
    Marta

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    • @dupont: io invece non mi faccio indicare neanche quelli. A parte il fatto che ne ricevo per regalo più di quanti ne riesca a leggere e oramai il mio arretrato è peggio di quello delle e-mail, e ben più difficile da smaltire, io vado molto a istinto, compro sulle bancarelle: a un euro o due trovi spesso dei capolavori, mentre in libreria, a 20 o 30 euro, trovi delle emerite boiate.

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    • Ho un arretrato di libri da leggere che fa paura. Tutta colpa del blog, che dopo più di un anno di riposo, si è fatto riprendere in mano 😄
      Sono una lettrice accanita, quindi due sono le cose, o lascio di nuovo il blog o dimezzo il tempo che gli dedico! Ci penserò!
      Ciao
      Marta

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    • @dupont: per me blog e lettura sono due attività diversissime, non potrebbero mai l’una prendere il posto dell’altra. Per leggere ho bisogno di tempo e calma, mentre il blog riesco a seguirlo anche sotto pressione e con a disposizione solo sprazzetti di tempo sparsi qua e là.

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  5. Sarà magari anche il caso di ricordare che il signor Feltrinelli era un terrorista? Che oltre che coi libri riteneva legittimo “combattere contro le ingiustizie” – decidendo a suo unico e insindacabile giudizio che cosa fosse o non fosse ingiustizia – anche con le armi e con il tritolo? Che aveva progettato di staccare la Sardegna dall’Italia per farne un’altra Cuba affidando la direzione delle truppe al bandito Graziano Mesina? Che se non fosse intervenuto quel piccolo incidente di percorso presso un palo sarebbe andato avanti per chissà quanto a fare attentati e seminare morte?

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    • Beh, tu all’epoca eri bambina, sicuramente non puoi ricordare questi fatti. Il che, beninteso, non toglie niente alla validità del discorso sulla Feltrinelli come casa editrice e come catena di librerie (a parte il pò, per il quale potrei anche prendere in considerazione il ripristino della pena di morte), ma quanto al povero Feltrinelli morto per un ideale che si rivolterebbe nella tomba, lui che nel terrorismo ha investito centinaia di milioni, ecco, su quello penso ci sia un bel po’ da ridire.
      (prima di cliccare invia ho riletto, e ho visto che mi aveva corretto automaticamente pò in po’ – e lo ha rifatto anche adesso e l’ho dovuto ricorreggere un’altra volta – per cui ci vuole proprio una bella determinazione per riuscire a scriverlo sbagliato)

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  6. Ho letto la lettera di Valeria in vari blog e, fermo restando che tifo comunque per un-una giovane che desidera trovare lavoro e possibilmente un lavoro che piace, quindi tutti i miei auguri affinchè riesca, la lettera mi lascia perplessa perchè batte forte il tasto sull’incompetenza altrui per promuovere la propria. Non va bene così: l’incompetenza degli altri lavoratori ci può essere, in una, due, tre, dieci librerie , ma dare per scontato che gli altri non sanno lavorare mentre io, titolata, saprei farlo, mi infastidisce.Nel caso questo sarebbe un problema per l’azienda e non dell’aspirante lavoratore.
    Il commento che posti è un’amara realtà del lavoratore dipendente di un’azienda leader. Mi preoccupa il livellamento culturale che tentano di imporci, ma non esiste solo la Feltrinelli per fortuna. E crediamo sia solo in libreria lo sfruttamento dei lavoratori? Magari!
    Iniziamo dai giovani laureati che frequentano dei master a pagamento? Mia nipote, laureata in scienze ambientali, sarebbe dovuta andare a bonificare un territorio dall’amianto. Gratis, naturalmente e con rischi di esposizione all’amianto non indifferenti. Dopo un anno avrebbe avuto 3 punti in più per il CV.

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    • @ili6: io invece capisco anche quelle osservazioni. Io posso pure seguire la mia strada e infischiarmene degli altri, competenti o incompetenti che siano, ma quando tu vuoi raggiungere un obiettivo e non ci riesci, non ti viene di guardare chi ci è riuscito e chiederti “Ma che cos’ha che io non ho?”, magari solo con l’umile intento di metterti in discussione? E se viene fuori che persone che hanno raggiunto l’obiettivo sono più incompetenti di te, non diventi verde di bile? Io sì.

      E quando urli la tua rabbia, non ti viene di dirlo “perché loro che sono incompetenti sì e io no?”?

      Per il resto, questa è l’Italia che abbiamo costruito, che ci piaccia o no. Io credo che l’Italia si risolleverà quando inizieremo a essere tutti un po’ più idealisti e un po’ meno adattabili, più coscienti dei nostri diritti, insomma, con buona pace della Fornero, più “choosy”.

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    • La rabbia può essere legittima, ma non puoi cercarti un lavoro denigrando gli altri lavoratori.
      Questo è il punto della lettera, ripetuto e ripetuto, che mi ha lasciata molto perplessa.
      Il “pò” con accento è ininfluente se scritto con la tastiera (eviti due battute, lo sanno tutti e ormai lo scriviamo in moltissimi con l’accento e non con l’apostrofo), il concetto del “licenziateli tutti e assumete me che son più titolata e più brava”, è preoccupante.

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    • @ili6: sul “lo sanno tutti e ormai lo scriviamo in moltissimi con l’accento e non con l’apostrofo” dissento: è un errore, punto, non possiamo cambiare la lingua italiana così, e poi sta scrivendo una lettera ufficiale, non un sms in cui si permette di scrivere xké per usare meno caratteri!

      “Licenziateli tutti” lei non l’ha scritto (mi pare…) e infatti tu parli di concetto, ma è un concetto che forse hai recepito tu ma che lei non ha espresso (e poi perdonami, ma se pure l’avesse espresso, avrebbe ragione, anch’io penso che dovrebbero, dai vari posti di lavoro, sbattere fuori la gente incompetente e assumere quella competente!).

