Per un bimbo mai nato

Foto tratta da Fémininité

 

A Veronica, che sta cercando di superare un dolore che troppe di noi conoscono. Veronica che ha avuto tanto coraggio, ma che non è bastato. Sperando che a tutti quelli che lasciano una donna in attesa la vita presenti il conto. Salato.

Il mio bambino è morto.

Senza avermi sorriso

e senza piangere.

Senza aver stretto il mio indice forte

con la sua piccola mano.

E’ morto

senza aver visto i miei occhi

e senza chiedere.

Senza avermi mai fatto alzare

per sentirlo, la notte,

respirare.

L’ho ucciso senza saperlo,

senza volerlo,

senza sapere che, forse,

lo volevo.

Sei morto,

col tuo musetto

che mi è restato nel cuore.

E tu,

suo padre,

con le tue mani armoniose,

coi tuoi discorsi da grande,

con la tua curiosità soddisfatta,

e insoddisfatta,

e soddisfatta ancora.

Col tuo stupore

e con la tua paura,

con la tua nuova presenza

e la tua assenza,

il tuo crearci

e il tuo lasciarci morire,

lasciandoci così,

senza capire…

(Patrizia Vivanti – 23 febbraio 1993)

NOTA: con mio immenso piacere questa poesia è stata molto letta (lo vedo dalle statistiche sul post), probabilmente anche copiata. Questa poesia è un pezzo di me, della mia vita: dopo che ho perduto il bambino, non vorrei perdere anche le parole scritte per lui, quindi prego coloro che la copiano di mettere la mia firma (quella che conoscete, ovviamente, basta un: tratta da https://donnaemadre.wordpress.com), e possibilmente avvisarmi. Chiaramente mi farà enormemente piacere. Un grosso grazie.

58 thoughts on “Per un bimbo mai nato

  1. E’ bellissima, leggendola mi si sono riempiti gli occhi di lacrime…tante donne mi hanno scritto raccontandomi la loro scelta e il loro dolore e quel dolore che io nn ho provato lo capisco benissimo, lo sento così vicino….
    Forse ho anche capito a chi è dedicata questa poesia..mi piacerebbe pubblicarla anche nel mio blog…se sei d’accordo, ovviamente.
    Un abbraccio

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  2. Non so, non vorrei che andasse in giro come anonima, come invece, per ora, sento il bisogno di restare. Forse potresti mettere il link…
    Comunque la persona a cui è dedicata ha perduto il bambino spontanamente: la sua scelta era di averlo ed amarlo. Ti abbraccio.
    Dimenticavo: la poesia dedicata a Veronica è stata scritta il 23/02/1993, evidentemente in un’altra occasione…

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  3. Ho messo il link….non volevo certo essere indiscreta ma è una coincidenza veramente singolare..e coincidenze così non sono mai veramente casuali, sono un “segno”. Parere personale, eh. Un abbraccio

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  4. Hai letto “La profezia di Celestino”? Le coincidenze non esistono. Tutta la vita ci propone tasselli del nostro destino, e piano piano capiamo il senso della nostra vita. E’ incredibile, ma straordinariamente così.

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  5. questo bimbo sarebbe nato in questi giorni….il termine era il 12 Gennaio…e la sua mamma lo pensa e si domanda come sarebbe se fosse nato….maschio, femmina, pelato o con i capelli? e malgrado questi attimi nostalgici, la sua mamma è felice. è felice e serena…e credo proprio che è merito del suo angelo che si trova in cielo, e da lassù la protegge…ti voglio bene gioia mia…anche se non potrò mai accarezzarti.

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  6. una volta lessi “lettera a un bambino mai nato”, di Oriana Fallaci…mi è rimasto nel cuore per l’intensità con cui aveva affrontato quel dolore…un po’ come anche la tua poesia mi ha toccato in profondità.

    e…grazie per aver commentato il mio blog…

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  7. Figurati… l’ho anche ri-commentato. Il tema dell’aborto è un tema che ho molto a cuore: per ogni bimbo abortito mi sento male visceralmente, la vivo come una sconfitta dell’umanità intera come, del resto, ogni bimbo non protetto, violato o con stupri, o con percosse, o mandato a mendicare… spesso tutte queste cose insieme. Una società si riconosce da come tratta vecchi e bambini: e noi abbiamo decisamene tanti buchi neri. E ti confermo, non ho mai conosciuto una donna (non ho detto che non esistano, ho detto che non ne ho mai conosciute) che abbia abortito per reale necessità. Conosco una donna che ha abortito sette figli, tutti del legittimo marito. Non erano ricchi, ma neanche poveri da non poter aggiungere, di tanto in tanto, una seggiolina a tavola…

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  8. purtroppo, ci sono persone che non arrivano a fine mese…perchè poi devono partire per il loro consueto irrinunciabile viaggio alle maldive o perchè preferiscono saltare un pasto piuttosto che perdersi una puntata di lost su sky o la trasferta della propria squadra del cuore.
    ci credo che poi mantenere un figlio sia complicato…pensa a quante cose si deve rinunciare…per amore, ma tanti quell’amore non lo mettono e quindi…

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  9. Quello della cicala è un classico atteggiamento italiano però (e qui salto di pala in frasca), da formica pentita ma non cambiata, devo dirti che abbiamo dei governi che ti invogliano a cicaleggiare, visto che quello che non ti mangi tu se lo pappano loro.
    Tornando al palo, ti sento con il dente avvelenato sull’argomento: io, più che avvelenata, sono piena di dolore e sconcertata. Con quanta superficialità ho sentito trattare l’argomento! Secondo me è già sbagliato il punto di partenza,pensare di poter decidere se “tenerlo” o no: allucinante! Non è una facoltà che abbiamo!
    Io non ho niente in contrario a quelli che preferiscono andare alle Maldive anziché immolarsi sull’altare di un figlio, purché questa scelta la facciano prima di concepirlo e non dopo. Comunque, c’è gente che povera lo è sul serio, non è cosi facile come tu sembri pensare: io non me la sento di sparare a zero su chi abortisce. Ricordati, Dio odia il peccato, ma ama il peccatore… e il mio atteggiamento è quello di rimboccarmi le maniche e aiutare, non di sparare a zero.

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  10. Mi permetto di utilizzare questo grido di amore e di dolore per iniziare una tesi di laurea sulla ‘pillola del giorno dopo’.
    C’è poco da commentare. Un abbraccio forte e sincero

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  11. E’ una cosa meravigliosa, e mi commuove che queste mie parole stiano diventando una bandiera contro l’aborto. Prima di pubblicare la tesi fammi un fischio, che ti do i miei dati. Per la tua tesi, forse c’è qualcosa che ti può servire anche nel mio post “Io non ho paura“, che in realtà parla di un’altra cosa, ma in parte racconto la mia gravidanza, avvenuta un anno dopo.