      Sono poco diplomatica ma… leggi nella colonna a destra del mio blog la frase di M.Luther King che ho riportato… 😉

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    • PS: sono andata a rileggere il post e lo trovo delizioso, spiritoso, e il “licenziateli tutti”, con sottinteso “sono una manica d’ignoranti e solo io sono brava” non l’ho letto da nessuna parte: omnia munda mundis?

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    • Ho riletto pure io, posso sbagliare, anzi sbaglio spesso…, ma gli esempi di Fruttero&Lucentini e di Macbeth che vogliono sottendere?

      Certo che l’accento al posto dell’apostrofo è un errore come un errore è scrivere qual è con l’apostrofo o il va, il fa con accento. faccio esempi di errori grammaticali molto comuni nel web, errori di tastiera o di poca conoscenza della grammatica. Ma non mi accapiglierei per questo. Io ad es. tendo a non usare (per pigrizia) le maiuscole quando scrivo con la tastiera, ma giuro che conosco bene le regole del carattere maiuscolo. E pensa che non ho nemmeno uno straccetto di laurea.
      Buon week end, Diemme e buona fortuna a LaValeria e a tutti i giovani in cerca di un sogno.

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    • Gli esempi di Fruttero&Lucentini e di Macbeth vogliono dire che i commessi erano impreparati, che da chi lavora in libreria non ci si aspetterebbe un simile analfabetismo: secondo te ha torto? Per me no.

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    • …e in una lettera ufficiale si permette di scrvere inoltre termini come “cacate” e “accozzaglie”, dando dell’incompetente e della venduta all’azienda stessa. Chiamiamola ironia e mettiamoci un punto.
      Ciao

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    • Aspetta che vado a rileggere… (non c’è bisogno di metterci un punto, si chiacchiera, esprimiamo le nostre idee, non è mica una questione personale!).

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    • certo, si discute solamente.
      Dire ad un’azienda che pubblica libri che sono un’accozzaglia di parole significa dare dell’incompetente e della “venduta” ai favoritismi. a mio avviso, naturalmente.
      Non ho mai pensato fosse questa la lettera ufficiale, è un post; ho scritto così perchè lo hai detto tu.
      Ora chiudo e vado a fare la spesa
      Un abbraccio, ciao.

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    • Io non la vedo così. Una libreria vende libri, in teoria dovrebbe avere una scelta vasta, il più possibile. Ora, tutti sappiamo che molti libri, anche di autori che stanno avendo il loro momento di notorietà, sono delle emerite boiate, ma di questo nessuno credo intenda dare la colpa al megastore, “ambasciator non porta pena”.

      Dire che dei libri che ha acquistato sono insulsi non implica un giudizio etico sulla libreria che li ha venduti, ci mancherebbe! Semmai, il giudizio negativo io lo riserverei all’editore…

      Un abbraccio anche a te e, se non ci sentiamo prima, buon week end 🙂

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    • @ili6: per ora sono arrivata a “cacate” e “accozzaglie”: tu dici “in una lettera ufficiale”, ma quella non è una lettera ufficiale, è un post sul suo blog, un post ironico che vuole “buttare in caciara” una situazione che le sta a cuore e che la fa soffrire.

      Ciò premesso, chi di noi non ha acquistato libri ritrovandosi delle emerite “cacate” e “accozzaglie” di parole? Noi lo pensiamo, lei, trattandosi di un blog, quindi di un suo diario personale, lo ha scritto.

      Continuo a leggere, cerco il punto in cui dà dell’incompetente e della venduta all’azienda.

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  7. Domani vado alla Feltrinelli di Bari. Per anni quel posto è stata la mia culla, il mio rifugio, la mia oasi di stimoli e sogni. Specie quando era in un angolo, aveva due piani, era piccola e fuori c’erano gli annunci delle case per i fuoriesede, come me. Poi è diventata questo grande megastore, con la Ricordi incorporata, ma non ha smesso di essere per me un posto molto importante. Sarà perché ho il difetto di credere alle parole, quello di pensare che un Paese che leggesse di più, si acculturasse di più, cercasse più spiegazioni sarebbe più saggio e più libero. Domani ci vado perché il socio ha pubblicato il suo primo libro: un libro che racconta di calcio ma solo in apparenza. Perché raccoglie le storie più belle di emancipazione, umanità, riscatto, simpatia che si sono succedute nella sua trasmissione in radio. Ci andrò quindi con un’emozione nuova: quella di vedere un libro che è anche mio. E che quasi sicuramente, si troverà tra i libri “di nicchia” come dice il post di oggi, in favore dei soliti Dan Brown e Ken Follett. Quanto al mobbing e all’etica del lavoro che non deve diventare schiavitù, sfondate una porta aperta. E non mi meraviglia che la Feltrinelli si sia adeguata alle logiche..e lo dico con sincera amarezza. E aggiungo: che se mi servisse una commessa laureata in lettere, che sa bene di cosa parlo se chiedo un libro diverso dalla solita saga alla Moccia e mi desse delle importanti informazioni sul libro, sarei felicissima e ci tornerei al volo.
    Perché in questo Paese abbiamo smesso di pensare che “competente” è un valore.
    E va a finire che chi ci ha messo una vita per formarsi e mettere a servizio della società civile le proprie competenze “deve stare solo al posto suo”.
    Ps: Barbara, ma sai che pure io sta storia di Feltrinelli mica la sapevo così cruenta? Grazie per averne parlato!!!

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    • @Ari: “E va a finire che chi ci ha messo una vita per formarsi e mettere a servizio della società civile le proprie competenze “deve stare solo al posto suo”.”: hai toccato una dolentissima nota.

      Bisogna che la competenza torni ad essere un valore, e l’eccellenza non sia solo una misura di quanti soldi uno porta a casa.

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  8. Mah, se questa ragazza sta alla cassa, è chiaro che da lì non deve spostarsi soprattutto in orari di punta quando c’è tanta gente. Non mi piace che non possa scambiare nemmeno due parole coi clienti perché è e rimane una persona e il contatto umano dà qualcosa in più a qualsiasi negozio. Eventualmente servirebbe una commessa a disposizione dei clienti qualora la richiedessero. E si, qualora la richiedessero, di certo non è bello avere qualcuno alle calcagna che ti toglie l’aria e non ti fa scegliere in pace. Non mi va nemmeno che qualcuno decida di acculturarmi se io non voglio, non ne hanno alcun diritto. Altra cosa che non mi è piaciuta è che pensi che le esigenze di un lettore di Bari possano essere diverse da quelle di Padova, magari si stupirebbe nello scoprire che si ritrovano senza problemi… E’ un megastore non la libreria sotto casa, è chiaro che sono due realtà diverse. Secondo me, farebbe bene ad aprirsene una sua e a gestirsela come dice lei. Mi trova d’accordo quando si lamenta della poca flessibilità sugli orari e giorni liberi proprio perché non è un negozio sotto casa. Con tanti dipendenti si può fare quello che il povero commerciante con la sua attività a gestione famigliare non può.

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    • Per lo spostarsi parliamo chiaramente di una commessa, non di una cassiera, e non parliamo di una che ti tampina ma di una che, se consultata, sa rispondere in modo esauriente e competente.

      Il rapporto umano è importante, sì: il Bali mi prende in giro che io parlerei pure coi pali della luce, ma tanta gente mi ha ringraziato per essere così.

      D’altra parte, tra chi considera anche i pali della luce e chi ignora pure le persone, forse meglio far parte dellaprima categoria.

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    • È difficile esprimersi in un commento senza lasciare spazio, giustamente, a diverse interpretazioni, senza essere prolissi e comunque incompleti. È difficile anche esprimere in un unico concetto l’esperienza di lavorare in un megastore dopo aver lavorato in una libreria senza cambiare azienda. Ho lavorato sia in una libreria Feltrinelli sia in un megastore. Le librerie stanno scomparendo, i megastore si sono trasformati in bistrot. Ho lavorato in cassa ed era difficile in 6 ore di fila continua, riuscire ad avere una pausa, per fortuna per legge dopo 6 ore si ha diritto a una pausa di un’ora. Contando che avevo a che fare sia con i soldi sia con la parte peggiore dell’iter di acquisto di un libro: il pagamento.
      Mi permetto di sostenere che città diverse leggono libri diversi perché l’ho vissuta, ma ovviamente non sono una sociologa, sono solo un’osservatrice.
      I commessi (sarebbe inopportuno chiamarli librai) il più delle volte non sono incompetenti ma vengono assunti e raramente messi in settori di loro competenza. Avveniva nelle librerie, piccole realtà in cui il rapporto umano cliente-venditore era valorizzato. Avviene quanto il commesso/a riesce a non “accolarsi” il cliente pur consigliandolo con precisione e competenza. Avevo un collega musicista diplomato alla scuola di musica, un sognatore a cui piaceva raccontarsi ai clienti e consigliare musica: l’hanno messo a vendere DVD. Un altro collega musicista bravissimo e molto simpatico ma sbrigativo e di poche parole invece ha potuto restare al reparto musica ma nonostante la sua efficienza e competenza non ne è mai diventato responsabile: al suo posto hanno messo un collega anziano che ha riorganizzato il piano con i cestoni alla Leroy Merlin perché era appassionato di bricolage! Questi sono solo alcuni esempi.
      In ogni modo grazie per aver pubblicato il mio commento: io volevo solo sfatare il mito di un posto di lavoro sopravvalutato: ho visto molte ragazze arrivare in Feltrinelli con entusiasmo da vendere che poi si sono spente e sono rimaste deluse profondamente.
      In ogni modo, visto che ci sarebbe tanto da dire di dieci anni di lavoro, rimango a disposizione per qualsiasi chiarimento. E aggiungo che non voglio sputare nel piatto in cui ho mangiato, voglio solo dire che lavorare in Feltrinelli non significa lavorare in una libreria o in un posto che vende cultura, significa lavorare in un supermercato. Forse un po’ meno tutelati proprio per l’idea che gli altri hanno, idilliaca, di questa realtà lavorativa.

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    • Cara Anonima, intanto grazie della tua visita e del tuo prezioso contributo.

      Non ho molto da aggiungere, mi è facile pensare che le cose stiano esattamente come dici tu, senza contare la persona giusta al posto sbagliato, la professionalità svilita, la competenza inutilizzata e così via…

      Che devo augurarmi, una marcia indietro? Io, francamente, il downgrade me lo auguro spesso e volentieri.

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  9. Poi un’altra cosa. Continuo a leggere, qui e altrove, il mantra del “oggi contano solo i soldi”. Scusate, ma voi conoscete qualche momento nella storia dell’umanità in cui i soldi non abbiano contato più di ogni altra cosa? In cui i padroni non abbiano selvaggiamente sfruttato i dipendenti? In cui per denaro non si sia rubato ingannato sfruttato ucciso? Vogliamo ricordare che in passato si comprava coi soldi anche la carica di cardinale e addirittura di papa? Vogliamo ricordare che se oggi avviene solo in certe parti del mondo, una volta era dappertutto che senza dote non ci si poteva sposare in maniera decente, e che l’entità della dote era il primo, se non l’unico, valore a venire preso in considerazione? Vogliamo ricordare quando i diritti elettorali erano condizionati dal censo, e se non si poteva dimostrare di avere un determinato reddito non si aveva il diritto di votare?
    (Abbiate pazienza, sono allergica ai mantra, alle frasi fatte, ai luoghi comuni, soprattutto quando dietro alle parole c’è il nulla assoluto).