    In bocca al lupo per la laurea (in che cosa?)

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  12. che strano pensare che una dedica fatta a me possa finire su una tesi di laurea…..a pensare che la mia l’ho dedicata al mio angelo che non ho mai abbracciato….

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  13. Che strano pensare che quei giorni di solitudine, passati a letto a piangere coi dolori forti al ventre, oggi possano servire a evitare qualche “scelta”, e a farci trovare a correre ai giardinetti e sorridere qualche angelo che nessuno avrebbe mai abbracciato

    *** Ogni bambino che nasce, è forse l’ultima possibilità che ha l’umanità di salvarsi. ***

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  14. Entro in punta di piedi in questo post dove si racconta di un dolore che purtroppo conosco da vicino e che conservo nella parte più intima e silente di me.
    Ma la delicatezza di queste parole mi ha fatto rompere quel silenzio, incrinare la voce mentre le leggevo e mentalmente le dedicavo anch’io al mio angelo che non ho mai potuto tenere tra le braccia.
    Poi, qualche mese dopo, il miracolo della vita si è ricompiuto ed ogni giorno ringrazio Dio per avermelo donato ed aver colmato la mia vita della gioia della maternità.

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  15. God says: “You don’t have to fight this battle. Stand still, and you will see the deliverance of the Lord”
    Stand still, Very, e lascia stare certa gente. Be confident. Keep a good attitude. E lascia che ti piovano addosso a iosa, da non riuscire a fermarle, tutte le benedizioni che il Signore ha in serbo per te.

    *** Però! Stavolta ho fatto concorrenza a Lele… ***

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  16. Oggi sono andata sul blog di Sterob (v. commento n. 5), e ho trovato questo commento:

    chiara Dice:

    Febbraio 20, 2008 alle 10:28 pm
    Non ho mai scritto nulla per il mio bambino mai nato..oggi ricorre il suo anniversario.. quello che io decidi per lui. Sento lo stesso dolore che senti tu. Sono trascorsi anni.. molti anni.. ho scritto un sms al padre x chiedergli se si era ricordato che giorno fosse oggi.. mi ha scritto che per lui era un giorno di felicità perchè sperava nel nostro futuro! Uno ti porta ad abortire e pensa che sta costruendo qualcosa di buono! Che orrore. Ti mando un abbraccio mia cara.. pensa ora i nostri bambini giocano allegri e felici e si danno la manina.. speriamo che le nostre lacrime oggi servano per fargli sentire il nostro amore negato.

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  17. Eh no, Chiara, io il mio amore al mio bambino non l’avevo negato affatto. Io non ho mai pensato di abortire, nonostante la mia situazione fosse difficile e, ti assicuro, avevo tanta paura. Anche la situazione di Veronica era difficile, e anche lei aveva paura: ma l’ha accettato con grande coraggio e tanto amore. Poi la vita ha deciso per noi: noi conviviamo con il dolore, con il rimpianto, ma non con il rimorso. Non abbiamo deciso per lui.

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  18. A scanso equivoci, che in genere non amo ma su questi argomenti men che meno, vorrei precisare che anche nel mio caso è stata la natura a decidere per me.
    E vorrei aggiungere che il dolore è stato enorme, soprattutto quando ti senti dire dai medici “forza signora, la prossima volta andrà meglio, in questo caso la natura ha fatto il suo corso…”
    Eh no miei cari, questa non è una lotteria…nessun genitore dovrebbe poter mai sopravvivere al proprio figlio, è contro natura! E poi nessun figlio potrà mai sostituirne un altro, nemmeno uno mai nato.
    Certo, poi la vita va avanti e in qualche modo tutto si supera, ma forse mai veramente…una parte di me è ancora ferma all’aprile del 2004 lì su quel lettino d’ospedale ad osservare impotente l’immagine del mio bambino senza battito nè movimenti…

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  19. C’era una volta una ragazza di 18 anni che si mise con un tizio del quale non so nulla. Buono o cattivo, i due decisero di avere un bambino: lei rimase incinta ed era felice, era una specie di gioco che la divertiva, avere l’uomo e aspettare un bambino, si sentiva tanto grande. A un certo punto però lui la lasciò, e lei aveva già superato il terzo mese di gravidanza. Viveva coi nonni ricchissimi, che la invitarono ad abortire per “non rovinarsi la vita”: lei tentennava, ma loro furono insistenti, le fecero un quadro catastrofico del suo futuro se avesse tenuto qual bambino, una ragazza così giovane, senza essere sposata, non l’avrebbe mai voluta nessuno, non avrebbe trovato un lavoro… ma se si fosse liberata di quel peso, la vita le sarebbe tornata a sorridere. Io non conosco questa ragazza, non so se sia debole o forte, ma certo era stata appena lasciata dal suo compagno, era giovane, spaventata, e piena di dolore. La convinsero. Era al quinto mese di gravidanza, e dovettero ricorrere a un “cucchiaio d’oro”: sul tavolo operatorio, a operazione già iniziata, iniziò a urlare che non voleva, che voleva tenerlo, che voleva suo figlio, ma ormai il processo di espulsione era cominciato. Anche lei ha visto quell’esserino senza vita (o forse era ancora vivo?). Ha urlato ossessivamente “Sono un’assassina, sono un’assassina, sono un’assassina!”. Per anni ha camminato a testa bassa, ha avuto incubi, ha pianto. Per anni non è potuta passare davanti a negozi per bambini, quasi sveniva, e vedere una donna incinta le scatenava sentimenti inenarrabili. L’hanno rovinata. Ma il figlio non l’avrebbe rovinata, le avrebbe dato solo tanto amore, le avrebbe dato uno scopo nella vita, e la forza per lottare. So che questo che ho scritto è crudo, ma questo è l’aborto.

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  20. Si, questo che hai scritto è molto crudo e…aldilà delle scelte non volute, pensavo che l’aborto, se scelto consapevolmente, fosse una conquista della donna moderna, padrona del suo corpo e del suo volere; in questo, sono il primo a crederci.

    Comunque, non discuto su ciò.
    Voglio solo dire che è vero, un figlio mai nato ci lascia dentro un vuoto che difficilmente è colmabile. Ci si ritrova a chiedersi come sarebbe stato, ma anche cosa sarebbe stato di te se mai lo avessi avuto.