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    • @Barbara: mi dispiace Barbara, dissento. Io non ti sto parlando della storia dell’umanità, ti sto parlando del periodo che ho visto io, e non mi dire che i valori delle persone in questi ultimi decenni sono rimasti gli stessi. Ora, a parte che i soldi hanno sempre contato, a parte che la gente per i soldi si è sempre venduta e scannata, a parte i padroni che hanno sempre sfruttato, c’erano dei meccanismi diversi, diffusi in maniera diversa, meno fagocitanti, meno alienanti. Prima il negozietto sotto casa c’era, l’esercente che trattava il cliente con rispetto c’era, persino nella banca le persone, almeno per i dipendenti, erano persone.

      Non eravamo stati ancora “globalizzati” (leggi “inglobati”, perché poi la globalizzazione di per sé per me è pure cosa buona e giusta), non eravamo rotelline degli ingranaggi perversi delle multinazionali. Non c’era questo costume, forse neanche questa possibilità, di spremere anche la terra, le persone e gli animali il più possibile. Prima uno poteva sfiancare un cavallo per farlo giungere a destinazione, ma lo sfiancamento delle mucche e delle galline negli allevamenti intensivi perché si deve produrre di più, vendere di più, gli scaffali dei supermercati devono essere pieni a qualsiasi costo, e la gente deve comprare, comprare, qualsiasi cosa a qualsiasi costo, questo non c’era. Oggi nelle aziende ci sono gli “obiettivi” da raggiungere, e se in banca ti dicono che tu devi vendere un tot di quel prodotto – che una bufala, tu quel prodotto lo proponi anche a tua madre pensionata perché se non raggiungi gli “obiettivi” vai incontro a una valutazione negativa, e quindi alla perdita del posto di lavoro. Ci sono idealisti, tra cui la sottoscritta, che si rifiutano, ma il popolo non è fatto di grandi idealisti, e al grido di “tengo famiglia” si fanno tante cose che in un mondo perfetto non andrebbero fatte (e, possibilmente, neanche in quello imperfetto).

      Sì, l’uomo è sempre stato lo stesso, le dinamiche sono sempre state le stesse, Giuda ha venduto Gesù per trenta denari, ma il fatto è che ora queste dinamiche viaggiano su scala industriale, hanno mezzi potenti, e non è sempre stato così. La società ingiusta, nel corso della storia, c’è sempre stata, ma ogni periodo ha le sue modalità di ingiustizia e prevaricazione, e le modalità del mondo contemporaneo sono i mezzi, la velocità, la globalità, forse anche persone con più complessi rispetto a prima, forse a causa della maggior possibilità di confronto, o forse per la maggiore possibilità di sentire “l’odore dei soldi”: non lo chiamerei mantra, ma un triste – tristo – stato dell’arte.

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    • Ambè, certo, prima i bambini morivano di sfinimento a dieci anni lavorando in fabbrica 16 ore al giorno, e se sopravvivevano fino all’età adulta venivano licenziati, perché da adulti avrebbero dovuto pagarli di più, ma ogni fabbrica per conto suo, mica col Grande Orco della globalizzazione. Prima uno apriva il negozietto solo se il padrone del paese glielo permetteva, ma ogni paese per conto suo, mica col Grande Orco della globalizzazione. Prima nessuno sposava le serve perché lo sapevano tutti che le serve dovevano servire da oggetti sessuali per tutti i maschi della famiglia, ma ogni padrone per conto, mica col Grande Orco della globalizzazione. Prima il 90% delle puttane si ammalavano di sifilide perché i clienti non volevano saperne di usare i preservativi e le padrone dei bordelli erano interessate unicamente ad accontentare i clienti che pagavano, e le puttane che crepassero, e infatti crepavano, perché i clienti erano tutti impestati e prima o poi finivano per impestare anche loro (quando con la legge Merlin i bordelli sono stati chiusi, la sifilide fra le prostitute è crollata dell’80% in due anni), ma ogni bordello per conto suo, mica col Grande Orco della globalizzazione. Coltivazioni intensive e mucche e galline sfinite? Te l’hanno detto che una volta la Terra doveva nutrire mezzo miliardo di persone e adesso ne ha sulle spalle più di sette miliardi? I cambiamenti degli ultimi decenni? Trentacinque anni fa ho chiesto a una scolara che cosa sognava da fare da grande, e lei ha detto: vorrei tanto fare come mia zia. Che di mestiere faceva la mantenuta di un uomo ricco, e tutta la classe ha caldamente approvato. Mentre la madre di uno scolaro con grandissime doti letterarie tentava di inculcargli l’idea che doveva andare a fare il dentista perché quelli prendono una barca di soldi.
      La sai una cosa? Più mi guardo intorno è più mi convinco che il Grande Orco della globalizzazione sta sempre più assumendo tutti i ruoli del complotto demoplutogiudaicomassonicocomunista.
      Quanto a Giuda, lasciamolo stare: secondo l’esegesi cristiana ha semplicemente fatto ciò che da sempre era stato destinato a fare affinché si potesse compiere la redenzione dell’umanità (e infatti quando arriva il momento Gesù gli dice “Vai, e fai ciò che DEVI”)

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    • @Barbara, ti ho premesso che in non parlavo della storia dell’umanità, ma di quella che ho visto io, e quando ero piccola io il lavoro minorile era già proibito, e le ore di lavoro non erano diciotto, e c’erano molti più diritti per i lavoratori rispetto ad ora. Non ho detto che la globalizzazione sia il grande orco anzi, se rileggi il mio commento, l’ho definita cosa buona e giusta: io ho parlato di “inglobamento”, di piccole attività fagocitate dalle grandi, e non dirmi che non è così!

      Io amo la globalizzazione, la cultura che circola, le informazioni che circolano, la possibilità di trovare qualsiasi cosa in qualsiasi punto del globo in tempi brevissimi, le persone (e gli appelli) che circolano, culture che s’incontrano, si confrontano, si uniscono dando vita a qualcosa di ancora nuovo…

      Per i tempi di cui parlo io per aprire un negozio bisognava solo chiedere la licenza, mio padre la chiese e la ebbe, senza passare per i padroni. Quando sono nata io, le case chiuse erano già chiuse (per l’appunto) ma non venire a raccontare a me delle prostitute, perché è dalla più tenera età che, per motivi indiretti, le bazzico, e sono pochi anni che ho fatto centinaia di ore di tirocinio in mezzo a loro, e su loro verteva la mia tesi: e ti assicuro che dei bordelli non so niente, ma anche oggi le costringono spesso a prostituirsi senza preservativo, perché il cliente che non lo vuole è disposto a pagare di più, e loro devono portare a casa tanti soldi, ma tanti, altrimeni son guai! E poi a volte le imbottiscono pure di droga per non far capire loro troppo quello che fanno e che forse troverebbero la forza di non fare, neanche a forza di botte, se fossero lucide: ti prego, parlami di storia, ma non di prostituzione.

      Per giungere ai sette miliardi da nutrire, te l’hanno detto che la terra ha sufficienti risorse per tutti, e che gli allevamenti intensivi impoveriscono terribilmente la terra di queste risorse? La terra ha cibo a sufficienza per sette miliardi di persone, il problema è la distribuzione, tant’è vero che nel nostro mondo si muore per eccesso di cibo (e non dirmi che quelli che muoiono per eccesso di cibo sono una minoranza rispetto all’umanità intera, questo lo so, ma ciò non toglie che la terra il cibo lo produce per tutti, se solo glielo lasciano fare).

      Infine, so che Giuda ha fatto quello che secondo l’esegesi cristiana doveva fare, ma anche non volendo riferirsi a lui, credo proprio che la corruzione sia sempre esistita (che, poi, mi pare sia quello che sostenessi tu)

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    • Ho inviato senza rileggere, chiedo venia per eventuali strafalcioni, ma ora preferisco andare avanti e poi mettermi in moto per tutti gli oneri del fine settimana 😉

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  10. Oggi come oggi il lavoro stesso delle commesse è cambiato (in libreria onestamente non ho mai incontrato, nemmeno ai tempi d’oro, quelli precedenti la diffusione del web, quando si leggeva molto di più, una “consulente libraria”). Quasi nessuno è davvero competente perché gli acquisti, specie nei grandi negozi, vengono fatti nella modalità self-service. Ricordo quando volevo acquistare un telefonino e la commessa si è messa a leggere le istruzioni allegate per spiegarmi come funzionava. Lo stesso discorso vale per i negozi di abbigliamento: quando mai trovi una commessa che ti segue nell’acquisto, che ti accompagna in camerino, ti aspetta e ti consiglia, dicendoti se un capo ti sta bene o male? Dirò la verità: sono talmente abituata a far da sola che quelle rare volte in cui mi si avvicina una commessa e mi chiede “Le posso essere utile?” mi dà quasi fastidio.
    E che dire dei farmacisti? La maggior parte di loro, pur avendo una laurea, svolge la semplice attività di commesso per cui non ci sarebbe nemmeno bisogno di tanti anni di studio, a meno che non si chieda un farmaco particolare per il quale sarebbe necessaria la prescrizione del medico e allora i farmacisti si limitano a chiedere: “ne fa uso?”, domanda che mi fa venire il nervoso perché mi verrebbe da rispondere: “altrimenti che ve lo chiedo a fare!”.

    Insomma, non vedo la necessità di una “consulente libraria” e la Valeria farebbe bene a rassegnarsi.

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    • @marisa: hai ragione sul fatto che le cose stiano così, ma sono meno d’accordo nel pensare che vanno bene così e non c’è nessuna necessità che vadano diversamente. A me piacerebbe trovare in farmacia un medico anziché un commesso, e in libreria una persona di cultura che la maggior parte di quei libri l’ha letta, e non una spcie di magazziniera che dei libri sa solo quanto pesano e in quale scaffale stanno.

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  11. Vedere i megastore Feltrinelli come un luogo di “cultura”, in cui cercare nuove perle della letteratura è come cercare le prelibatezze della gastronomia regionale italiana negli Autogrill. È altro, rispettabile, utile, ma altro. Autogrille vende la Rustichella, Feltrinelli “Bruno Vespa”
    Fonderei un partito per la difesa dell’apostrofo in po’ !

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    • @Signor Smith: mi è capitato di vedere autogrill attrezzati anche con prelibatezze regionali, certo non appena sfornate!

      Secondo me il fatto non è che “Feltrinelli” non possa essere un luogo di cultura, ma che un megastore è difficile che lo sia, proprio per le finalità spietatamente commerciali che fanno pure un po’ a pugni con la natura dei libri (visto che la cultura dovrebbe trasmettere ben altri valori, e che i libri – […] – dovrebbero trasmettere cultura).

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  12. l’ho letto anch’io quel commento, da valeria. fa tanta tristezza, ma è una realtà che è dettata dal consumismo e dal fatto che pochi sono disponibili a ” pretendere ” cultura in un posto dove la cultura dovrebbe essere di casa.