    E magari ti viene in mente mentre guardi altri bambini, altri momenti di padri che con i loro figli giocano, ridono, felici di essersi “conosciuti”

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  21. Una donna può essere padrona del suo corpo, ma un bambino non è il suo corpo, è un’altra persona e un altro corpo. Conquista della donna moderna? A me pare che l’unica conquista della donna moderna sia tanta solitudine…
    E, comunque, le donne hanno sempre abortito, quindi, anche questo, con la modernità non c’entra niente: solo, prima abortivano clandestinamente, rischiando la vita, oggi in ospedale e, almeno questo, può essere considerato un progresso. Ma nella direzione sbagliata. Il fatto invece di poter partorire e lasciare il figlio in ospedale in maniera anonima, è effettivamente un mezzo per poter “rinunciare” a un figlio a cui non si può provvedere, senza ricorrere all’aborto. Certo, portare a termine una gravidanza, con tutte le complicazioni sociali che questo può avere, sapere poi che, in qualche parte del mondo, esiste un tuo figlio, sono comunque problemi grossi da affrontare. Un aborto può invece darci l’impressione di essere indolore, fisicamente e socialmente, può non essere raccontato, non ti costringe a rendere conto a nessuno. Solo a te stessa. E, se esiste, a Dio.

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  22. Ho condiviso questo tipo di esperienza, in una camera di ospedale a più letti,in ognuno una storia,molto diverse nelle loro realtà. A un certo punto ho sentito un gelo terribile impadronirsi di me, un blocco allo stomaco,una cefalea incredibile,ho dovuto andare via altrimenti sarei crollato sul pavimento. Personalmente non sono facile alle emozioni,la mia attività sportiva le vieta in modo tassativo ma quel giorno fu tremendo. Se io mi sentivo così non voglio immaginare cosa provavano quelle creature e qui mi fermo.

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  23. Questa poesia mi ha emozionato e commosso al tempo stesso ed è riuscita a trasferire e cogliere appieno il dramma vissuto dall’amica Veronica alla quale auguro tutto il bene possibile.
    Diverso è stato però il comm. 23 che descrive un disgustoso omicidio. Vorrei ricordare che l’IVG è regolata da leggi di uno stato laico che garantiscono alle donne, nei tempi stabiliti e con una serie di garanzie, la libertà di avere un bambino o no. Questa scelta è una decisione che serba le conseguenze più pesanti nell’insieme della vita di una donna. Un manifesto del movimento femminista recitava: Di chi è la pancia di una donna? Dello stato? Della chiesa? Dei medici? Dei padroni?
    Fatti salvi i diritti di tutti, a questo punto viene da chiedersi, quando comincia la vita?
    Cara Veronica quella del tuo piccino non è mai terminata anzi vive ogni giorno in ognuno di noi.

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  24. “Di chi è la pancia?”, come se stessimo parlando di un’operazione di chirurgia estetica.
    E’ come se il proprietario di casa si ritenesse in diritto di ammazzare gli inquilini: di chi è la casa? Mia?

    *** E quindi, la vita di chi ci sta dentro, pure ***

    Ma perché in questo caso è palese che è assurdo, e nell’altro non capiscono che è la stessa cosa quello che stanno affermando?

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  25. grazie piemme delle tue belle parole….Questi giorni sono pesanti per me…è passato un anno già da quando ho scoperto di essere in attesa. E i ricordi sono sempre vivi….

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  26. Sono andata sul blog di Sterob (v. commento n.5), che continua la sua campagna antiabortista. Poco prima di riportare sul suo blog questo mio post, aveva pubblicato quello che ha definito “Un video sconvolgente” (e lo è, lo è…) che prego le mie amiche Elle e Very di NON guardare, ma la cui visione invece consiglio a chi ha deciso di abortire, o a chi porta la propria compagna ad abortire: giusto perché sappiano quello che stanno facendo, e non si illudano che si tratti di tonsille, appendicite, o di “essere padrone della propria pancia”.
    La prima parte parla di come si sviluppa il bambino, e questa parte i più cinici potrebbero pure superarla indenni, la seconda è come viene effettuato l’aborto.

    Volete farlo? Purtroppo, e dico purtroppo, nessuno può impedirvelo: sappiate almeno cos’è quello che state facendo, tanto per tornare al concetto di responsabilità.

    http://lin4matore.wordpress.com/2007/09/22/100/

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  27. Per completezza d’informazione, vi riporto il commento lasciato sul blog di Sterob, nel quale si parlava dell’eventuale abolizione della 194.

    “Caro Sterob, non riesco a essere d’accordo con quanto scrivete, non completamente almeno. L’alternativa alla 194 non può essere l’aborto clandestino, e se secondo me la vita esiste fin dal concepimento, se mi trovi perfettamente d’accordo sul fatto che l’aborto sia un infanticidio, se sono anche d’accordo che lo Stato non può legalizzare un crimine, non credo assolutamente che l’abolizione della 194 sia la panacea di tutti i mali. Probabilmente tutt’altro.
    Hai presente chi è che abortisce? Hai presente perché? Io vorrei tanto stare in un consultorio, e sentire le motivazioni di ogni singola donna: superficialità, ignoranza, paura, arretratezza culturale, egoismo… le esaminerei tutte queste motivazioni, e su queste agirei.
    Solo oggi ho visto il tuo “video sconvolgente” del 22/09/2007, e ho messo subito il link nel mio blog, nei commenti del post che tu hai voluto riportare anche qui. Lo farei vedere nelle scuole, affinché i ragazzi sappiano da subito cosa significa abortire. E darei alle madri la possibilità di tenersi questi bambini.
    Già lo Stato ha fatto molto, consentendo alle donne di partorire in totale anonimato e lassciare il bambino in ospedale, ma una donna che arriva al nono mese di gravidanza e non riporta il bimbo a casa, qualche spiegazone al mondo la deve dare, può partorire in anonimato, ma non portare avanti la gravidanza nelle stesse condizioni di riservatezza. E poi, sapere che tuo figlio è in giro per il mondo… Meglio dunque morto, trucidato nel modo che abbiamo visto nel video? Certo che no, ma se abolire l’aborto legale significa ripristinare quello clandestino, i morti invece di uno saranno due, e non penso sia quello che vogliamo: credo che tutti noi vogliamo salvare il bambino, non condannare la madre a una morte altrettanto atroce.
    Ho letto oggi sul blog di un amico di una mamma di un bambino di tre anni che non può lavorare perché non ha chi le tiene il bambino, non può mandarlo a scuola perché, non lavorando, non ha priorità nella lista d’attesa: praticamente, un cane che si morde la coda.
    Sapessi anche per me quello che è stato! E ho visto una signora, poverissima, con una figlia che presentava una marea di intolleranze alimentari, quello che ha penato per poterle dare da mangiare, tutto da comprare in farmacia a caro prezzo!
    Certo, ce l’ho fatta io, ce l’ha fatta lei, ce se la può fare. Ma quello che, secondo me, dovrebbe fare lo Stato, è lavorare su campagne di sensibilizzazione e su infrastrutture.
    Sennò facciamo le classiche “pance piene che non capiscono quelle vuote”, ed è facile sputare sentenze dal comodo divano di casa nostra.