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  13. In merito alla lettera di Valeria ho già avuto modo di fare un mio commento da @Mizaar, più che altro per augurare miglior fortuna a questa cocciuta ragazza, che sinceramente mi fa tenerezza in questo suo voler a tutti i costi lavorare in una libreria e proprio in quella di Feltrinelli.
    Ecco, pure io non amo particolarmente le librerie di quel marchio, ormai in tutte c’è di tutto, ma nelle edizioni Feltrinelli ho sempre trovato poco per i miei gusti.
    @Barbara ci ha raccontato del fondatore cose che non sapevo precisamente, ma delle quali ho sempre avuto un certo sentore, che ha concorso a farmi girare al largo da quel marchio. Ora la lettera che riporti tu fa il resto, conferma quanto già commentato da @Aquila, sul fatto che l’etichetta progressista non fa differenza per chi poi ci lavora, come ricordo avvenne per chi si lamentava che il sindacato pagava in nero propri dipendenti, anche se questo è un aspetto un pò differente.
    Dalle mie parti ci sono librerie che curano eventi culturali ed hanno il salone delle conferenze attiguo alla libreria, ed a me in una è capitato di finirci dentro, cercando il genere di libri che non riuscivo a trovare.
    Credo sian limitativo, per chi lavora in una libreria, consigliare solamente i libri che già per come sono disposti, sembrano saltarti addosso appena si entra, che poi, almeno per me, difficilmente sono pure quelli che mi interessano, come è stato per i 3 delle varie “sfumature”, ed ancora più quelli di cucina della Parodi, di Vespa, di Zafon, di Camilleri, o magari del politico di turno.
    Possibilmente sempre meglio trovarseli da se i libri, ed a me piace pure imparare a capire come è organizzata una libreria per arrangiarmi.
    L’alternativa, anche dal punto di vista economico rimane sempre l’acquisto in rete, sempre rimanendo nel genere tradizionale e cartaceo, che mi sa fra un pò anche su questo qualcosa comincerà a cambiare davvero, le tentazioni aumentano, visto che costano meno e risolvono il problema dello spazio in casa.
    Ma questi sono già altri discorsi, finisco solo dicendo che anche a me sarebbe sempre piaciuto lavorare in una libreria, se non altro per respirare l’aria dei libri.
    Un abbraccio carissima @Diemme, buona notte e buon weekend!

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    • @Sergio: anche a me sarebbe piaciuto lavorare in una libreria, ma in una di quelle che vedevo da ragazzina, in cui l’affluenza non era continua e mostruosa come nei megastore, e davvero i commessi avevano tutto il tempo, seduti dietro il bancone, di leggersi tutto quello che volevano (e lo facevano!).

      Oggi, a dir la verità, non credo che una persona che lavora in un megastore abbia tempo di mettersi a leggere un libro (neanche al ritorno a casa!), e se ce l’avesse non le verrebbe permesso, nei megastore i venditori non se ne stanno mai rilassati a godersi il tempo libero, neanche quando c’è.

      Della storia dei padroni provenienti dalle ali progressiste siano a volte i peggiori negrieri in assoluto ne ho un esempio, come sapete, proprio da me (ricordate la lite? Off topic, al momento la signora è un tantinello in difficoltà, staremo a vedere come procede).

      Buon week end a te! Se riuscissi a prepararmi un caffè potrei dare inizio anche al mio di week end…

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  14. @Diemme …. ehm(me) …. “non è tutt’ oro quello che riluccica” ?!? 😯
    Strano …. detto da te, very strange my dear !
    Sono infatti convinto ( sbaglio ?!? ) che sotto la tua veste, a parte le mitiche “mutandine blù” di aquiliana memoria …. tutto quello che riluccica …. E’ PROPRIO ORO !!! :mrgreen:

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    • @Bruno: guarda che io non rubo le mutandine alla mia amata pronipote, e Aquila è con lei che ebbe “l’affair” ;).

      Luccico? Oggi un po’ meno… giornata no ieri l’altro, giornata no oggi, rallegrata solo dagli impagabili amici Bali e Luisa e da qualche spesuccina qua e là…

      Tu pensa che per mangiare un boccone in santa pace sono dovuta uscire e andare a mangiare fuori da sola, che dentro casa mia non sono stata mica in condizioni di mettermi seduta davanti a un piatto di veleno in santa pace e tranquillità!

      Se mia figlia non si decide a rispettare i miei spazi, visto che i suoi vengono rispettati, qui si mette proprio male!

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  15. Ah ah ah ah ah … birbacciona ! 😆
    Mi risulta invece che Tu e quella maliarda della tua “pro” ( all’ ennesima potenza …. ) @Nipote, quelle mutandine blù ve le prestate spesso l’ una con l’ altra …. sapendo entrambe quanto quel leggendario indumento renda irresistibile colei che l’ indossi ! :mrgreen:
    Comunque … bando ai sofismi, alle precisazioni …. alle malinconie ed alle ‘giornate no’, con o senza quel blu da sogno di mutandina, sotto la tua veste tutto ciò che riluccica è oro, e mi dispiace se questa mia constatazione inficia un poco l’ assunto del tuo post …. ma tant’ è !!! 😀
    Per concludere …. le tue attuali incomprensioni con @Sissi, scaturiscono – a mio parere “errante” ( ma mica tanto ….. ) – essendo manifesta in entrambe, nella mamma come nella figlia, una visibile “ansia da prestazione” : lei … per la prova che fra poco dovrà affrontare alla maturità, e Tu perchè quella prova la senti a carne e, come pure ho scritto da @Aquila, in maniera più lancinante ancora di quando l’ affrontasti Tu a diciannove anni !
    E’ necessario, quindi, che rimandiate a dopo le vostre baruffe chiozzotte …. e che tutte e due vi diate una calmatina ina ina …. 🙂 : sotto questo aspetto, esprimo una lode sincera a @Bali ed a @Luisa … ogni volta che, da amici veri, ti fanno allontanare dai tuoi pensieri cupi !

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    • @Bruno: ribadisco, ognuna è gelosissima della sua biancheria (ma dico, stai scherzando? Stiamo parlando di intimo!), l’unica cosa che ci dividiamo (piucchealtro litighiamo) è il pc, ma oramai vinco sempre io.

      Con Sissi in questo momento stiamo messi male, sono giorni che litighiamo, nonostante la pagella d’oro che più d’oro non si può, e appena si vede una schiarita si riannuvola subito. In questo momento sto chiusa in camera mia, con tanta voglia di mandarla a… vivere da papino suo.

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  16. No …. ti capisco, ma non farlo ora !
    @Papino …. può aspettare !
    SOPPORTARE, ora, è uno sforzo che ti devi imporre, @Diemme cara … ma questa situazione fra poco cambierà radicalmente, te lo assicuro … ora come ora @Sissi è troppo carica emotivamente, e non capirebbe i tuoi sacrosanti, condivisibilissimi sfoghi …. Tu sì, invece, la puoi capire … mi raccomando … ogni tanto ASCOLTAMI !
    Frattanto, ascolta questa canzone …. è così rilassante e dolce, come può esser dolce un sogno ! 🙂

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    • Il fatto è che quando io sono arrabbiata (e ai suoi 23 cromosomi patermi sono proprio allergica, senza contare che si portano dietro i 46 del padre con contenitore a rimorchio) ho bisogno almeno di una camera di decompressione: ho bisogno di starmene mezz’ora per i fatti miei, a sentire la musica a tutto volume, a piangere, a telefonare a un’amica, a dormire, qualsiasi cosa che mi scarichi la tensione, e invece noi, lei tampina, e io non ho un luogo dell’universo in cui nascondermi. Il tampinamento è benzina sul fuoco dell’arrabbiatura, e non so come farglielo capire: è tutta suo padre, “lasciami in pace” non va bene, né detto con le buone né con le cattive. Non serve neanche, quando è possibile, sbattere la porta di casa e andarsene: quando torni ritrovi lo stesso assillo, lo stesso tampinamento.

      E’ sotto esami? Ma perché io devo capire i momenti difficili di tutti, pure se i momenti difficili durano anni, e io invece non ho diritto a una comprensione neanche di cinque minuti? Ora fa l’esame e poi va da papino suo adorato, così mi libero pure di lui, che è uno sgravio non da poco.

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  17. Ho capito …. non mi vuoi proprio ascoltare : e quindi, devo venire da te per prenderti ‘a ombrellate’ in testa !
    Chissà ???
    Ti tampina ?!? 😯
    Meglio così … almeno non ti tampona !!! :mrgreen:

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    • Io non ascolto chi mi dice che sono una donna forte, che devo essere più forte, devo avere più pazienza, devo sopportare di più… io sono adulta, sono madre, ma sono pur sempre un essere umano in carne ed ossa e da me hanno sempre preteso troppo, senza neanche concedermi mezz’ora di camera di decompressione per ricaricarmi.

      Leva leva e non metti, ogni capitale si dimette. Anche quelle di energie.

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  18. Carta canta …. villan dorme ! :mrgreen:
    Se ti metti a rivedere i tuoi post passati ( io li frequento, su tuo invito iniziale, ricordi ? …. ormai da quasi tre anni e, statistiche alla mano, SONO STATO il tuo più assiduo commentatore, qui da te, così come dalla tua @Pronipote … ), ti accorgerai che IO NON TI HO MAI DETTO CHE SEI UNA DONNA FORTE, CHE DEVI ESSERE PIU’ FORTE …. E CHE DEVI AVER PIU’ PAZIENZA !!! 😯
    Au contraire, t’ ho sempre scritto, e spesso detto, che NON sei una Donna forte, o almeno non lo sei “per indole, o vocazione ad esserlo, o per scelta”, ma che sono state le tue circostanze esistenziali a farti indossare quella corazza “da donna forte” ( o, per usare un termine abusato nei blog e che letteralmente aborro … “da donna con le palle” 😯 ) che Tu stessa hai più volte detto di indossare, e che t’ hanno aiutato i non pochi cialtroni e cialtronesse che hanno ruotato, così come mosconi succhiasangue, intorno a te !
    Come allora anche ora, ti dico che DEVI AVERE PAZIENZA “SOLO CON @SISSI” …. e soprattutto adesso, e se anche a te piace non poco fare il “bastian contrario” …. sai benissimo da sola che con tua figlia, in questo momento, devi comportarti proprio così ‘ti costi quel che ti costi’ !
    E giacchè ci sono …. e comunque chiedendoti scusa fin d’ ora per l’ OT, fra le parole, o frasi, che più aborro nei blog, e che solo a leggerli mi fanno venire l’ itterizia, spiccano le seguenti …. ahimè in gran moda ( orrenda a mio modo di vedere le core “da errante” … ) nella blogsfera :
    1) Donna con le palle ;
    2) Mantra ( questo è recente … ma mi è particolarmente fastidioso ) ;
    3) Cuccioli … apposizione riferita ai figli da ‘mammine blogghiere ad hoc’ che scrivono su di essi ;
    4) Buon WE, o buon week-end, anzichè l’ italianissimo “buon fine settimana” ;
    5) scrivere, o dire, “fare sesso con” invece che “fare l’ amore con” … o “fare all’ amore con” ;
    6) la parola “frocio”, volgare e crudele quando sia riferita agli omosessuali ;
    ….. e ce ne sarebbero, di modi di dire o di parole nei blog, tanti/tante altri/altre ancora …. ma rischierei di annoiarti elencandotene l’ intera lista ! 😀