    E quindi: no all’aborto, ma a maggior ragione no a due omicidi al posto di uno. Invece di lavorare sulla legge (che comunque, a quanto ne so, prevede delle misure di prevenzione mai adottate), lavoriamo sulle infrastrutture, sul fornire alle madri in difficoltà delle alternative vere.

    *** No all’aborto, ma no anche all’ “armiamoci e partite” *** “

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  28. In un blog recentemente “scoperto” e già aggiunto nei blogroll (Stella Maria) mi sono soffermata su questo post:

    http://nutrireilcorpoelanima.wordpress.com/2008/08/10/come-mi-chiameranno-ora/

    Nel verificare se era stato risposto al mio commento, mi imbatto in questo commento, postato da Titti, che riporta una testimonianza di suoi conoscenti che hanno perduto due bambini:


    ♥ «Senza parole». Questa è stata la reazione di amici, familiari e conoscenti alla notizia. Senza parole siamo rimasti anche noi di fronte al dolore inaspettato che mai avremmo voluto provare.
    Ora, invece, Don Fabrizio ci ha chiesto di «trovare le parole», le parole per condividere con voi, la nostra esperienza. Questa «chiamata a testimoniare» ci è subito sembrata una cosa più grande di noi, così come la sofferenza che abbiamo appena vissuto. Eppure abbiamo accettato perché, dopo questa prova estrema, abbiamo sentito davvero di non essere soli: se siamo qui è perché Dio è con noi, è sempre stato con noi, ed anche ora ci lasceremo guidare da Lui.
    Dio ci aiuterà a superare la nostra estrema fragilità, ci aiuterà a trovare quelle parole che nessuno di noi finora ha pronunciato, e forse ci aprirà orizzonti nuovi per trasformare questo dolore in un dono per tutti voi che siete qui con noi…

    ♥ Grazie a questa «chiamata a testimoniare» mi sono fermato a riflettere su quale senso abbia la perdita di Clelia in questo momento della mia vita.
    Purtroppo non è la prima volta che viviamo il dolore di una perdita. Già due anni fa abbiamo perso il nostro primo figlio, Michele, al secondo mese di gestazione. Ecco, sia Michele, sia la nostra Clelia sono stati i frutti di un sogno che ogni coppia cristiana desidera nel proprio cammino.
    Ora il nostro sogno sembra essersi spento, arrestato…ma solo se vogliamo restare soli, solo se rifiutiamo la presenza di Dio, che è amore, e che ci scalda l’anima attraverso ogni persona che ci stringe la mano, ci guarda con il cuore, ci dà un abbraccio.
    Devo dire che il momento di maggior conforto l’ho ricevuto dall’abbraccio di Raffaella… lungo, intenso, silenzioso. Aspettavo un abbraccio così da tempo, sin dal giorno del parto.
    Ripensando a quel giorno, Marina aveva ancora l’anestesia in corso e sentiva il proprio corpo distrutto, come solo chi ha vissuto un cesareo può comprendere. Mi aveva informato delle possibili difficoltà respiratorie della piccola, e attendevamo notizie rassicuranti dalla terapia intensiva.
    Dopo due ore dalla sua nascita andai a chiedere ai medici: alla triste notizia rimasi di pietra, ma mite, senza alcuna emozione di rabbia…
    Poi i medici mi hanno indicato la bambina ed ho voluto guardarla, sapendo che neanche Marina aveva potuto vederla prima.
    Clelia era adagiata nell’incubatrice, aveva tanti capelli scuri, ancora umidi, da formare quasi delle piccole treccine…ed un’espressione delicata che, solo dopo alcuni giorni, ho ritrovato in quella di Marina.
    Anche se per pochi secondi, ho sentito la mia anima “toccare” quella di Clelia ed ho avvertito un senso di sgomento misto ad un sentimento di accettazione serena. Poi, mi sono accertato che fosse stata battezzata ed ho deciso che sarebbe stato meglio che fosse la pediatra ad informare mia moglie. Mentre ci dirigevamo nell’area operatoria, ero pervaso dal timore dell’impatto che la notizia avrebbe avuto su Marina. Invece lei ha accolto le parole della pediatra in silenzio e, guardando la sua espressione, capivo che aveva accettato la volontà di Dio, ricordandomi ancora una volta quale grazia ho ricevuto nell’incontrarla. Da parte mia, una volta soli, non riuscii a trattenere le lacrime…ma brevemente, per non indurre a Marina il pianto, perché avrebbe sofferto troppo.
    Tuttavia il mio dolore era grande, più intenso della precedente perdita.
    Ripensando al passato, ricordo di non essermi fermato a riflettere né sulla mia sofferenza, né su quella di Marina, e così, dopo questa ultima prova, ho ripreso in considerazione anche la prima gravidanza. Infatti, tornato a casa ho cominciato a leggere un libro sulle mamme che vivono un aborto spontaneo, ed ho finalmente compreso quanto già da allora mia moglie necessitasse che la tenessi tra le braccia, che condividessi con lei i miei sentimenti e, soprattutto, che pregassimo insieme.
    Purtroppo non sono stato capace di pregare con Marina, ed ho perso l’occasione di capire che dopo un aborto spontaneo può essere necessario anche un anno per guarire dal dolore. In quella occasione mi feci forza, pensai che sarebbe stato utile guardare al futuro e continuai la mia vita come sanno fare bene gli uomini: lavoro, progetti futuri, ecc.
    Ma ho sbagliato e me ne pento, perché se avessimo pregato insieme, avrei ascoltato veramente i bisogni di una mamma ferita nel profondo.
    Volendo immaginare che ora sia la mia bambina ad indicarmi la strada da intraprendere, penso che mi suggerisca che io impari ad ascoltare e condividere, affidandole a Dio, la mie preoccupazioni più intime.
    In un epoca in cui siamo continuamente distratti dagli stimoli esterni e dai media, abbiamo tutti il dovere, ed io per primo, di ritagliarci dei momenti di silenzio, di soffermarci sullo spazio interno, sulla nostra interiorità e sull’uso che ne facciamo. Siamo diventati troppo artificiali, troppo proiettati all’esterno e non sappiamo nemmeno di possedere risorse interiori, alle quali non ci affidiamo più.
    Ebbene credo che, in tutta umiltà, di questo spazio interiore ne ho veramente bisogno…e Clelia veglierà su di me per darmi l’intelletto, la volontà e il cuore di pregare Dio, che mi ama con i miei difetti e desidera che torni ad essere semplice e aperto, come sa essere un bambino.
    Tale esperienza mi ha segnato profondamente ed ho il dovere verso Clelia, Marina e voi tutti, di liberare la mia coscienza da giudizi, pensieri, progetti, spiegazioni, conflitti ed ansie, che finora hanno appesantito la mia anima.
    Concludo la mia testimonianza confidando in Dio Amore, affinché sostenga il mio cammino, aiutandomi a “non farmi forza”, a “non andare avanti”, a “non guardare al futuro”, ma a vivere il presente ricercando in me stesso e negli altri l’essenza interiore.