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  19. Non sono mai entrata in una libreria Feltrinelli, non so dire, da cliente, che aria si respiri. Ho certe idee sul commercio e per la mia esperienza posso dire che dove vengono maneggiati i soldi, di umanità ce n’è molta poca. Non è questa la sede adatta per raccontare fino a che punto. Ci credo che si possa entrare in una azienda simile con l’illusione di star andando a vendere cultura, se poi è quello che cercano di farti credere. In realtà stai andando a vendere e basta, e quanto più vendi meglio è. I libri della casa devono venir “consigliati” per prima perchè c’è un margine di guadagno più alto prescindendo dalla qualità di ciò che c’è scritto, ma alla fine è un problema del cliente se se lo sceglie. La storia della regionalità mi ha colpito perchè in un grosso negozio mi aspetto di trovare di tutto ovunque mi possa trovare. Quanta più varietà c’è per me meglio è. Va bene trovare i prodotti-autori tipici ma voglio pure altro. Mi piace respirare quanta più internazionalità è possibile, ma questa è una cosa mia e soprattutto questo è il senso che gli ho dato io. Magari Anonima si riferisce a qualcosa di più ampio che va oltre l’autore della zona.
    Alla valorizzazione del personale ormai non credo più sia nelle piccole che nelle grandi aziende. Quando ti illudi che le cose possano cambiare ti arriva la botta. Tanto vale non illudersi.

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    • @Luisa: sono d’accordo con tutto, tranne per la tua chiosa, per la quale appoggio invece Bruno: vero che dove vengono maneggiati i soldi di umanità ce n’è molta poca (dice un’antica preghiera: “Signore, non darmi la povertà, affinché io non ti maledica, né la ricchezza, perché non mi dimentichi di te“), però è pure vero che non bisogna pensare in negativo: il pensiero modifica la realtà, eccome, e bisogna stare molto attenti a come ci si pone davanti alle cose!

      Diciamo che bisogna andarci realisticamente cauti, ma sempre con l’entusiasmo e con un pensiero positivo e assertivo (Se pensi che una piccola cosa non cambi la realtà, prova a passare la notte con una zanzara 😉 ).

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  20. “Quando ti illudi che le cose possano cambiare ti arriva la botta. Tanto vale non illudersi.” ?!? 😯
    No …. @Luisa cara, questa volta NON sono d’ accordo con te ( ed è veramente una rarità questo fatto, poichè apprezzo ogni tuo commento e mi stupisce ogni volta il sapore degli elementi con cui lo confezioni … cheppoi sono le doti che più ammiro in una Persona, e cioè il buon senso, la lealtà, la sincerità, la memoria … l’ affetto ) !
    Ma sai perchè amica mia ?
    Perchè “la peggiore delle illusioni” in cui possiamo incastrarci, è il convincersi, attraverso l’ enumerazione sistematica dei casi negativi, che le cose NON POSSONO cambiare ….. convinzione erronea e nefasta, che uccide dentro la parte di noi migliore e irrinunciabile, quella che più ci appartiene e ci esprime …. e chiamiamola pure “sogno” !
    La soluzione quindi – da come vedo e vivo le cose io – è continuare invece ad illudersi che le cose possano cambiare, e sforzarci, senza stancarci mai, di cercare e credere che il meglio possa sempre e ancora venire se lo vogliamo ( e soprattutto se lo vogliamo non soltanto per noi … ), magari senza esporre agli altri la parte più fragile di noi, il che equivale al dire “esser sognatori, ma con i piedi ben saldi sulla terra” …. e vedrai che, questo modo di vivere, è assai meno difficile da attuare ….. e senza necessità di rinunciare al meglio di noi ! 🙂

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  21. Lo so, la parte finale del commento non sembra neanche da me che in genere sono una persona molto positiva. Eppure a volte quando si tratta del lavoro mi è più facile cedere all’amarezza. Ho sempre lavorato con impegno ed entusiasmo nonostante certe realtà piuttosto dure. Mi piace” il realisticamente cauti” o “esser sognatori, ma con i piedi ben saldi sulla terra” e credo sia quello che mi è mancato ultimamente. Erano anni che sentivo cantare una sirena che allettava con le sue lusinghe. Ne conoscevo già il vero volto, eppure vai a capire, sono stata ingenuotta e ci ho creduto. Ora, a me non ne arriverà comunque alcun danno giacché sono saldamente legata al mio posto di lavoro, ma chi non si è potuto aggrappare con altrettanta forza ha ceduto perché non poteva fare altro. La sirena ha già cominciato a mostrarsi com’è, come è sempre stata e mi dispiace sinceramente perchè ci avevo creduto. Dico a voce alta non illudetevi e poi… quando si dice predica bene e razzola male.
    Amici miei, è stato solo un momento 🙂

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    • @Luisa. So la storia cui ti riferisci, e ingenuo chi ha creduto a quel padrone.

      Una persona di nobile schiatta si prese un dì una cotta per la figlia dell’oste da cui si recava a mangiare. Una sua amica, di altrettanto nobile schiatta, commentò: “Ma è un’ostessa!”.

      Ora, siccome il tipo non aveva alcun pregiudizio di tipo sociale, ma gli piaceva la ragazza e basta, non diede ascolto alla sua amica, che anzi etichettò come snob e classista.

      Alla fine però, quando toccò con mano l’elasticità morale della fanciullina di fronte al vil denaro, dovette quantomeno riconoscere che certe posizioni possono incidere sui nobili ideali e la purezza d’animo: per dirla con le sue parole: “All’oste non importa che mangi poco (o che mangi male, ndr), basta che spendi tanto.

      Come hai detto in un commento precedente, quando ci sono i soldi di mezzo, principi più nobili ed elevati vanno spesso a farsi benedire.

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