    ♥ Ecco, siamo qui davanti a voi, siamo diventati una mamma e un papà… a mani vuote. Come esseri umani ci sentiamo poveri ed impotenti, derubati della nostra gioia attesa per ben otto mesi.
    Pregustavamo fiduciosi l’arrivo di una nuova vita, facevamo progetti nel nostro cuore, nella nostra casa, con amici e familiari. Eravamo ormai “pronti” ad accoglierla. Tutto pensavamo, tranne che questo non potesse realizzarsi.
    Ci ha sorpresi il mio ricovero per un’analisi non buona e quando i medici, dopo ulteriori accertamenti, hanno sentenziato che avevamo il 45% di possibilità di perderla, mi sono aggrappata con tutta me stessa al restante 55%. Non potevo assolutamente credere che la mia creatura potesse nascere e morire, pensavo fosse una cosa impossibile soprattutto perché Dio conosce i nostri sentimenti e sa quanto abbiamo sofferto in questi ultimi due anni: la perdita del nostro primo figlio, la mia operazione, vari problemi familiari, la malattia del mio papà….«Dopo tanti dolori – ho pensato – ora è arrivato il momento della gioia.» Ero sicura. Invece non è stato così.
    Tutto è avvenuto nel silenzio: in silenzio la mia piccola è nata, in silenzio l’hanno portata velocemente in terapia intensiva, in silenzio, dopo appena 2 ore di vita, Dio l’ha presa con sé. Non ho potuto né sentirla, né vederla, né toccarla.
    Poco dopo essere uscita dalla sala operatoria, la pediatra è arrivata a comunicarmi la triste notizia insieme a Maurizio e, in silenzio, ho accolto questo immenso dolore nel mio cuore. Un dolore compresso e contenuto dentro al dolore fisico, non potevo permettermi nemmeno una lacrima o un respiro. Guardavo Maurizio e stringevo la sua mano, lui si che poteva piangere, ma si è subito fermato per non aggravare la mia situazione e mi ha rassicurata “le infermiere l’hanno battezzata, l’abbiamo chiamata Clelia, il nome della santa a cui abbiamo affidato la vita di papà”.
    Una volta rientrata nella mia stanza, non avrei voluto né vedere né sentire nessuno. Ma la mia prova era appena iniziata: i festeggiamenti delle altre neomamme, le telefonate e le visite, e per 5 volte, tra giorno e notte, i pianti dei neonati che venivano portati nella mia stanza e le dolcissime interazioni tra mamme e piccoli durante l’allattamento.
    Ho pensato di impazzire: ogni cellula del mio corpo era diventata mamma, ma non avevo nessuno da cullare, nessuno da nutrire, nessuno da imparare ad amare. Anche Maurizio veniva mandato fuori perché si dovevano rispettare gli orari di visita. Ero sola, obbligata nel mio letto, senza potermi alzare, senza poter né bere né mangiare, con l’arsura nella bocca e nel cuore.
    E allora mi sono abbandonata a Dio: «Signore, non capisco niente di quello che mi è successo, sento solo un immenso dolore che mi ha devastato corpo e anima. Mi affido totalmente a te, perché a questo punto sento di essere nulla: tutti i miei ragionamenti, le mie certezze, le mie speranze sono crollate. Ti affido me stessa con tutte le mie macerie. Aiutami tu perché da sola non ce la posso fare». E Lui mi ha presa con sé nel dolore. Per due giorni sono rimasta in silenzio con lo sguardo nel vuoto. Avrei potuto arrabbiarmi con Dio, chiedergli il perché di tutto questo: la mia bimba non poteva essere sana?, perché proprio lei?… a Dio non sarebbe costato nulla guarirla e lasciarla con noi… Ho rischiato spesso di cadere dentro questa spirale di pensieri, ma poi ho compreso che, sebbene fosse una normale reazione di rabbia, non mi avrebbe portato altro che maggior dolore e sconforto.
    Ho sentito dentro di me che la portata di questo dolore era così grande che l’unico modo per gestirla era di abbandonarmi totalmente a quello che stavo vivendo senza farmi domande e senza cercare risposte. Una sola certezza mi è rimasta nel cuore «Dio mi ama ed è con me». Ho voluto credere solo a questo, e lo vedevo chiaramente nello sguardo nuovo, pieno di dolore e di amore, che Maurizio mi rivolgeva ogni volta che si sedeva vicino al mio letto. E credendo fortemente nell’amore di Dio e di mio marito, piano piano, ho iniziato a sentire una forza nuova, il desiderio, nonostante tutto, di riprendermi presto, di uscire da quel posto e di tornare a casa, per ritrovare la nostra serenità, se pur nella sofferenza. Una volta a casa, ho voluto ritrovare i nostri amici e, nella partecipazione commossa al nostro dolore, in certi abbracci, in certi sguardi, in alcuni silenzi e negli aiuti concreti, ho sentito un amore ed una immedesimazione nella nostra sofferenza del tutto particolare. Anche in questi gesti sentivo la presenza di Dio.
    E’ iniziato così un pellegrinaggio di visite e telefonate nella nostra casa.
    E pian piano, nello spiegare l’accaduto alle persone più care, ho sentito che questo dolore si stava trasformando in qualcos’altro…, si era trasformato in fede, in una testimonianza di fede. Questo era quello che mi sentivo dire da chi mi ascoltava e, allora, ho iniziato a capire…
    Clelia porterà a Dio molte più persone stando in cielo che stando sulla terra…
    Penso che la morte della nostra bambina possa essere per me una “chiamata” verso una fede autentica, avendo vissuto – per la prima volta – un totale abbandono a Dio e alla sua volontà, corpo e anima. Una fede che è restata incrollabile anche quando ho dovuto rinunciare a ciò che avevo di più caro e che avevo protetto con tutta me stessa da ogni pericolo. E’ sempre stato facile per me avere fede quando va tutto bene, quando Dio sembra non togliermi nulla di quello che ho e quando i suoi piani sembrano coincidere con i miei…
    Ma come ho potuto credere ancora, quando dalla gioia di preparare la culla per la mia bambina – che da mesi sentivo muoversi delicatamente dentro di me – sono passata a vedere la sua piccola bara bianca coperta di terra, sotto la pioggia incessante?
    Eppure ho creduto e credo.
    Credo perché sento che è solo grazie a Dio che ho resistito a questo dolore disumano. Ora mi sento un fragile vaso d’argilla da cui esce una forza non umana, ma divina, che mi trascina verso la vita.
    Una forza interiore che ho conquistato affrontando direttamente tutto quello che sentivo, scrivendolo su un piccolo quaderno. E, man mano che “urlavo sulla carta” il mio inconsolabile dolore di mamma, ho capito che non è stato tutto inutile: la gravidanza, il parto, la sofferenza.
    Dio ci ha dato una figlia che ho portato con grande gioia dentro di me per 8 mesi, una figlia che, è vero, non possiamo toccare, baciare, nutrire e proteggere. Ma per me è sempre più chiaro che Dio ci ha donato una bambina in forma diversa da quella che desideravamo: un angelo che fin da subito può agire nella nostra vita in modo molto più incisivo e potente che se fosse stata una neonata. Ne ho avuto la certezza quando sono andata con Maurizio a trovarla e, tenendoci per mano, ci siamo fermati a pregare davanti alla sua piccola croce fissata sul prato verde. Ho sentito che veramente nostra figlia è presente fra noi e, il fatto che sia in cielo, unirà le nostre tre anime in modo ancora più indissolubile ed eterno. Allora, ho sentito gioia e pace nel mio cuore, non più tormentato. E le ho subito affidato la salute fisica e spirituale del mio caro papà…della mia famiglia.
    Io credo, ed ho sempre creduto, che ogni vita che Dio ha voluto non sia creata a caso, ma abbia una missione…indipendente dalla sua durata terrena.
    Clelia sicuramente ha avuto una missione nei suoi otto mesi di esistenza con me: ad esempio, proprio perché c’era lei e per tutelare lei, per la prima volta, ho protetto me stessa e la mia vita con Maurizio da situazioni gravemente problematiche, da cui mi sarei fatta risucchiare.
    Ed è probabile che adesso Dio abbia scelto “il meglio per noi”: in questo momento abbiamo più bisogno noi di un altro angelo in cielo, che lei di due genitori.. Noi l’abbiamo custodita e protetta per tanti mesi, ora sarà lei a proteggere noi. Ma c’è di più: io sento che questa bimba non è un dono solo per noi o per le nostre famiglie.
    Se fosse stata una neonata, l’avremmo sentita “solo nostra”, almeno per un discreto periodo della sua vita.
    Invece, ora che è in cielo, Clelia è diventata un dono per tutti. Ho dato alla luce una bimba che non è qui tra noi fisicamente, ma è con noi spiritualmente e, come tale, è libera da ogni forma di “possesso” umano ed è disponibile ad ascoltare le preghiere di tutti voi.
    Ed ecco l’immenso dono che Dio ci ha fatto: la nostra Clelia è diventata un angelo al quale ognuno di voi può rivolgersi nella sua vita quotidiana: chiamatela nell’intimo del vostro cuore, superando la tristezza che può suscitarvi la sua fine terrena, e inizierete a sentire gioia e serenità, così come sta accadendo a noi da una decina di giorni…
    Io non so quale sarà la sua missione nella sua vita celeste, ma sono sicura che vi ascolterà e porterà a Dio i vostri affanni, i vostri limiti, le vostre riflessioni. Vi ascolterà perché siete venuti qui a condividere con noi non solo la sofferenza per averla persa fisicamente, ma soprattutto per riscoprire la gioia che sia nata e che la sua anima sia diventata per tutti noi un piccolo raggio della luce di Dio nella nostra difficile vita di esseri umani.
    Ora avete ancora di fronte una mamma e un papà a mani vuote, tuttavia con il cuore colmo non solo di dolore, ma anche di gioia per aver dato alla luce un angelo che appartiene a tutti voi e, soprattutto, a Dio.

    I nostri figli,
    non sono i nostri figli.
    Essi non vengono da noi,
    ma attraverso di noi
    e non ci appartengono
    benché possiamo avere la grazia
    di condividere un tratto della nostra vita con loro.
    Possiamo amarli, ma non costringerli ai nostri progetti,
    perché su di essi vi è il progetto di Dio.
    Noi siamo gli archi da cui i figli – le nostre frecce vive –
    sono scoccate lontano.
    L’Arciere vede il bersaglio sul sentiero infinito
    e con forza ci tende affinché le sue frecce vadano lontano …
    ( K.Gibran)

    Due cose mi sono rimaste impresse di questa testimonianza:

    Il dolore con cui dover convivere in mezzo alla gioia altrui.

    Il rammarico del marito per non aver capito subito la moglie, e non esserle stato subito vicino nel momento giusto.

    Ecco, a volte la riservatezza (ma in questo caso, come avrebbe potuto esserci? In un reparto maternità, come pretendere che chi aveva avuto un bambino e i suoi visitatori non gioissero?) non è una questione di forma, ma di sensibilità e buon gusto. Questo citato qua è un caso, difficilmente “arginabile”, ma quante volte l’ostentazione che sia di soldi o di effusioni, ferisce chi vive una situazione diversa?

    E il marito che non capisce subito il dolore della moglie: è un classico, gli uomini percepiscono spesso il dolore in maniera diversa dalla donna, ammesso che di uomo e donna si possa parlare davanti al dolore.
    Vi ricordate il film “Al di là dei sogni” (film del 1998 con Robin William)? Una coppia affiatatissima perde i propri figli, e lei non perdona il marito che sembra non soffrire quanto lei.

    In caso di aborto poi… pare che per un uomo il figlio non esista finché non lo vede, o addirittura finché non ci interagisce, mentre per la madre quel sogno prende forma e vita fin dall’idea del concepimento, e prosegue con la conferma, la gravidanza, etc.

    Bene, è pure il momento di accettare che gli uomini sono diversi da noi, e rivalutare le loro forze, invece di puntare sempre sulle loro debolezze. Dice giustamente Bollea che per uno sviluppo equilibrato il bambino deve giocare con il padre, lontano dalle ansie della madre. Ho letto un libro, che si intitola “Madri e figlie, una relazione a tre” di Caroline Eliacheff e Nathalie Heinich, Edizioni Einaudi, 2003, in cui vengono spiegate le dinamiche di una relazione che solo con la presenza di un terzo (il padre) può trovare un suo equilibrio e funzionare.

    Per questo motivo, io consiglio alle mamme che hanno subìto questa esperienza, di perdonare quest’uomo “inadeguato”, e recuperarlo alla propria vita: considerate che probabilmente lui ha bisogno di voi ancora più di quanto voi abbiate avuto bisogno di lui. E’ un uomo che probabilmente di fronte alla maternità non ha la nostra lunghezza d’onda, come forse non l’abbiamo nei confronti della paternità.

    E’ se anche voi avete un angioletto nel cielo, non caricatelo della “colpa” della vostra disarmonia, non è un atto d’amore nei suoi confronti, non ha bisogno di sapere di essere causa di rancore, non è giusto sobbarcarlo dell’onere di esserlo…

    *** l’incomprensione è un problema nostro, non di una qualche stella che brilla in cielo… ***

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  29. Raramente rimango senza parole, ma ora mi sento così. Il mio volto è letteralmente coperto di lacrime. Ho letto questa toccante poesia e con avidità tutti i commenti. Sono particolarmente sensibile a questi temi. Quando sento di bimbi massacrati dai genitori o partoriti e gettati nei cassonetti o di gente che confonde l’aborto per un anticoncezionale mi chiedo perchè il dio in cui credo ha dato loro la gioia di essere madri o padri e a me no. Come dicevi tu l’altro giorno: hai tutte le carte in regola per essere felice. No Diemme, sono felice, ma una cosa manca: il mio grandissimo e profondissimo desiderio di essere mamma. Credo fortemente in Dio e so che se non succederà è perchè lui ha deciso così e ha sicuramente altri progetti per me, ma non passa sera che io non ci pensi. Non ho provato la perdita di un bimbo, ma provo dolore per non averlo. Rimango senza parole davanti a chi mi dice: scegli un uomo che ti piace e fallo. Non è quello che avevo in mente. Per me un figlio è un’altra cosa. Quando avevo due anni ho pianto perchè dal balcone ho visto la mia mamma senza il mio fratellino. Dov’era il mio piccolo fratellino? Questo è uno dei pochi ricordi di quando ero bambina.
    http://stellasolitaria.wordpress.com/2008/07/31/due-scene-nella-mia-memoria-di-bambina/

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  30. Date un’occhiata qui: http://magazine.libero.it/libri/generali/valeria-marini-lezioni-intime-aborto-ne9145.phtml e ditemi poi se ho torto a non credere alla povera ragazza disperata che non ha altra scelta.

    Anzi, sapete che faccio, visto che ogni tanto gli articoli li tolgono e non sono più raggiungibili tramite link? Ve lo copio direttamente

    I tre aborti di Valeria
    La Marini scrive un libro: “Lezioni intime” e svela i segreti della sua vita. Come quella volta che abortì perché Cecchi Gori le disse: «Se incinta??? E ora come facciamo ad andare in barca?»…

    Ormai per le dame dello showbusiness scrivere libri confessione è un must. Un modo come un altro per avvicinarsi al pubblico, farsi conoscere meglio e più intimamente. o un modo come un altro per incassare. Già qualche mese fa Simona Ventura ha dato alle stampe la sua autobiografia, che fece scalpore per il racconto dell’aborto avuto in gioventù. Ora Valeria Marini rilancia con tre interruzioni di gravidanza.

    Il pregevole manoscritto della Marini, edito da Cairo, è stato presentato a Roma tra nobili, vip e folle di curiosi. Accanto alla biondona naufraga vip dell’Isola dei famosi c’era Giancarlo Lo Vetro, co-autore del testo (credevate avesse fatto tutto da sola?). Titolo dell’autobiografia: “Lezioni intime” con tanto di foto sexy della Vulvanica showgirl. Le rivelazioni, dicevamo, non mancano e sono di quelle più scottanti, che riguardano aborti e gravidanze. Ecco i passaggi più importanti:

    Il primo figlio lo ha avuto con tale Giovannino, un libraio che Valeria ha conosciuto quando aveva 14 anni e lui 30: «Quando sono rimasta incinta – scrive la Marini – ho dovuto rinunciare alla gravidanza che probabilmente avrebbe dato un’altra impostazione alla mia esistenza». E siamo a un aborto. Poi tocca a Vittorio Cecchi Gori : «La prima volta che l’ho incontrato a Palazzo Borghese – racconta la showgirl – si stava facendo fare la manicure. “Ti dispiace se continuo?”, mi ha chiesto…». Che signore! Con lui Valeria soffre ancora: «Da un mese non avevo il ciclo ed ero certa di essere finalmente incinta… – scrive – ma una sera, dopo l’ennesima lite, ho avuto una tremenda emorragia. Non mi sono neanche fatta ricoverare…». E siamo a due. Ma non è finita qua: «Quando poi è nuovamente accaduto ero disposta a qualsiasi sacrificio, ma quando ho dato la notizia a Vittorio, la sua risposta è stata: “E come facciamo ad andare in barca?”… Di comune accordo abbiamo deciso di interrompere la gravidanza, ma non ho mai smesso di pensare a un figlio. Ho anche tentato di adottarne uno. La legge italiana, però, non me lo consente perché sono single». E siamo a quota tre aborti. E qui ci fermiamo, anche perché: che diamine di risposta è “come facciamo ad andare in barca”??? E’ forse una buona ragione per abortire? (Libero News)

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  31. Ma che barca piccola aveva Cecco Goro, che non ci stava una donna inGinDa?
    Certo, mica potevano rischiare il naufragio, no? Che ti pare?
    Comunque, se non ho frainteso, gli aborti volontari sono stati SOLO due, e allora, via, oh, ecchè siamo! Tutti così moralisti?
    Massù, massù, Ceccogoro si taglia le unghie, la Valeria potrà tagliarsi quello che le pare, no? Oltretutto non si vede nemmeno….

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  32. No, volevo dire, in italica lingua, che la strada del SUO CESSO è tanto difficile e che la MERDA (con licenza parlando) è tanto dura, che pochi riescono a farla tutta.
    Per i bambini buoni la dolce euchessina. E per Valeria Marini?

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  33. Commovente cara Diemme, scrissi anche io un poesia quando mia figlia perse il bambino.. ma sai cara Diemme, c’e veramente poco da dire.. c’e un tale impotenza verso ad un dolore cosi grande, dove anche una madre… non sa come agire, se non che nel silenzio aspetta.. e prega per un angelo mai nato 🙂 .. e spera che il tempo.. il tempo che e un gran signore aiuta a raddolcire il dolore. ma solo sfocare, mai dimenticare. Io la poesia per ora tengo stretto, non avendo ancora abbastanza coraggio a publicare, ma col tempo..
    Un sincero abbraccio a tutti, Lisa
    E si.. deve essere una catena di protesta contro la pillola del giorno dopo! Non sono una bigotta, ma penso che e meglio educare di PREVENIRE.. e si pò!! ma non uccidere!
    Una serena buona notte a tutti voi… 🙂

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  34. E’ una poesia molto bella e intensa però, cara Diemme, prova a pensare che, forse, quello stesso dolore l’ha provato anche una donna disperata che ha rinunciato al proprio figlio, le donne non sono tutte uguali, non sono tutte superficiali, non tutte abortiscono e sono felici, molte soffrono terribilmente, sono divorate dal rimorso, dal senso di colpa e dal senso di perdita, un po’ di compassione anche per loro 🙂

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    • Cara Giraffa, se vai sul blog de lin4matore, che si batte strenuamente contro l’aborto, troverai tante testimonianze di ragazze e donne che hanno avuto paura, e poi si sono amaramente pentite (non mi risulta invece che si sia mai pentito nessuno di averlo tenuto).

      Io l’ho già detto, condanno l’aborto, condanno i comportamenti superficiali, non *tutte* le donne che abortiscono, lo so che ogni caso è a sé. Comunque, l’inganno base di questa società, è farci credere che è una scelta che abbiamo, che è una decisione che possiamo prendere, mentre non è così. La crisi di coscienza, le lacerazioni d’animo che popolano gli incubi di tante donne che si sono sentite costrette e poi si sono pentite, forse non ci sarebbero se non fosse stato fatto credere loro che “potevano” decidere.

      Ho conosciuto tante donne che non si sono riprese da un aborto, anche perché a volte la vita a negato loro la possibilità di diventare ancora madri (e se è per questo, ho conosciuto anche uomini nella medesima situazione); ma questo, non fa che farmi essere ancora più contraria.

      Siamo figli di un occidente mollaccione che ha paura di tutto ciò che non è facile e di prevedibile gestione: è ora di riavvolgere il nastro.

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  35. Nonostante la mia richiesta, questa poesia è stata riportata in più siti senza indicazione della fonte. Facendo una ricerca ho trovato due che già conoscevo, e che mi hanno rebolarmente linkata, l’in4matore, http://lin4matore.wordpress.com/2007/10/30/per-un-bambino-mai-nato/ , e http://www.adorto.com/php/news/testimonianze.php?subaction=showfull&id=1194732129&archive=&start_from=&ucat=2& , ma ne ho anche trovati altri due che non hanno citato la fonte (probabilmente perché non la conoscevano, come http://www.parrocchie.it/correggio/ascensione/ru486_pillola_assassina.htm , e in quest’altro sito, http://ask.fm/NicholeLimenez/best , che non ho capito bene come contattare: a questo proposito, potete aiutarmi? 1706 like si è presa la mia poesia su quel sito!!! ).

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  36. Molto toccante e bella. Troppo spesso diamo l fiducia a chi non la merita.Ed è poi difficile continuare a volere colui che colpa non ne ha. Ci vuole tanto coraggio ad accettare il frutto di un amore mal riposto. E quel coraggio nobilita chi lo ha avuto. Brava.

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    • Oh no, continuare a volere il bambino è facilissimo, e non è il frutto di un amore non riposto: l’amore per lui, per il bambino intendo, è riposto benissimo. Difficile secondo me è riprendersi il padre, anche se mi accusano di essere troppo intransigente e di non dare alle persone possibilità di riscatto…

      Grazie per avermi letto!!!

      L’altra che ti indicavo è questa

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  37. Carissima, ti ringrazio per questa meravigliosa poesia che mi ha toccato il cuore…Come Veronica anche io non ho saputo “trattenere” alla vita il mio bambino, proteggerlo dalle lacrime e dalla rabbia di giorni in cui per tutti quelli che amavo ero una sciagurat, perché questo bimbo era figlio di un uomo non libero. E per suo padre ero improvvisamente un problema…da amore ineguagliabile a problema e minaccia. Non ho saputo difenderlo, il mio bimbo e lui, silenziosamente, ha deciso di aggiustare tutto andandosene e lasciandomi dentro un vuoto che non si riempie e un dolore che, data la mia età, nessun bambino verrà più a lenire. Come Veronica anche io ho ucciso il mio bambino con la mia rabbia, la delusione di amore fragile, ho maltrattato quello che per me e solo per me era un miracolo inaspettato e immensamente bello. E quel solo per me avrebbe dovuto invece bastarmi. Mi sono permessa di pubblicare la poesia sulla mia pagina FB, citando autrice e fonte ovviamente e, come hai fatto tu, dedicandola a ogni donna che,come me, porta in sé un solco di sofferenza e di mancanza che resterà per sempre. Ti ringrazio per aver dato voce al mio dolore come io non avrwi saputo fare.
    Ti abbraccio
    Anja

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    • Anch’io sono convinta di averlo perso per eccesso di dispiaceri, ma non puoi dire di averlo ucciso tu con la tua rabbia, una madre uccide suo figlio solo con l’aborto volontario, quello involontario, tanto più se dovuto al dolore provato, è un lutto che subiamo.

      Mi fa piacere la tua condivisione, e ti ringrazio per la correttezza della citazione. Se ti fa piacere che io legga “in loco” mi potresti dare qualche indicazione per trovarti? Solo se vuoi ovviamente, non voglio violare la tua privacy.

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    • Ti chiedo perdono se rispondo solo ora… per diverso tempo ho tralasciato questo spazio. Ma mi farebbe tanto piacere avere contatti con te, leggerti e lasciarmi leggere, sento che lo faresti col cuore. Scrivo più spesso su FB, anche se ultimamente sono più citazioni che cose scritte di mio pugno. È come se quella perdita si fosse portata via la parte più feconda e vitale di me.
      Ti lascio comunque il link che corrisponde al mio profilo, sperando di ritrovarti presto, qui o lì
      un abbraccio
      Stefania

      https://www.facebook.com/stefania.borrelli.74

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    • Cara Stefania, ti ringrazio dell’apprezzamento e ti vorrei essere più vicina, hai il mio indirizzo e-mail? Su fb cerco di non avere contatti del mondo blog, questa è la mia isoletta felice, e finché posso tento di tenere i due mondi separati. Anche perché la vera me è qui, io su fb praticamente mi limito a condividere link di articoli che in qualche modo propongo alla lettura.

      Un abbraccio e buona Pasqua!

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